All’indomani del fallito colpo di Stato, avvenuto il 15 luglio 2016, durato una manciata di ore1, le autorità di Ankara hanno proclamato lo stato d’emergenza e, di conseguenza, il rappresentante turco consegnava una nota verbale2 al Consiglio d’Europa, in cui si annunciava la sospensione della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali del 1950 (denominata CEDU). Una nota verbale è stata inviata anche alle Nazioni Unite in materia di deroghe dal Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici del 1966 dal rappresentante permanente della Turchia, l’ambasciatore Y.Halit Çevik3.
La nota verbale formale del governo turco è stata preceduta dalle attese ampiamente riportate4, alimentato anche da un comunicato stampa del Consiglio d’Europa5, che stava avviando la sospensione della CEDU – presumibilmente nel suo insieme – e, cosa molto interessante, seguita da una comunicazione del Consiglio Europeo del 25 luglio che sembra minimizzare la gravità della deroga.
La deroga è consentita dal dettame dell’articolo 15 della CEDU6, che non dà carta bianca rispetto alle misure emergenziali7, come pure dall’articolo 4 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici8, quando uno Stato si trovi ad affrontare una situazione di emergenza pubblica che pone in pericolo la sicurezza interna dello Stato e, ufficialmente, applica lo stato di emergenza. Un colpo di stato militare, che non ha avuto il suo proseguo, prima facie, potrebbe qualificarsi come una situazione seria e sufficiente che può essere affrontato attraverso la dichiarazione dello stato di emergenza nel processo di ripristino della normalità9.
Supponiamo che la decisione turca di sospendere o sottrarsi da alcune norme della CEDU diventi concreta, data la sua ammissibilità, si cercherà, allora, di comprendere i limiti che uno Stato si trova ad affrontare in base alle norme dei diritti umani quando lecitamente derogabile. Difatti, il segretario generale del Consiglio d’Europa Thorbjørn Jagland, parafrasando questi vincoli in una sua dichiarazione10, prendendo atto di aver ricevuto la nota verbale della Turchia, ha voluto evidenziare come la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sia stata chiara nel ribadire che ogni deroga deve essere proporzionata alla situazione e in alcuna circostanza uno Stato possa derogare da alcuni fondamentali articoli, come l’articolo 2 che concerne il diritto alla vita di ogni persona che è protetto dalla legge e che nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena; l’articolo 3 che riguarda il divieto della tortura secondo cui nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti; e, infine l’articolo 7 nulla poena sine lege, dove nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale e, parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso.
Il testo attuale dell’articolo 15 della CEDU contiene qualche complicazione, in quanto richiede che le misure di deroga non siano consentite che nella misura circoscritta in base all’esigenza della situazione e non in contrasto con altri vincoli determinati dal diritto internazionale e si menziona anche il divieto contro la schiavitù e servitù tra quelli assoluti, cioè diritti inderogabili11. Il riferimento della dicitura alle esigenze della situazione viene intesa per racchiudere i parametri della necessità e proporzionalità, come è stato elaborato ai sensi dell’articolo 4 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici da parte del Comitato sui diritti umani nella sua osservazione generale12.
L’elenco contenuto nella CEDU e nel Patto del 1966, che concernono i diritti non derogabili, nel senso che non sono oggetto di sospensione, si riflettono abbastanza nell’articolo 15, paragrafo 2 della Costituzione dello Stato turco. In base a questa disposizione della Carta costituzionale turca, si evince che anche nelle circostanze di cui al primo comma13, il diritto individuale alla vita, e l'integrità della sua entità materiale e spirituale sono inviolabili, tranne dove la morte avviene attraverso atto legittimo di guerra e l'esecuzione delle condanne a morte, nessuno può essere costretto a rivelare la propria religione, di coscienza, pensiero o di opinione, né essere accusati a causa di essi; reati e delle sanzioni non può essere retroattiva, o chiunque può essere condannato fino a tanto, accertato con una sentenza del tribunale.
Gran parte dell’immediata attenzione e preoccupazione della comunità internazionale si è concentrata sui segnali da parte del regime di Erdogan in base alla quale la Turchia sia intenzionata a ripristina la pena capitale14. Senza dover accantonare queste preoccupazioni, è d’uopo constatare che lo stato di emergenza, voluto da Erdogan, o la nota verbale della CEDU non può essere usata per giustificare sul piano giuridico la pena capitale. Vi sono una serie di profonde ragioni perché la pena capitale appia del tutto esclusa, almeno sul piano giuridico.
In primis, nel 2004 il già citato articolo 15, paragrafo 2, della Carta costituzionale turca15, fu emendato in modo tale che il riferimento alla pena capitale sia stato in modo potenziale lecito durante lo stato di emergenza fu cancellato dalla disposizione. Ergo, la pena capitale è stata abolita dalla Costituzione in modo da rendere l’abolizione inderogabile durante lo stato di emergenza.
