Decesso della persona assistita e revoca del trasferimento ai sensi della legge 104 1992: una conseguenza automatica?

(di Avv. Francesco Fameli)
23/06/20

Già in un altro articolo pubblicato su questa testata abbiamo trattato la materia del trasferimento ai sensi della legge n. 104 del 1992 (v.articolo). Poiché, come è ben noto, si tratta di ipotesi di trasferimento che traggono il proprio fondamento giustificativo nella necessità, da parte del lavoratore richiedente, di prestare assistenza ad una persona affetta da invalidità o da handicap grave, in modo conforme all’art. 33, comma 3, del suddetto testo normativo, si pone in tutta evidenza la questione relativa a se tale trasferimento venga automaticamente revocato in caso di decesso della persona assistita.

Per dare risposta a questo interrogativo – che di certo è di sicura rilevanza pratica, interessando tutti i militari e gli appartenenti alle forze di polizia che si sono visti accogliere in passato un’istanza di trasferimento sui presupposti di cui sopra –, sarà necessario definire il quadro normativo di riferimento ed esaminare quindi gli orientamenti giurisprudenziali che sono maturati con riguardo all’interpretazione e all’applicazione delle relative disposizioni di legge.

1. Il quadro normativo di riferimento: le modifiche apportate sul punto dalla legge n. 183/2010 alla legge n. 104/1992

Quanto alle norme applicabili alla materia, occorre come è ovvio fare riferimento all’art. 33 succitato della legge 5 febbraio 1992, n. 104. In particolare, tuttavia, deve prestarsi attenzione al comma 7-bis aggiunto in novella alla suddetta disposizione dall’art. 24, comma 1, lett. c), della legge 4 novembre 2010, n. 183. A mente della norma appena richiamata, infatti, si dispone che “ferma restando la verifica dei presupposti per l'accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l'INPS accerti l'insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

Proprio la suddetta riforma dell’art. 33 della legge n. 104/1992 da parte della legge n. 183/2010 costituisce, per la giurisprudenza, lo spartiacque in tema di revoca per sopravvenuta carenza dei presupposti del trasferimento motivato con finalità assistenziali.

Vediamo in che termini e per quali ragioni, ripercorrendo le pronunce più significative sul tema.

2. La giurisprudenza in tema di revoca del trasferimento ex legge n. 104/1992

In sede pretoria, si è ormai cristallizzato l’orientamento che sostiene – proprio in ragione del comma 7-bis introdotto dalla succitata legge n. 183/2010 – che la revoca del trasferimento precedentemente concesso a scopo assistenziale ai sensi dell’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, debba conseguire automaticamente al decesso della persona affetta da grave disabilità o handicap, per la cui cura il provvedimento era stato disposto.

È inequivoco e ormai consolidato l’orientamento maturato sul tema dal Consiglio di Stato. Così, in Cons. Stato, nn. 4671 e 5125/2017, si è argomentato al riguardo che “il decesso del disabile svuota ab interno la funzione stessa del provvedimento di trasferimento ex art. 33, comma5, della L. n. 104 del 1992, irrimediabilmente privato della propria costitutiva ragione d’essere, e, dunque, impone all’Amministrazione la revoca del movimento a suo tempo disposto”.

V’è da osservare, tuttavia, che pronunce recenti hanno precisato che tale automatismo debba a rigore applicarsi soltanto ai trasferimenti concessi ai sensi della legge n. 104/1992 successivamente all’entrata in vigore della riforma sopra citata. Il comma 7-bis dell’art. 33 della legge n. 104/1992, come sopra interpretato, infatti, non essendo affatto dotato di efficacia retroattiva, può trovare applicazione soltanto per i trasferimenti che siano stati disposti a richiesta degli interessati dopo il suddetto termine, da identificarsi precisamente nel giorno 24 novembre 2010; ciò in modo evidentemente conforme all’art. 11 delle Preleggi, secondo cui “la legge non dispone che per l’avvenire”.

Si legge così in T.A.R. Campania – Napoli, Sez. VII, 4 aprile 2018, n. 2191 che “la fattispecie va correttamente inquadrata (...) con riguardo alla disciplina vigente all’epoca del trasferimento del ricorrente”, e che “pertanto (…), qualora cessi la necessità di assistere il disabile la revoca del trasferimento può essere automaticamente disposta solo per i trasferimenti disposti, ex art. 33 l. n. 104/1992, successivamente all’entrata in vigore della l. n. 183/2010 (in senso analogo, T.A.R. Campania – Napoli, Sez. VII, n. 5036/2017).

Con riguardo ai trasferimenti precedenti al 24 novembre 2010, pertanto, la morte della persona assistita non può determinare di diritto la revoca del provvedimento precedentemente disposto ed il ritorno del richiedente alla sede di origine, o comunque il suo trasferimento ad altra sede.

Occorrerà, al riguardo – ferma come detto l’assenza di qualsivoglia automatismo –, considerare caso per caso, esaminando nello specifico le norme di fonte sub-legislativa e regolamentare applicabili in base all’Amministrazione di appartenenza del pubblico dipendente.

Così, ad esempio, per quanto riguarda il Ministero della Giustizia, dovrà farsi riferimento ratione temporis in materia alla circolare n. 3582/6032 del 16 maggio 2003, in base alla quale, nei casi succitati, si stabiliva esclusivamente la facoltà della pubblica amministrazione di riservarsi di considerare la (dunque, mera) possibilità della revoca del trasferimento in base ad una ponderazione discrezionale tra la posizione (familiare e/o personale) del lavoratore precedentemente trasferito e le esigenze di servizio. Peraltro, nella stessa organizzazione ministeriale, successive circolari hanno poi stabilito che il trasferimento concesso per finalità assistenziali acquisisce carattere di definitività all’esito del decorso di almeno cinque anni dal provvedimento che lo dispone, previo accertamento dell’effettività del rapporto di assistenza per tutto il periodo, con conseguente inserimento del dipendente nell’organigramma strutturale, in piena coerenza con le esigenze organizzative interne all’amministrazione di destinazione (in tema, cfr. T.A.R. Puglia – Bari, Bari, Sez. III, 7 luglio 2016, n. 1197; nello stesso senso, T.A.R. Puglia – Lecce, 22 giugno 2017, n. 1032).

Per le altre Amministrazioni si tratterà di applicare gli stessi criteri, tenendo comunque presente l’applicazione del suddetto principio di diritto più volte richiamato e dunque valorizzando la normativa applicabile al tempo in cui l’istanza di trasferimento era stata accolta.

Conclusioni

La sintetica rassegna delle norme applicabili e delle pronunce giurisprudenziali più significative in tema di effetti del decesso dell’assistito in caso di trasferimento ai sensi della legge n. 104/1992 ci ha permesso dunque raggiungere conclusioni certe a sufficienza da fornire un primo essenziale orientamento ai soggetti interessati, evidenziando come si ha ritrasferimento automatico, nei suddetti casi, solo con riguardo ai trasferimenti concessi prima dell’entrata in vigore del comma 7-bis aggiunto all’art. 33 della legge n. 104/1992 dalla legge n. 183/2010, e dunque antecedentemente al 24 novembre 2010.

In tutti gli altri casi, invece, escluso dunque ogni automatismo, dovrà farsi riferimento alle disposizioni sub-legislative e regolamentari (circolari incluse) applicabili alla singola Amministrazione di appartenenza dell’interessato.

Foto: U.S. Air Force