L’ambasciatore di Islamabad a Washington ha chiesto agli Stati Uniti di assumere un ruolo più attivo nella crisi, non solo di aggiungersi -tramite il National Security Council e il Pentagono - alle richieste di moderazione e di non attuare escalation che in queste ore giungono da tutte le maggiori potenze.
Intanto, resta chiuso lo spazio aereo sopra i due Paesi, con pesanti conseguenze per i voli tra l’Europa e l’Oriente / l’Oceania e oggi non apriranno le scuole indiane poste in una fascia di 5 km all’interno del Paese, lungo il confine col Pakistan.
A New Delhi il primo ministro Narendra Modi ha fatto sapere che non intende arretrare di fronte alla pressione internazionale e di aver dato “mano libera” alle forze armate di intraprendere qualunque azione riterranno opportuna per la sicurezza del Paese. Nella giornata di ieri il Governo indiano ha anche consegnato al vice alto commissario del Pakistan un dossier sull’attentato del 14 febbraio, che verrà esaminato a Islamabad. Per fortuna, non si parla di ultimatum o di richieste esplicite, almeno per ora.
Prima di concludere, alleghiamo copia della dichiarazione del governo del Pakistan in risposta agli attacchi indiani contro campi di terroristi posti nel territorio di Islamabad. Si può riassumere in tre righe, a partire dal titolo: “Il Pakistan contrattacca: non per rappresaglia, non contro obiettivi civili, senza la volontà di avviare un’escalation del confronto, ma per dimostrare la nostra capacità di reazione. L’India ci sta provocando da alcuni anni: anche noi, a questo punto, ci riteniamo legittimati a dare la caccia a terroristi indiani”.
Vi aggiorneremo nella seconda parte della giornata, sperando che non ce ne sia bisogno prima.