Eruzione a Tonga: silenzio assordante dopo la più potente esplosione del secolo

(di David Rossi)
18/01/22

La coltre di cenere che ha coperto Tonga e le isole circostanti dopo la terza eruzione fra il 21 dicembre e il 15 gennaio del vulcano Hunga-Tonga-Hunga-Ha'apai (che qui per brevità chiameremo solo Hunga) è niente a confronto della coltre di silenzio calata sulla questione, come se fosse un problema lontano e di poco conto. Nossignori, nel breve volgere di venticinque giorni un vulcano semisommerso in attività dal 2009 e con una caldera, cioè un deposito di magma, di dimensioni impressionanti ha fornito abbastanza informazioni per mettere in allarme non solo i media, ma i policy maker di tutto il mondo.

Ma andiamo per ordine: capiamo che cosa è successo, quali sono i rischi e perché vengono quasi ignorati.

Tre eventi apocalittici

La prima eruzione si è verificata il 20 dicembre 2021: di per sé, è stata devastante, con rumori udibili fino a 170 chilometri di distanza e un’attività vulcanica proseguita fino al 5 gennaio. Nel frattempo, l’Hunga ha lanciato cenere e lapilli fin nella stratosfera.

Il 13 gennaio il mostro si è svegliato di nuovo, generando una colonna di ceneri, vapore e gas alta oltre 17 chilometri. Ma questo era ancora niente a confronto a ciò che si è verificato un paio di giorni dopo, il 15 gennaio, quando l’esplosione è stata almeno sette volte più potente di quella di dicembre e la colonna di ceneri si è elevato oltre i 20 chilometri, producendo effetti rilevabili su scala globale. Il rumore è stato avvertito in tutto il Sud Est Asiatico e sulla costa occidentale del Nord America. L'esplosione, soprattutto, è stata catturata dai satelliti, mostrando quello che sembra quasi un fungo atomico delle dimensioni del nostro Nord Est.

Non abbiamo molte informazioni sulle condizioni degli abitanti di Tonga, ma sappiamo che il successivo tsunami ha raggiunto con onde alte almeno un metro le coste dell’Asia orientale, dell’Oceania e delle Americhe, dall’Alaska fino al Cile. Insomma, ha interessato un’area più vasta - ma fortunatamente meno popolosa - di quella del maremoto del 2004. Il sistema di allerta antitsunami si è attivato e ha funzionato egregiamente.

I rischi nel breve-medio periodo

L’eruzione del vulcano Hunga ha rilasciato enormi quantità (forse nell’ordine del mezzo megatone, cioè 400-500.000 tonnellate) di anidride solforosa e ossido di azoto, due gas che creano piogge acide quando interagiscono con l'acqua e l'ossigeno nell'atmosfera. A seconda della durata dell’eruzione, del ripetersi di eventi così catastrofici e dei venti, le piogge acide potrebbero compromettere le barriere coralline, la produzione agricola, il turismo e la pesca per decenni.

Soprattutto, ancora non è dato di sapere la quantità di particolato, di anidride carbonica e di ceneri rilasciate dal vulcano nell’atmosfera, anche se si presume sia paragonabile a quella dell’eruzione del Pinatubo nelle Filippine trentuno anni fa, vale a dire all’incirca 10 chilometri cubi di materiali volatili. Allora, lo schermo ai raggi solari provocò un calo della temperatura media della Terra di mezzo grado per i due anni successivi. Ricordiamo che l’eruzione del Tambora, localizzato in Indonesia, nel 1815 rilasciò nell’atmosfera all’incirca cento chilometri cubi di ceneri, abbastanza per causare tre anni consecutivi senza la stagione estiva nelle regioni temperate e subtropicali, oltre a un calo drastico della produzione agricola e danni alle popolazioni ancora oggi evidenti.

Consideriamo anche che inverni più freddi e estati meno calde potrebbero anche impattare sull’attuale fase pandemica, allargando di alcune settimane il periodo in cui il COVID-19 è più virulento. Lo stesso benefit potrebbe essere ricevuto dagli altri agenti virali in circolazione.

Perché questa eruzione non è "politicamente corretta"

Spiace dirlo, ma il vulcano Hunga ha incrinato ancora una volta, dopo il caso dell’eruzione del 1991 nelle Filippine, il postulato, accettato dai media main stream e dai leader di tutto il mondo, secondo cui sarebbero le attività umane a determinare i cambiamenti climatici. Per questo, non è facile per politici e reporter fare dello storytelling su questa manifestazione autoevidente della natura che determina da sola il clima sul nostro pianeta e ci lascia impotenti di fronte a una potenza devastante.

Parafrasando quanto scritto da esperti americani e asiatici in seguito all’eruzione del Pinatubo, “l'impatto atmosferico dell'eruzione… è stato profondo e ha suscitato un vivo interesse per il ruolo che gli aerosol vulcanici svolgono nel cambiamento climatico. Questo evento ha dimostrato che una potente eruzione che fornisce un rilascio da 15 a 20 megaton di SO2 nella stratosfera può produrre aerosol sufficienti per compensare le attuali tendenze del riscaldamento globale e avere un grave impatto sul bilancio dell'ozono”1.

Ma non vi fate allarmare da noi: in giro solo notizie tranquillizzanti…

1https://pubs.usgs.gov/pinatubo/self/

Immagini: Cooperative Institute for Meteorological Satellite Studies