In secundis, la stessa Turchia si è impegnata, sul piano internazionale, ad abolire la pena capitale sia in tempo di pace sia in tempo di guerra, attraverso la ratifica senza alcuna riserva del Protocollo 6, concernente l’abolizione della pena di morte, ratificato dalla stessa Turchia il 1 dicembre del 2003, a dimostrazione del fatto che tale abolizione in periodo di pace formava ormai parte dei principi dell’ordinamento giuridico nazionale16, e del Protocollo 13, relativo all’abolizione della pena di morte in tutte le circostanze della CEDU17, come pure il secondo Protocollo opzionale del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici volto ad abolire la pena capitale18. Tutti questi strumenti internazionali sono in modo netto non derogabili.
In tertiis, l’ancor più drastica misura di rifarsi ai tre protocolli di cui sopra sembrano anche da escludere, per la ragione che nessuno di questi protocolli citati contiene una clausola di ritiro. I protocolli 6 e 13 sono ormai trasfusi ovvero sono divenuti parte integrale della CEDU e ora incide sull’interpretazione degli obblighi dello Stato in base al diritto non derogabile al diritto alla vita di ciascuna persona che deve essere garantita dalla legge19. Denunciando i Protocolli 6 e 13 della CEDU, si attiverebbe con molta probabilità una risposta da parte della Corte di Strasburgo (la c.d. Corte EDU) che, mediante l’aver accettato dei Protocolli che concernono, per l’appunto, l’abolizione della pena capitale, gli Stati membri del Consiglio d’Europa hanno concretamente modificato la CEDU nel senso che gli articoli 2 e 3 inderogabili su loro inibiscono la pena capitale.
Si fa riferimento alla dichiarazione obiter dictum reperibile nel caso Öcalan c. Turchia, Sentenza del 12 marzo 2003/Ricorso n.°46221/99, in cui la Grande Camera, nel paragrafo 163, cita in segno di approvazione la precedente sentenza della Camera in un momento in cui la Turchia non aveva ancora ratificato i due Protocolli citati in precedenza20.
Sullo stesso punto, ancora, è d’uopo menzionare che l’articolo 6 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici che concerne, per l’appunto, il diritto alla vita, viene interpretato come il creare o la creazione di un impedimento inderogabile all’introduzione della pena capitale neri confronti degli Stati che l’hanno abolita. E come il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici non ha nessuna disposizione di recesso, esiste un riconoscimento universale della posizione da parte del Comitato per i diritti umani nelle osservazioni generali come reazione alla presunta denuncia della Corea del Nord del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, che il Patto non può essere denunciato21. Conseguentemente, persino l’iter procedurale di denunciare la CEDU nel suo complesso e lasciando il Consiglio d’Europa non aiuterebbe; tuttavia la Turchia è ancora vincolata al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici e al secondo Protocollo aggiuntivo.
In quartis, come considerazione maggiormente prammatica è d’uopo riportare alla mente che gli articoli 15 e 7 della CEDU, come pure gli articoli 4 e 15 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici – che resterebbe in piedi anche se la Turchia abbia sospeso la CEDU – e l’articolo 15 della Costituzione turca inibiscono ogni applicazione retroattiva di diritto penale anche nel periodo dello stato d’emergenza. Quello che la Turchia sta facendo cioè a dire l’introduzione della pena capitale, non giustificherebbe l’applicazione della pena di morte nei riguardi dei cospiratori del fallito colpo di stato del 15 luglio 2016.
