Abbiamo trattato decine di mezzi, le loro caratteristiche e il loro impiego operativo sottolineando l’importanza e la qualità della formazione militare e del suo pulpito tecnico logistico rappresentato in buona parte dalla TRAMAT. Tuttavia, nonostante l’impegno formativo su cui lo Stato Maggiore dell’Esercito investe, rimane indubitabile che la predisposizione naturale per la guida e la successiva esperienza sono le carte migliori per seguire questa professione e comprendere i concetti. Infatti è bene ricordare che non basta avere una patente in tasca per essere un conducente, nonostante le similitudini funzionali tra un autovettura e un mezzo pesante.
Partendo dalle capacità basilari di conduzione pensiamo a percorsi come la montagna o la Costiera Amalfitana, il traffico intenso o l’off road, tanto per citare alcune palestre per gli autisti, a cui aggiungiamo retromarce, magari con un rimorchio.
Lo SME organizza, anche per ricevere feedback su capacità e limiti dei suoi militari, corsi specialistici paralleli a quelli cadenzati a livello di reggimento, in particolare di guida off road riproducendo le condizioni più drammatiche.
Quand’ero nell’Esercito ricordo che il maresciallo mi ordinava di affiancare i neo patentati per un servizio chiamato “potenziamento chilometrico”, un’attività dove il capo-macchina seguiva il conduttore durante lunghi tragitti affinché tra conduttore e mezzo si creasse un feeling forzato ma necessario per la sicurezza e padronanza dei trasportati e del mezzo.
Si parte dalla posizione, è sempre un esame
Quante volte ci si è seduti dietro al volante adeguandosi magari alle regolazioni del conduttore precedente per velocizzare i tempi? Un’abitudine su cui si può chiudere un occhio per un innocuo spostamento all’interno di un’officina che si conosce in ogni angolo, ma è bene rammentare quello che le rinomate scuole di pilotaggio (e scuole guida) riferiscono agli allievi durante la prima ora di volante: “la corretta posizione di guida è la base per una conduzione corretta e sicura”.
Bisogna essere onesti però e riportare che in ambito civile troppe volte le regolazioni del posto guida, specchietti e non solo vengono eseguite tramite un curioso autoapprendimento mirato più alla comodità o alla pigrizia che alla sicurezza. Alcune scuole guida, non quelle militari, si prefiggono poi dei target onerosi di ore di guida - seppur giustificati per qualche candidato - ma con una qualità finale dell’allievo non sempre soddisfacente e un mestiere di istruttore snervante.
Sono esercizi specifici continuamente ripetuti e il controllo emotivo del ragazzo che danno un miglior e più rapido risultato di apprendimento.
Tecnologia sui tattici
Se nel campo dell’automotive siamo arrivati a sperimentare autovetture che ci raggiungono fuori dalla pizzeria se allertate dal nostro smartphone è altrettanto vero che gli studi sulla compatibilità tra lavoro umano e macchine – l’ergonomia – ha attualmente assunto un’importanza rilevante nella progettazione dei veicoli. Una condizione necessaria in particolare per la sicurezza anche se ci fa un po’ disimparare.
Molti ricorderanno i posti guida sacrificati su carri armati e autoblindo oppure l’interruttore non illuminato per azionare i tergicristalli su ACM52, che costringevano il conduttore a spostamenti eccessivi del tronco, che in realtà deve rimanere sempre ben aderente e assicurato allo schienale posto con un angolo di poco più di 90° rispetto al femore.
L’evoluzione e i miglioramenti riguardano ormai anche le piattaforme destinate alla difesa e l’efficacia ergonomica e la relativa posizione dei comandi risulta a maggior ragione più a portata di mano e istintiva anche nell'uso concitato.
La suddivisone dei ruoli a bordo di un mezzo tattico, i controlli remoti e di localizzazione del veicolo in area operativa sono oggi la regola per la gamma dei blindati destinati a operare fuori area, insomma una metamorfosi di mezzi e tecnologia che ha relegato al passato i sistemi analogici (forse più affidabili?) a cui eravamo abituati, ma che ancora oggi, nonostante l’ammodernamento dei mezzi pesanti tattici-logistici, necessita sempre e prima di tutto della predisposizione per la guida e poi di una patente.
Rimanendo con i piedi per terra, si fa per dire..., la galoppante evoluzione tecnologica mondiale ci evolverà a tante novità, come la nipponica SKY DRIVE che ha realizzato la SD-03, prima auto volante - una specie di drone a 8 motori - pensata per evitare il traffico ma probabilmente interessante per silenziosi sopralluoghi...
Un esempio pratico di evoluzione tecnologica ed ergonomica dell'automotive, può arrivare dal comando per l'inserimento della trazione integrale. Oggi con un interruttore a ruota o pulsantiera, si può eseguire in base al terreno, la scansione più idonea sui sistemi di blocco trazione e riduzione che un tempo avveniva con un ragionamento e poi raggiungendo dei leveraggi.
