Nelle ore in cui, domenica scorsa, questa testata preparava un resoconto (auspichiamo) dettagliato sull’escalation di tensione in atto nel mar cinese meridionale e orientale tra USA e CINA (v.articolo), in quelle stesse acque andava svolgendosi l'ennesimo momento di confronto tra le due potenze, che rischia di aggravare ulteriormente il livello della contrapposizione.
È accaduto nel prime ore del pomeriggio, quando il cacciatorpediniere statunitense USS Decatur1, in navigazione nei pressi di Gaven Reef2 (Nanxun Jiao, 南薰礁) - un atollo parte dell’arcipelago delle isole Spratley, occupato dalla Cina nel 1988 -, è stato avvicinato, a circa 40 m di distanza, da un cacciatorpediniere cinese della classe Luyang II3, che lo ha costretto a mettere in atto una manovra improvvisa per evitare la collisione.
Un portavoce della VII Flotta (Pacifico) ha descritto quella cinese come “unsafe and unprofessional manouver” .
Il vascello USA si trovava in quelle acque nell’ambito delle operazioni di libertà di navigazione che gli USA stanno conducendo assieme a Francia, UK e altri Stati costieri.
Il ministro delle difesa cinese ha immediatamente condannato “la politica aggressiva degli Stati Uniti, per le continue violazioni delle acque territoriali cinesi, che mettono a rischio l’opera di stabilizzazione condotta da Pechino con il sostegno dei paesi dell’ASEAN4.
L’evento, per contro, ha provocato le ferme reazioni del Pentagono, che in tutta risposta ha confermato la prosecuzione delle operazioni condotte nelle acque e nei cieli reclamati da Pechino per affermare la libertà di navigazione.
In un discorso pronunciato il 4 ottobre al Hudson Institute, think tank di Washington D.C., - riporta Reuter5 - , il vicepresidente americano Pence (foto) ha confermato che gli Stati Uniti “continueranno a operare ovunque sia permesso dal diritto internazionale e richiesto dagli interessi nazionali” aggiungendo che l’America “non si farà intimidire e non indietreggerà di un passo”.
Gli Usa confermano, pertanto, il loro impegno a preservare in quelle acque la più ampia libertà di navigazione, a sostegno della sicurezza di tutte le nazioni costiere e di quelle norme del diritto internazionale che la Cina ha più volte espressamente dichiarato non doversi applicare nelle acque che considera “territoriali” in quanto storicamente cinesi.
Pechino avanza, pretese territoriali su circa l'80% del mar cinese, sulla base di una linea di demarcazione6 definita unilateralmente, che di tanto in tanto innesca crisi con gli altri paesi costieri: Brunei, Vietnam, Filippine, Malesia e Giappone.
I fatti degli ultimi giorni non introducono alcun elemento di novità nella situazione generale dell’area, trattandosi di mere dimostrazioni di forza da ambo le parti. Sono certamente da collegare alla guerra dei dazi da tempo in corso tra Pechino e Washington, e più specificamente alle dichiarazioni con cui, qualche giorno fa, il presidente Trump ha annunciato l’imposizione di ulteriori tariffe per 200 miliardi di dollari a partire - guarda caso - da lunedì 1 ottobre, il giorno successivo all’evento che ha coinvolto la USS Decatur. Forniscono, però, una chiara idea di una certa fluidità della situazione in atto, e la dimostrazione di come il confronto tra “le due” superpotenze continui a svilupparsi su una pluralità di livelli - politico, militare, economico, comunicativo - del dominio statuale.
(foto: U.S. Navy /web)
4 Associazione delle Nazioni del Sud Est asiatico - https://asean.org