La Germania viola l'embargo e vende armi in Libia

(di Filippo Del Monte)
22/05/20

Il generale Khalifa Haftar annuncia, con toni roboanti, l’inizio della più grande campagna aerea della storia libica dopo l’arrivo in Cirenaica di 8 aerei russi (6 caccia Mig-29 e 2 cacciabombardieri Sukhoi-24 stando alle fonti).

Il comandante dell’aviazione haftariana Saqr al-Jaroushi ha rincarato la dose dichiarando: State per vedere nelle prossime ore la più vasta campagna aerea nella storia della Libia, per colpire interessi turchi e forze del governo di Tripoli in tutte le città libiche.

Nell’attesa che l’uomo forte della Cirenaica scateni una nuova Battaglia d’Inghilterra, gli alleati emiratini hanno condotto (impiegando cacciabombardieri Mirage 2000EAD), negli ultimi mesi, missioni CAS (Close Air Support) contro le postazioni delle milizie turche, che sostengono il premier al-Sarraj, in Tripolitania. I turchi non sono rimasti certo a guardare; nel Golfo della Sirte sono presenti da tempo unità navali di Ankara, probabilmente fregate classe Barbaros (Meko 200 costruite ad Amburgo), che hanno lanciato missili superficie-aria RIM-162, tuttavia senza abbattere nessun velivolo.

La situazione sul terreno torna quindi a farsi incandescente dopo le sconfitte subite da Haftar sia lungo la fascia costiera occidentale fino alla frontiera tunisina, sia nella regione tripolina dove tre giorni fa truppe regolari e milizie tripoline hanno riconquistato la base aerea di al-Watiya (foto) ed i bombardamenti del LNA che lambiscono pericolosamente Sirte.

Per alimentare i rispettivi eserciti, i contendenti hanno bisogno di continui rifornimenti di armi provenienti dall’estero ed è proprio su questo tema che si gioca una complessa partita internazionale che vede protagonisti – almeno in questo caso – anche alcuni paesi europei. La notizia pubblicata dal sito tedesco d’informazione Deutsche Welle sulla vendita di armi da parte della Germania ad Egitto, Turchia ed Emirati Arabi Uniti ha aperto un altro delicato fronte.

Il Ministero dell’Economia tedesco a causa di una interrogazione presentata dal gruppo parlamentare della sinistra radicale Die Linke, ha reso noto un report che racconta un interessante – quanto imbarazzante per il governo Merkel – retroscena del conflitto libico: nel periodo compreso tra il 20 gennaio ed il 3 maggio Berlino ha venduto armi all’Egitto per 308,2 milioni di euro, alla Turchia per 15,1 milioni ed agli Emirati Arabi Uniti per 7,7 milioni. E queste armi non sono state riposte nei rispettivi arsenali ma hanno preso direttamente la strada per la Libia, nel caso dei turchi per Tripoli e nel caso di egiziani ed emiratini per Tobruk.

La Germania ha quindi, anche se indirettamente, violato l’embargo di armi verso la Libia varato nella Conferenza di Berlino del 19 gennaio scorso. Posto che il divieto di vendere armi ai contendenti libici era stato definito, appena istituito, come una “pagliacciata” dagli stessi addetti ai lavori viste le difficoltà di controllare i traffici lungo le rotte mediterranee, ma esiste una questione politica e cioè che una liberal-democrazia europea ha violato spregiudicatamente clausole di un documento da essa votato e sponsorizzato, a prescindere dai contratti pregressi o in essere.

Il governo italiano proprio ieri ha approvato il decreto missioni nel quale è compresa anche la Missione europea Irini per garantire l’embargo di armi in libia e contrastare qualunque traffico illecito. Servirà a poco però se a favorire la compravendita di armi nell’ex colonia italiana sono gli stessi partner europei della missione, Germania su tutti.

Le notizie diffuse da Deutsche Welle potrebbero essere una vera e propria bomba pronta a scoppiare nelle mani della maggioranza governativa tedesca, perché se è vero che il detto latino pecunia non olet ha sempre una sua validità intrinseca in politica internazionale e nel commercio delle armi, dall’altro lato i rischi politici connessi alla pubblicazione del report sui “guadagni militari” della cancelliera Merkel sono tangibili.

Così mentre da Berlino si armano entrambi gli schieramenti libici per vie traverse, Roma chiede a Washington, per bocca del ministro degli Esteri Di Maio, di evitare interferenze esterne in Libia.

Si potrebbe azzardare che Roma abbia una visione miope della politica estera, la realtà, molto più cruda è che garantire gli interessi nazionali non sia un punto forte nell’agenda del governo Conte.

Foto: Press and Information Office of the Federal Government / Twitter