Per tutto quanto riportato in precedenza, avverto che il rischio dell’introduzione della pena capitale possa essere considerato il problema prioritario, in cui la stessa comunità internazionale dovrebbe per lo meno rivolgere la massima attenzione circa le deroghe della Turchia, dai trattati che concernono per l’appunto i diritti della persona umana. Ciò che si può attendere in Turchia è uno tsunami di misure restrittive, che sono state già avviate dal presidente Erdogan, che vanno oltre quelle che vengono viste come limitazioni consentite ai diritti dell’uomo e può pertanto giustificarsi come deroghe durante lo stato di emergenza. Stanno forse per compromettere una serie dei diritti contenuti nella CEDU e nel Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, che non rientrano nel quadro dei diritti non derogabili. Le norme più probabili che possono divenire oggetto di deroghe sono: A) L’articolo 5 della CEDU, concernente il diritto alla libertà e alla sicurezza, e l’articolo 9 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, in cui il governo ha già annunciato l'estensione della detenzione senza accuse fino a 30 giorni. Non è impensabile che si cercherebbe di creare una categoria di detenzione di sicurezza – conosciuta come detenzione preventiva – che non rientrano nell’elenco esaustivo dei motivi consentiti per detenzione elencati nell’articolo 5, paragrafo 122. Il diritto a un esame giudiziario di ogni forma detentiva – ci si riferisce all’articolo 5, paragrafo 4, della CEDU, in base al quale ogni persona privata della libertà mediante arresto o detenzione ha il diritto di presentare un ricorso a un tribunale, affinché decida entro breve termine sulla legittimità della sua detenzione e ne ordini la scarcerazione se la detenzione è illegittima, e all’articolo 9, paragrafo 4, del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, secondo cui chiunque sia privato della propria libertà per arresto o detenzione ha diritto a ricorrere ad un tribunale, affinché questo possa decidere senza indugio sulla legalità della sua detenzione e, nel caso questa risulti illegale, possa ordinare il suo rilascio – si intende come inderogabile, ma che non esclude la possibilità dell’applicazione della detenzione di sicurezza o di adeguamento nelle modalità di revisione del tribunale. B) L’articolo 6 della CEDU si occupa del diritto ad avere un equo processo, come pure l’articolo 14 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici che sottolinea la necessità che ogni individuo ha diritto ad un’equa e pubblica udienza dinanzi a un tribunale competente, indipendente e imparziale. In questo caso, la Turchia può introdurre delle modifiche nel funzionamento del suo sistema giudiziario, persino limitando l’accesso alla giustizia, con l’introduzione di tribunali speciali o, addirittura, corti militari. La presunzione di innocenza, la parità di armi, il requisito che le condanne penali possano essere rilasciate solo da un tribunale, e le varie dimensioni del requisito di legalità, tra cui l’inibizione dell’applicazione retroattiva del diritto penale, devono pertanto restare protette come dimensione inderogabile al diritto di un giusto processo. C) L’articolo 8, inerente il diritto al rispetto della vita privata e familiare, come pure l’articolo 10 sulla libertà di espressione e l’articolo 11 circa la libertà di riunione e di associazione, della CEDU, come pure gli articoli 17, 19, 21, 22 e 23 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, possono diventare oggetto di misure che derogano ai requisiti imposti agli Stati in periodi normali.
Stiamo già assistendo o aspettarci misure di ricerca e di sequestro, le intercettazioni di comunicazioni, l’oscuramento di alcuni social media, la chiusura o il controllo di alcune emittenti televisive e radiofoniche, lo scioglimento di alcune associazioni o divieti di manifestare o di incontri pubblici, sino alla chiusura delle accademie militari. Per il funzionamento della società civile e per la democrazia turca, queste deroghe possono portare ad una forte preoccupazione. Credo che sia fondamentale restare consapevoli del fatto che la deroga dai trattati che concernono i diritti della persona umana non comporti la sospensione dei diritti fondamentali dell’essere umano, ma meramente un ulteriore livello di restrizioni, giustificato come necessari dai dettagli dell’emergenza che pone sotto forma di minaccia l’esistenza della nazione e sempre vincolato dall’esigenze della situazione e il requisito della proporzionalità.
Si pensi all’articolo 2 del Protocollo n.4 alla CEDU che riconosce certi diritti e libertà, come ad esempio quella di libera circolazione23, come pure l’articolo 12 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, in cui si enuncia che ogni individuo che si trovi legalmente nel territorio di uno Stato ha diritto alla libertà di movimento e alla libertà di scelta della residenza in quel territorio. Questi ultimi due articoli di due diversi trattati indicano che si tratterebbe probabilmente di un altro concorrente per le misure in deroga dai diritti della persona. Le misure in questione possono includere il coprifuoco, l’introduzione di posti di blocco, il domicilio assegnato come alternativa alla sicurezza detentiva. Lo spostamento forzato di gruppi di individui, come accade, ad esempio, con i curdi, verrebbe considerato come una linea rossa inderogabile che lo stato di emergenza non giustifica di traversata.
È problematico ma non senza precedente che il contenuto della nota verbale del governo turco sia privo di dettagli relativi alle presenti deroghe contenute nella CEDU. Non menziona neppure quali debbano essere gli articoli oggetto di deroga. Si afferma, al contrario, semplicemente che le misure adottate possono coinvolgere la deroga ai vincoli ai sensi della CEDU. Un purista potrebbe concludere non si è nemmeno sospesa dalla CEDU, ma ha solo espresso il desiderio di farlo più avanti. Sfortunatamente, la frase citata nella nota verbale della Turchia è parola per parola un copia e incolla della dichiarazione contenuta in una nota verbale24 del rappresentante permanente della Francia alle Nazioni Unite, depositata presso il Segretariato Generale il 24 novembre 2015, dopo gli attentati terroristici a Parigi il 13 novembre 2015. Soprattutto, la nota verbale francese ai sensi del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici era più consona, quanto almeno indicato quali articoli devono essere soggetti a deroghe.
