L’Esercito su due ruote: dalla bicicletta alla motocicletta

(di Gianluca Celentano)
12/10/22

Agli inizi del secolo scorso l’Esercito italiano poteva contare su pochi veicoli a motore e su alcuni a vapore (1899 De Dion-Bouton 3,5cv). Le truppe si spostavano prevalentemente utilizzando i convogli ferroviari, i cavalli e gli indispensabili muli e asini per trainare l’artiglieria, materiali e carri.

Un’innovazione venne con l’istituzione nel 1910 di un battaglione di bersaglieri ciclisti, ma già allo scoppio della prima guerra mondiale il Regio Esercito diede una svolta motorizzata ai suoi reparti procurando un indotto importante e maggior lavoro alle fabbriche metalmeccaniche per la produzione di mezzi militari.

Vennero commissionati ed acquistati 1571 autocarri Fiat, 298 Isotta-Fraschini, 195 Spa, 120 Itala, 110 Züst, 106 ambulanze della Carosi realizzate su Fiat 15 e 270 trattori d’artiglieria. Contemporaneamente si introdussero gradualmente a livello di squadra, poi di compagnia, le prime biciclette motorizzate per i fanti piumati.

La trasformazione delle due ruote

Il concetto di motoveicolo a due ruote è chiaramente legato allo schema telaistico di una bicicletta da uomo con canna, al di sotto della quale (il sotto-canna) sono allestiti il serbatoio e i componenti per la propulsione a motore. La “trasformazione” prevedeva sostanzialmente tre passaggi: un rinforzo strutturale, l’applicazione di un motore in coincidenza della corona a pedali e l’aggiunta di un serbatoio contenente in due spazi separati olio e benzina. I motori erano monocilindrici a 4 tempi,quindi alimentati solo a benzina e non miscela. La SIAMT di Torino sorta nel 1905 per la produzione di biciclette, fu la prima a fornire al regio esercito una bicicletta dotata di un motore a 4 tempi del peso di 35 kg e 262 cm3 con una potenza di poco più di 2 cavalli. Questa avveniristica moto-bicicletta che di fatto era un vero e proprio ciclomotore (e vedremo perché) fu la prima ad essere impiegata fuori area, in Libia, nel 1911 in quanto era in dotazione all’11º Reggimento bersaglieri durante la guerra italo-turca. E fu proprio questo Reggimento a ottenere la medaglia d’Oro al Valor Militare.

Frera, prima moto di serie

Se siete appassionati di moto non potete mancare una visita al Museo della Motocicletta Frera di Tradate (VA), dove il signor Roberto Colombo, consigliere del museo, tiene a sottolineare che la società fondata da Corrado Frera nel 1905, fu la prima produttrice italiana di motociclette in serie.

Nella sola Lombardia c’erano già ben 428 piccole officine di motocicli ma fu la Frera a distinguersi per la produzione in serie passando dai 200 dipendenti ai 1000 grazie ai buoni risultati ottenuti nelle gare e alla pubblicità.

La prima Frera era una bicicletta con i diametri del telaio maggiorati e un motore a 4 tempi. Nella testata le valvole erano poste lateralmente e quella dell’aspirazione era pneumatica. In sostanza lo stelo della valvola di carico veniva abbassato per aspirazione quando il pistone scendeva (al pmi) e chiuso quando il pistone saliva in compressione (pms). L’unica camma era per la valvola di scarico.

Il serbatoio (posto in alto) era diviso in due camere una per la benzina e una per l’olio (olio a perdere) non essendoci pompe meccaniche. Il conduttore, tramite una pompetta a vuoto sul serbatoio, doveva iniettare un certo quantitativo d’olio in base al percorso da effettuare, pianura, montagna etc. Vista la mancanza di una pompa e quindi di un ricircolo, l’olio si scaricava a terra (e sulla catena) durante il funzionamento e il rifornimento prevedeva anche il rabbocco del lubrificante.

Il fanale a carburo anteriore si accendeva con un fiammifero grazie alla reazione di acqua e ossido di acetilene.

Interessante è la trasmissione di questi primi "ciclomotori" (termine che il signor Colombo non sembra apprezzare molto). Il collegamento tra motore e ruote era diretto: la puleggia del motore raggiungeva tramite una cinghia di gomma e senza organi intermedi (frizione, cambio) la ruota posteriore dove era collegata a una ghiera montata sul cerchio della ruota. Parallelamente, dalla parte opposta alla cinghia di gomma, c’era la tradizionale catena che collegava pignone e corona mossa dai pedali.

