Si aggrava l’escalation militare in Siria. Dopo l’attacco aereo – forse condotto dai russi, oppure dai governativi –, a Idlib (zona nord-ovest della Siria) in cui sono rimasti uccisi 29 soldati turchi, Ankara ha lanciato due giorni fa una nuova offensiva in Siria: operazione scudo di primavera.
Si tratta della prima operazione rivolta contro l’Esercito regolare siriano, quindi una grave violazione del Diritto Internazionale che vieta la guerra d’aggressione. Anche se i turchi si coprono dietro l’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite che consente l’uso della forza per difendersi.
Da mesi le Forze Armate turche sono impegnate in territorio siriano al fine di contrastare l’indipendentismo curdo (secondo il presidente Erdoğan si tratta di un’operazione "antiterrorismo"). Tuttavia l’attacco lanciato il primo marzo dalle forze turco è diretto contro l’Esercito siriano impegnato nella riconquista di Idlib, roccaforte dei jihadisti di al-Nustra.
L’operazione turca è stata lanciata per proteggere i civili siriani dagli attacchi dei governativi di Assad, ed è finalizzata a permettere un cessate il fuoco permanente. Questo è quanto ha dichiarato il ministro della Difesa Akar in una nota ufficiale del Governo:
“i nostri obiettivi principali sono un cessate il fuoco e una stabilità durevoli. Ma nessuno dovrebbe avere dubbi sul fatto che risponderemo senza sosta nel modo più aggressivo a qualsiasi attacco contro le nostre truppe, posti di osservazione e schieramenti militari nel contesto dell’autodifesa”.
Ankara insiste, quindi, sul rispetto degli accordi di Sochi, tra Putin ed Erdoğan, nei quali la provincia di Idlib rientra nella zona d’influenza turca e dove l’Esercito turco si è impegnato a smantellare le milizie jihadiste.
Foto: Türk Silahlı Kuvvetleri