La Moschea sunnita di Al Nuri è un simbolo, non solo per Mosul. Proprio lì, nel 2014 Al Baghdadi aveva proclamato il Califfato, dando il via alla foia terrorista che ha devastato Iraq e Siria per tre anni e cosparso di sangue anche il resto del mondo. Al Nuri era famosa per il minareto pendente, facendo di Mosul una sorta di Pisa mediorientale, ma soprattutto per essere stata costruita durante il terzo Califfato islamico, quello Abbaside, riferimento politico e ideologico di Al Baghdadi.
La distruzione è in realtà avvenuta il 21 giugno, ma tutto l’edificio occupato dalle milizie islamiste, era seriamente compromesso da tempo, da quando cioè la battaglia per Mosul si era spostata nella parte antica della città, trasformandosi in uno scontro urbano sanguinosissimo.
La piattaforma media dell’ISIS, L’agenzia Amaq, ha parlato di raid americano, ma fonti irachene e USA smentiscono categoricamente. La moschea è stata fatta saltare in aria dai terroristi in ritirata.
Il tramonto del Califfato è proprio in questo gesto. A sottolinearlo è il primo ministro iracheno, lo sciita Al Abadi, leader del fronte iracheno che combatte la jihad sunnita.
Mentre i soldati della 9a Divisione corazzata irachena (armati e strutturati dagli USA) avanzano strada per strada per liberare i rimanenti distretti di Mosul ancora in mano allo Stato Islamico, i miliziani sciiti continuano a combattere ciò che rimane del Califfato nella aree rurali a ovest della città.
La posizione irachena a cavallo fra la Coalizione a guida USA e il cartello sciita filosiriano, sarà l’ago della bilancia degli scenari mediorientali post Califfato.
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