Trump: spesa militare, annichilimento dell'ISIS e terroristi a Guantanamo

(di Matteo Acciaccarelli)
31/01/18

Questo è il momento americano. Non c’è mai stato un momento migliore per iniziare a vivere il sogno americano”, questa l’affermazione principale del discorso sullo stato dell’Unione pronunciato da Trump, martedì scorso, davanti al Congresso convocato a sezioni unite. Al tempo stesso, però, il presidente ha voluto ricordare come, in questo momento storico, di fronte agli Stati Uniti ci sono molte minacce avanzate sia dai cosiddetti Stati canaglia sia da nazioni avversarie, ovvero Cina e Russia, che possono intaccare il ruolo egemone degli Stati Uniti nel mondo. L’obiettivo per Washington, quindi, deve essere, secondo Trump, quello di potenziare le forze armate al fine di scoraggiare i rivali e di forgiare un mondo basato sulla pace. Niente di nuovo quindi per quello che riguarda la politica militare statunitense, che dai tempi della presidenza Eisenhower si basa sul mantenimento di un grande complesso industriale militare per poter dissuadere potenziali nemici dall’attaccare gli Stati Uniti direttamente. “Per questo motivo sto chiedendo al Congresso di finirla con il taglio dei fondi per la Difesa (decisione presa dal presidente Obama con il Budget Control Act del 2011, ndr) e che si riprenda a finanziare totalmente le spese militari”. Uno degli obiettivi di Trump è quello di modernizzare e ristrutturare la triade nucleare (ovvero la capacità di utilizzare armi nucleari dal cielo, da terra e dal mare, ndr) degli Stati Uniti, sottolineando nel suo discorso la speranza di non dovere mai utilizzare il potenziale nucleare statunitense. Con questa mossa l’amministrazione americana riprenderebbe il riarmo al fine di mantenere il deterrente nucleare nei confronti delle nazioni avversarie, con la speranza che: “Un giorno nel futuro ci sia un momento magico, in cui i Paesi si uniranno per eliminare le armi nucleari. Ma, sfortunatamente, non esiste ancora”.

Lo scenario internazionale non è in uno stato di pace perenne, anzi, le minacce sono molte, cominciando con la Corea del Nord, considerato un “Regime depravato” da Trump, proseguendo con l’Iraq e la Siria, dove gli Stati Uniti sono impegnati nella campagna contro l’Isis: “Lo scorso anno ho preso un impegno: avremmo lavorato con i nostri alleati per eliminare l’Isis dalla faccia della Terra. Un anno dopo sono fiero di mettervi a conoscenza del fatto che la coalizione anti Isis ha liberato quasi il 100% del territorio che apparteneva a questi assassini in Iraq e in Siria”. Un compito, quello svolto dagli Stati Uniti e dai ribelli anti-Assad, da una parte, e da Siria e Russia, dall’altra, che non è ancora concluso e a tal fine, ha continuato Trump: “Continueremo nella nostra lotta finché l’Isis non sarà definitivamente sconfitto”.

Se la lotta militare all’Isis si può considerare vicina alla chiusura, altro discorso è quello che riguarda la lotta al terrorismo, perché i terroristi non sono solamente criminali ma, citando direttamente Trump: “Sono dei combattenti nemici illegali e come tali andrebbero trattati nel momento in cui vengono catturati”. Un’affermazione che va in contrasto totale con le politiche della presidenza Obama, dove si decise di optare per una rottura totale rispetto al trattamento riservato ai terroristi durante la presidenza di Bush. Infatti, Trump nel suo discorso ha giudicato da pazzi l’aver rilasciato centinaia di pericolosi terroristi tra cui il leader dell’Isis Abu Bakr al-Baghdadi, il quale era stato catturato dalle truppe americane per poi essere rilasciato. Per questo Trump ha annunciato di aver firmato un ordine, al segretario alla Difesa James Mattis, nel quale viene richiesto di riesaminare le politiche riguardanti la detenzione militare e di mantenere aperta la prigione di Guantánamo, cercando di affossare così il programma di progressiva chiusura del campo di detenzione voluto da Obama. Al Congresso, invece, ha chiesto di: “Assicurare che, nella lotta contro l’Isis e al-Qaeda, gli Stati Uniti possano continuare ad avere il potere necessario per arrestare e detenere i terroristi”. Una decisione destinata a far discutere, quasi quanto la decisione di modificare le regole di ingaggio dei soldati americani impegnati in Afghanistan, dove lavoreranno in strettissimo contatto con le forze afgane, sia per completare l’opera di addestramento delle forze regolare del governo di Kabul sia per evitare che: “I nostri nemici conoscano i nostri piani”.

Una parte del discorso, quello sugli aspetti militari, ben diversa rispetto a quella riguardante aspetti di politica interna, perché su questi punti, Trump, è apparso meno incline ad aperture nei confronti del Partito Democratico. Punti programmatici, comunque, che appaiono di vitale importanza e che, se messi in atto, potrebbero ridare agli Stati Uniti quel ruolo di potenza egemone tanto ambito, ma che nell’ultimo decennio è stato minato dall’emergere della Cina e dal ritorno della Russia sulla scena geopolitica mondiale.

(immagini: U.S. DoD)