C'è da chiedersi però, se questo sviluppo "programmato" cancelli le conoscenze pratiche di un collaudato e utile metodo. In effetti oggi, la conoscenza meccanica delle autovetture, è un aspetto poco ribattuto nelle autoscuole a favore delle tante normative. La completezza arriva ancora una volta dalla formazione militare o da corsi specialistici privati, dove oltre alle normative è basilare conoscere il funzionamento tecnico dei sistemi e, perché no, saperli magari attuare manualmente in caso di guasto.
Le specializzazioni durante il servizio di leva hanno segnato per molti giovani la loro professione futura mentre per altri è stata un'esperienza formativa forse un po’ traumatica che non si è tradotta in professionalità. Ritengo che l'Esercito in particolare, anche come strategia per rilanciare la sua vocazione all'inclusione, abbia le carte in regola e l'eccellenza formativa per essere considerato un pulpito extra formativo - un master - per tante professioni, un valore aggiunto per dare smalto a qualche professione senza la necessità di reintrodurre la leva. L'Esercito infatti, con le sue specializzazioni costituisce ancor oggi una copia in miniatura di tante professioni civili.
Per i giovani motivazione e obiettivi
La formazione professionale per la guida di mezzi pesanti tedesca e svizzera, spesso si contraddistingue per la presenza di diversi step a completamento professionale del candidato. Dalla lettura delle cartine al posto del più pratico navigatore, alla sostituzione di una ruota o lampadina piuttosto che blande riparazioni a cabina ribaltata e vere e proprie giornate di trasferta per far conoscere la professione; una tipologia di formazione che le associa più ad accademie professionali. Tuttavia, forse per un riscontro mediatico, negli anni scorsi due municipalizzate del trasporto, una di Roma e l'altra di Torino, organizzarono dei corsi di guida sicura in circuito e il franchising tedesco Flixbus fece altrettanto a Lainate. Qui però parliamo di conoscenze importanti ma successive alla patente.
Seppur un concetto oneroso ma senz'altro efficace, questa tipologia di formazione non si discosta troppo da quella militare. Anche le prove in circuito con e senza ABS o ESP rappresentano un sistema per conoscere dei limiti fisici sottovalutati così come i percorsi di birilli da svolgere in marcia avanti e indietro e tante tantissime manovre. Insomma, anche nel mestiere dell'autista non si finisce mai di imparare. È facile attaccare i giovani ma ritengo che oggi per loro manchino obiettivi e motivazioni e di questo, senza polemiche, le istituzioni ne dovrebbero prendere atto offrendo più elastiche opportunità e risorse.
L'opinione degli addetti ai lavori militari
C'è un altro concetto un tempo per nulla scontato che sta cominciando a passare anche nella famiglia delle Forze Armate, ossia dare importanza alla possibilità di ricevere un feedback da chi svolge direttamente un'attività.
Se un militare è a suo agio rende molto di più e con minore fatica e più motivazione. Un’idea, quella della "qualità totale", che arriva dagli USA, anche se è stato il Giappone tra i primi paesi ad averla adottata nell'industria. Un atteggiamento che si contrappone alla teoria che per forgiare un soldato può essere indispensabile abituarlo a serrati parametri di comodità, per offrirglieli solo sul campo operativo. Tutto ciò non poteva non mutare con la professionalizzazione delle F.A. ma soprattutto con le moderne linee guida e strategie digitalizzate d'impiego sul campo di battaglia.
Oggi i moderni comandanti di reparto, oltre al ruolo dirigenziale di militari, hanno una percepibile formazione manageriale che si comprende dopo qualche istante che si parla con loro. Le parole d'ordine ormai sono: concretezza, praticità e poca burocrazia, non poco se parliamo di ambienti militari.
Braccia piegate o dritte? Un aneddoto
Autovettura o mezzo pesante non fanno differenza, la posizione di guida riprende gli stessi concetti. Più si è eretti e con le spalle appoggiate sullo schienale, più si è rapidi e si tutela la colonna vertebrale in caso di collisione. È il pedale della frizione spinto a fondo con gamba ancora flessa che ci informa quando è il momento di bloccare lo scorrimento del sedile mentre i polsi uniti appoggiati sul vertice superiore del volante ci dicono che l’inclinazione dello schienale è corretta.
Tuttavia c’è chi sostiene che durante la guida le braccia debbano essere tese. Oltre al fatto che si stancherebbero di più costringendoci a impugnare il volante con una mano sola, facendo delle ricerche su questa teoria, si arriva al pilota pluricampione scozzese Jim Clark che in effetti guidava a braccia tese. Clark, un autodidatta molto veloce, era costretto a questa posizione semplicemente perché le dimensioni del posto guida della sua monoposto con motore posteriore - 1956 - erano davvero ridotte. Probabilmente era anche molto alto.
Poca comunicazione e carenza d’immagini, avevano fatto passare un concetto fuorviante e molti ricorderanno le emulazioni nostrane, dove le Fiat 500 o 600 truccate viaggiavano con cofano semi aperto e bruciacchiato da qualche ritorno di fiamma, mini volante e sedile tutto indietro e magari autoradio a palla.
Foto: autore / Esercito / web