Stavolta non è sembrata essere tattica. Mi spiego: spesso Sergey Lavrov e Vladimir Putin appaiono intenti a giocare a “poliziotto buono e poliziotto cattivo” quando commentano le vicende internazionali, essendo il primo il volto diplomatico e pulito della Rossiyskaya Federatsiya e il secondo il leader carismatico e decisionista dell’ambizioso gigante euroasiatico.
Nella giornata di martedì 22 febbraio, all’indomani del riconoscimento delle così dette Repubbliche popolari costruite nelle città ucraine di Donetsk e Luhans’k, il Cremlino aveva taciuto mentre per quasi ventiquattr’ore la stampa di mezzo mondo si era domandata quanta parte del territorio occupato dai “filorussi” fosse da ritenere, per così dire, coperto dalla decisione russa. Si era levata solo la voce del ministro degli interni Kolokol'cev a reclamare gli interi oblast, comprese città grandi e strategiche come Mariupol, al momento saldamente controllate da Kiev. Alla fine, in serata ha parlato Putin stesso, affermando testualmente:
Bene, li abbiamo riconosciuti. E questo significa che abbiamo riconosciuto tutti i loro documenti fondamentali, compresa la costituzione. E la costituzione precisa i confini all'interno delle regioni di Donetsk e Luhans’k nel momento in cui facevano parte dell'Ucraina".
Peccato che meno di mezza giornata prima lo stesso Lavrov avesse messo la sua faccia su una precisazione di tenore molto diverso:
La Russia riconosce l'indipendenza delle regioni separatiste dell'Ucraina orientale entro i confini attualmente controllati dai separatisti sostenuti da Mosca
Questa evidente e secca “smentita” del personaggio più autorevole e più conosciuto della leadership russa dopo Putin stesso, è la dimostrazione di un confronto fra diversi gruppi di potere che si nascondono dietro l’apparente granitica compattezza sulla decisione del riconoscimento, approvato da tutti i ministri e i militari dietro richiesta e davanti al presidente russo? Non dimentichiamo che il russo-armeno Lavrov è l’ultimo esponente - fra le personalità al vertice della Russia - di quel periodo, fra il 2000 e il 2007, in cui Mosca sembrò avvicinarsi, anche per gli sforzi del suo ministro, all’Alleanza atlantica.
Se si tratta di una crepa o solo di una gaffe di un politico così esperto, lo scopriremo, probabilmente, nel corso delle vicende dei prossimi giorni.
Foto: Cremlino