Essere assegnati alla specialità dei bersaglieri durante il militare faceva presagire dodici mesi da passare correndo a 180 passi al minuto. Una prospettiva ben più faticosa rispetto all’assegnazione in un tranquillo Corpo logistico. Ma verso la fine del servizio militare ci si accorgeva della fortuna e del prestigio d’aver servito il paese in un Corpo che prese vita dalla specialità più antica della fanteria italiana del nostro esercito, i granatieri.
L’idea del generale Alessandro La Marmora, un granatiere (allora capitano), era di istituire un Corpo specializzato rapido negli spostamenti e capace di adattarsi al territorio nemico. L’idea divenne realtà il 18 giugno 1836 e i primi fanti piumati furono i suoi granatieri. Si narra che durante la presentazione dei fanti piumati, ossia i neo bersaglieri al re, questi anticiparono il corteo reale aggiudicandosi la caratteristica che li contraddistingue dai fanti, cioè il passo di corsa.
Generale Alessandro La Marmora, un innovatore
L’ufficiale ebbe non pochi attriti con lo stato maggiore che sosteneva obsolete teorie di combattimento basate sostanzialmente sull’avanzamento in linea dei reparti di fanteria. Le sue idee innovatrici risultate poi vincenti fecero comprendere l’importanza nella forza armata, di possedere reparti di fanteria celere armata di carabina, ma anche di aggiornare e specializzare i reparti con canoni di combattimento dinamici. Questo si traduceva in una formazione e un bagaglio tattico maggiore e più moderno, adatto a velocizzare le manovre sul campo. Anche la distribuzione di un equipaggiamento più idoneo e successivamente l’impiego delle biciclette seguivano quella direzione innovatrice che fece sì che i bersaglieri diventassero specialisti ad alta mobilità della fanteria.
I bersaglieri ciclisti
Per incrementare le prerogative di rapidità del Corpo, il 15 marzo 1898 il tenente Luigi Camillo Natali istituì la prima compagnia di bersaglieri ciclisti che ben presto prese la conformazione di battaglione e poi di reggimento. Alcune squadre di quest’ultimo parteciparono addirittura al Giro d’Italia a tappe percorrendo ben 1153 chilometri.
Com’erano le biciclette militari?
Le prime biciclette impiegate furono reperite sul mercato civile e solo in un secondo momento, quando la specialità confermò la sua validità, si passò a un modello propriamente militare. Si trattava di un velocipede rivoluzionario per l’epoca, era pieghevole e spallabile per avanzare durante gli assalti. Chi lo portava doveva essere ben robusto: il telaio pesava circa 30 kg, a cui si aggiungevano speciali supporti per la buffetteria e il fucile mod. 91, nonché le gomme piene chiaramente antiforatura.
L’evoluzione porta il nome "Bianchi"
Il Ministero della Guerra e il Regio Esercito, a fronte ormai di un battaglione presso i 12 reggimenti bersaglieri, nel 1911 si affidò alla Fabbrica Italiana Velocipedi Edoardo Bianchi per la fornitura di un modello più performante e dal peso più contenuto, 14 kg. Esisteva una versione per la truppa e una per gli ufficiali munita di cambio, e il soprannome cameratesco della due ruote pare fosse “carriola”.
Il telaio, sempre pieghevole, era dotato di due ammortizzatori telescopici anteriori e uno posteriore posto tra il supporto della sella e la forcella. Elementi necessari vista la presenza delle gomme piene. La trasmissione a catena aveva uno scatto fisso a due velocità e il freno a bacchetta anteriore, inoltre il pignone posteriore aveva una copertura per scongiurare che qualche abito o buffetteria potesse incastrarsi nella catena. Nel canotto del manubrio, con impugnature in corno e un campanello, solo per gli ufficiali, era alloggiato il fodero porta sciabola.
Aveva anche la luce di guerra
Sul manubrio e quindi direzionabile, vi era una lanterna anti-vento a petrolio il cui vetro frontale poteva essere oscurato durante i coprifuoco per segnalare la sola posizione alla squadra, e non per illuminare il percorso.
Un portapacchi con la duplice funzione di parafango posteriore e un sellino in pelle completavano questi veicoli che lungo il telaio grigio verde, portavano le bindelle per alloggiare il fucile.
Oggi molti appassionati e collezionisti conservano gelosamente questi cimeli in perfette condizioni d’utilizzo, esponendole o cavalcandole durante le manifestazioni dell’associazione nazionale bersaglieri.
Foto: web / Collezione Privata A & C Azzini