L’avviamento del motore si effettuava pedalando come su una normale bicicletta fino a consentire la partenza del monocilindrico. Non è chiaro quale sforzo fisico richiedesse la compressione del cilindro, ma poco dopo l’esemplare del 1905, fu inserito un tendicinghia che faceva le veci della frizione: allentando la cinghia si poteva rimanere fermi con il motore in moto o avviare il veicolo (in assenza di discese) con meno sforzo. Lo spegnimento del motore avveniva aprendo con un’apposita levetta la valvola di aspirazione. È probabile che per l’avviamento si tirasse la manetta di apertura della valvola d’aspirazione per eliminare la compressione, chiudendola in movimento per tentare l’avviamento.

La manetta dell’acceleratore sui primi esemplari non esisteva, al suo posto c’era una leva simile a quella del freno.

La Frera militare

Lo sviluppo della Frera fu rapidissimo e i motocicli veri e propri continuarono a evolversi riscuotendo molto successo in gara e nelle vendite. I primi di essi possedevano il cambio a mano mentre quelli deputati alle corse il tradizionale pedale a tre marce. In alcune versioni il mozzo delle ruote aveva tre dadi che permettevano di cambiare la ruota (un sistema simile a quello della Vespa Piaggio) senza dover smontare il freno a tamburo. La produzione per il Regio Esercito iniziò poco dopo la nascita dell’azienda e i primi reparti motorizzati furono i bersaglieri e gli artiglieri.

Con l’evoluzione dei modelli ideati per l’uso militare, vennero anche prodotte motocarrozzette sanitarie con supporto porta feriti e moto mitragliatrici.

Il signor Colombo racconta che solo la società Bianchi era più grande delle Frera e questo perché, oltre alle biciclette e le moto, le Officine Metallurgiche Edoardo Bianchi estesero la produzione agli autocarri per uso militare – Miles, Supermil500, VM6C – ai telai di autobus, andando ad occupare uno spazio ancora con poca concorrenza. A causa delle scelte del Duce che vietò alle imprese italiane la vendita all’estero (e la Frera vendeva l’80% all’estero) cancellò le forniture di motocicli al Regio Esercito, la Frera entrò in una crisi che la portò alla chiusura nel 1936 pur rimanendo un’icona del motociclismo militare della prima guerra mondiale.

Ecco qual era l’equipaggiamento moto motorizzato Frera tra il 1914 e il 1918: biciclette a motore da 2,5 cv per i bersaglieri, motociclette da 2,5 cv con cambio per le sezioni mitragliatrici munita di un serbatoio d’acqua per il raffreddamento dell’arma, motociclette mod. G 570 cc e 4 cv anche in versione biposto e in versione motocarrozzetta, e moto logistiche per trasporto nastri di munizioni.

Il ciclomotore

Chi di voi non ha mai guidato un Ciao o comunque un ciclomotore?

Il concetto costruttivo della Frera è alla base di quella bicicletta motorizzata che fa parte dei nostri ricordi di gioventù. Infatti anche il Ciao aveva la parte ciclistica distinta da quella collegata al motore, ma bastava pedalare per avviarlo.

Nel Ciao erano presenti due frizioni centrifughe, una per bloccare il gruppo d’attrito collegato al motore (massette), l’altro per permettere la partenza da fermo. Con una pedalata blanda il Ciao era come una bicicletta, ma imprimendo più forza il tamburo contenente le prime frizioni (d’avviamento) faceva corpo unico con l’albero motore avviando il monocilindrico.

Non appena si accelerava, le seconde masse centrifughe collegate al motore si espandevano sul tamburo permettendo la trasmissione del moto alla ruota. Un concetto ancora utilizzato per separare il motore dalle ruote sui moderni scooter con variatore.

Con un procedimento molto simile e con l’aggiunta di un variatore di velocità a pulegge (scooter) è stata prodotto l’autoveicolo olandese DAF Variomatic.

Chi se lo ricorda?

Leggi seconda parte "L’Esercito su 2 ruote: la motorizzazione si espande"

Leggi la seconda parte bis "L'Esercito su 2 ruote: Il successo delle moto “Palpitando Irrompo"

Leggi la terza parte: "L’Esercito su 2 ruote: ruoli logistici per le moto"

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