Gli attacchi Houthi hanno prodotto una serie di reazioni inevitabili: il crollo della redditività del Canale di Suez, indotto quanto mai necessario ad un rieletto ma finanziariamente traballante al Sisi; l'immediato rialzo dei prezzi delle merci con ineluttabile inasprimento inflattivo a carico di economie già scosse; l'inevitabile reazione occidentale che non può permettere ulteriori attentati alla libertà di navigazione. Non è solo una questione di principio, ma un problema di sopravvivenza economica e sociale in un contesto già toccato duro dall'invasione ucraina e dal conflitto israelo-palestinese.
La frammentazione geopolitica dei teatri ha condotto a polarizzazioni regionali che hanno definitivamente condotto alla piena consapevolezza dell'anarchia delle relazioni internazionali, fenomeno politico ormai da laboratorio.
Qualche considerazione. La polarizzazione non ha reso più affidabili gli attori regionali che, pur sognando e desiderando una maggiore assertività, stanno prendendo coscienza dell'oggettiva difficoltà di gestire equilibri di potenza quanto mai complessi: houthi e hamas potrebbero rappresentare le schegge impazzite di un contesto fuori dal controllo di egemoni fomentatori ma di fatto impreparati e posti alla stessa stregua di un apprendista stregone in balia della moltiplicazione di ramazze inarrestabili; non a caso gli Ayatollah hanno preso prudentemente le distanze sia dagli scempi del 7 ottobre, sia segnatamente dall'aggressività di un pervasivo apparato paramilitare.
L'altra considerazione riguarda la necessità dell'ennesimo ed indispensabile ricorso allo strumento militare, laddove una forza più potente e temibile rimane l'unico leverage funzionale al contenimento di traiettorie folli, contrariamente a chi pensa ad un qualsiasi tipo di inconcludente negoziazione. Se è vero che il perseguimento dell'interesse nazionale rimane prevalente e costante, è necessario prendere a paradigma l'inserimento italiano nel dispositivo di Prosperity Guardian, l'operazione attivata per l'esigenza Mar Rosso.
Il Mediterraneo, dunque, non è più allargato né tanto meno per iperbole, infinito. È un mare, ed il mare è il mezzo attraverso cui concretizzare l'idea del coronamento degli interessi nazionali al netto delle demagogie e grazie ad uno strumento navale operativo. Dobbiamo farcene una ragione.
Foto: U.S. Navy