Daghestan: il terrorismo islamico compie un'altra strage nella Federazione Russa. Cui prodest?

(di Giuseppe Morabito)
24/06/24

La regione meridionale russa del Dagestan sta osservando il primo di tre giorni di lutto a seguito del sanguinario attacco di terroristi islamici che hanno ucciso almeno 19 persone, la maggior parte delle quali delle forze dell’ordine, e hanno attaccato luoghi di culto in azioni criminali apparentemente coordinate in due diverse località.

Le violenze di domenica nella capitale regionale del Daghestan (Regione in cui la popolazione è in stragrande maggioranza di religione mussulmana sunnita), Makhachkala, e nella vicina Derbent sono state le ultime che le autorità hanno attribuito agli estremisti islamici nella regione del Caucaso settentrionale, nonché le più sanguinose in Russia da marzo, quando un gruppo di terroristi armati ha aperto il fuoco durante un concerto in un teatro nella periferia di Mosca, uccidendo 145 persone.

Un membro del gruppo terroristico dello Stato Islamico in Afghanistan che ha rivendicato la responsabilità del raid di marzo ha subito elogiato l'attacco in Daghestan, dicendo che è stato condotto da "fratelli del Caucaso che hanno dimostrato di essere ancora forti".

Analisti dell’area, con sede in USA, hanno da subito sostenuto che dietro l'attacco c'era probabilmente il ramo del gruppo Stato islamico nel Caucaso settentrionale, descrivendo l’attacco come "complesso e coordinato" nella sua messa in atto.

Il governatore del Daghestan Sergei Melikov ha accusato gli attentatori di essere membri delle "cellule dormienti" islamiche dirette dall'estero, ma non ha ancora fornito ulteriori dettagli. In una dichiarazione video ha affermato che gli aggressori miravano a "seminare panico e paura" e ha tentato di collegare l'attacco l’aggressione di Mosca in Ucraina, ma non ha, al momento, fornito le prove di tale assunto.

Il presidente Vladimir Putin aveva attribuito la responsabilità dell’attacco di marzo all’Ucraina, e questo nonostante la rivendicazione da parte dei terroristi dello Stato islamico. Kiev aveva da subito negato con decisione qualsiasi coinvolgimento, ma il dubbio del coinvolgimento ucraino o dei servizi segreti occidentali è rimasto nella popolazione russa aumentando verosimilmente il consenso verso “l’operazione speciale” (così chiama l’invasione la Russia).

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha detto che in governo di Mosca dopo aver ricevuto il rapporto sugli attacchi di domenica sta facendo di tutto per aiutare le vittime mentre il comitato investigativo, la principale agenzia investigativa penale statale del paese, ha affermato che tutti e cinque gli aggressori sono stati neutralizzati. Da evidenziare che delle 19 persone rimaste uccise, 15 erano poliziotti intervenuti sul posto.

Tra i morti c’è anche il reverendo Nikolai Kotelnikov, un prete russo ortodosso di 66 anni, assassinato in una chiesa di Derbent. Gli aggressori lo hanno brutalmente ucciso prima di appiccare il fuoco alla chiesa, secondo Shamil Khadulayev, vicecapo dell'organismo pubblico di controllo locale l'attacco è avvenuto mentre i fedeli ortodossi celebravano la Pentecoste,

Anche la sinagoga Kele-Numaz di Derbent è stata data alle fiamme.

Poco dopo gli attacchi a Derbent, i militanti hanno sparato contro un posto di polizia a Makhachkala e avrebbero attaccato una chiesa ortodossa russa e un’altra sinagoga prima di essere raggiunti e neutralizzati dalle forze speciali. Nonostante questo intervento risulterebbe (fonte autorità mediche del Daghestan) che 16 persone, tra cui 13 poliziotti, sono state ricoverate in ospedale con ferite e con quattro agenti sono tuttora in gravi condizioni.

Secondo fonti di stampa russe tra gli aggressori figurano i due figli e un nipote di Magomed Omarov del partito Russia Unita, in Daghestan. Omarov è stato immediatamente arrestato dalla polizia per un interrogatorio e Russia Unita lo avrebbe immediatamente espulso.

Agli inizi degli anni 2000, il Daghestan è stato teatro di attacchi contro la polizia e altre autorità, attribuiti agli estremisti islamici (molti residenti nella regione) che dopo la creazione del gruppo Stato Islamico, si sono uniti ad esso in Siria e Iraq. La violenza in Daghestan si era attenuata negli ultimi anni, ma a segno che i sentimenti estremisti sono ancora forti nella regione, un gruppo di persone aveva violentemente protestato in un aeroporto in ottobre, prendendo di mira un volo proveniente da Israele. Più di 20 persone – nessuna delle quali israeliane – erano rimaste ferite quando chi protestava contro Israele, alcuni dei quali portavano striscioni con slogan antisemiti, si sono precipitati nell’area aeroportuale, hanno inseguito i passeggeri minacciando la loro incolumità e lanciato pietre contro la polizia.

La protesta dell'aeroporto aveva, in quel frangente, messo in discussione la narrativa del Cremlino secondo cui i gruppi etnici e religiosi coesistono in armonia in Russia o quantomeno, in quella regione.

Dopo l'attacco alla sala concerti di Mosca di marzo, la massima agenzia di sicurezza russa ha riferito di aver sgominato quella che ha definito una "cellula terroristica" nel sud della Russia e di aver arrestato quattro dei suoi membri che avevano fornito armi e denaro ai sospetti aggressori a Mosca e va osservato che la risposta delle autorità all'attacco di domenica parrebbe sia stata significativamente più intensa di quanto visto in passato, ma ancora carente, soprattutto in termini di tempi di intervento.

Le forze dell’ordine locali sono state sicuramente colte di sorpresa da questo attacco e quello avvenendo dimostra che c’è ancora una certa disconnessione tra la capacità antiterrorismo russa e la capacità dei terroristi islamici all'interno della Russia.

Oggi alcuni analisti stanno sostenendo che il terrorismo islamico tutto interno alla Russia e gli attacchi ucraini in territorio russo abbiano il comune obiettivo di sgretolare l’apparente e, per ora granitico, consenso a Putin da parte del popolo russo.

La speranza di molti in occidente è che siano gli stessi russi a agire per il “via Putin - fine della guerra” ma le stragi terroristiche nei luoghi di culto potrebbero avere un effetto opposto e aumentare il consenso interno al presidente russo.

Foto: Cremlino