Talune di queste misure, prescritte dai decreti del 14 e 18 novembre 2015 e dalla legge 20 novembre dello stesso anno25, possono richiedere una deroga dai vincoli del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici con riferimento agli articoli 926, 1227 e 1728.
Come ho già avuto modo di ricordare in precedenza, una novità si è affacciata il 25 luglio di quest’anno, nel momento in cui le autorità turche hanno presentato al Consiglio d’Europa una seconda nota verbale che fornisce parzialmente la legittimazione accettata da tutti i partiti a sostegno della decisione sullo stato di emergenza adottato dal presidente turco Erdogan e in parte offre un’interpretazione restrittiva di ciò che le deroghe della CEDU possono comportare. La dichiarazione include, inoltre, la seguente garanzia: come è statuito nella CEDU, una deroga non costituisce una sospensione dei diritti, ma conduce a talune limitazioni all’esercizio di alcuni diritti nella misura strettamente richiesto da particolari esigenze29.
Nei prossimi anni, sarà un arduo compito dei tribunali turchi e della Corte EDU, come pure della Commissione dei Diritti Umani, esaminare e valutare se i vari sviamenti da parte della Turchia dalla CEDU e dal Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici potranno essere reputati dal governo stesso come deroghe durante il periodo dello stato di emergenza, se esse siano lecite o costituiscano violazioni del diritto internazionale.
1 M. GUIDI, Il golpe fallito aiuta Erdogan a diventare sultano, postato il 18 luglio 2016, nella seguente pagina: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=3548; M. CASTELLANETA, Turchia: così Erdogan sep-pellisce i diritti umani, 27 luglio 2016, in http://www.marinacastellaneta.it/blog/turchia-cosi-erdogan-seppellisce-i-diritti-umani-unione-europea-inerte.html.
2 La nota verbale è sul sito istituzionale del Consiglio d’Europa JJ8187C Tr./005-191 del 22 luglio 2016, in https://wcd.coe.int/com.instranet.InstraServlet?command=com.instranet.CmdBlobGet&InstranetImage=2929966&SecMode=1&DocId=2380676&Usage=2.
3 La nota verbale è consultabile su https://treaties.un.org/doc/Publication/CN/2016/CN.580.2016-Eng.pdf.
4 A. WITHNALL, Turkey suspends European Convention on Human Rights in wake of attempted coup, 21 luglio 2016, in, http://www.independent.co.uk/news/world/europe/turkey-coup-attempt-human-rights-president-erdogan-purge-turkish-military-a7148166.html.
5 Comunicato stampa del Consiglio Europeo del 21 luglio 2016 (DC132(2016)), consultabile nel seguente sito: https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?p=&id=2436775&Site=DC&BackColorInternet=F5CA75&BackColorIntranet=F5CA75&BackColorLogged=A9BACE&direct=true.
6 1. In caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, ogni Alta Parte contraente può adottare delle misure in deroga agli obblighi previsti dalla presente Convenzione, nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in conflitto con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale. 2. La disposizione precedente non autorizza alcuna deroga all’articolo 2, salvo il caso di decesso causato da legittimi atti di guerra, e agli articoli 3, 4 § 1 e 7. 3. Ogni Alta Parte contraente che eserciti tale diritto di deroga tiene informato nel modo più completo il Segretario generale del Consiglio d’Europa sulle misure prese e sui motivi che le hanno determinate. Deve ugualmente informare il Segretario generale del Consiglio d’Europa della data in cui queste misure cessano d’essere in vigore e in cui le disposizioni della Convenzione riacquistano piena applicazione.
7 E. SOMMARIO, Erdoğan alla prova dei diritti umani, postato il 26 luglio 2016, nella seguente pagina: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=3560.
8 1. In caso di pericolo pubblico eccezionale, che minacci l’esistenza della nazione e venga proclamato con atto ufficiale, gli Stati parti del presente Patto possono prendere misure le quali deroghino agli obblighi imposti dal presente Patto, nei limiti in cui la situazione strettamente lo esiga, e purché tali misure non siano incompatibili con gli altri obblighi imposti agli Stati medesimi dal diritto internazionale e non comportino una discriminazione fondata unicamente sulla razza, sul colore, sul sesso, sulla lingua, sulla religione o sull’origine sociale. 2. La suddetta disposizione non autorizza alcuna deroga agli articoli 6, 7, 8 (par. 1e 2), 11, 15, 16 e 18. 3. Ogni Stato parte del presente Patto che si avvalga del diritto di deroga deve informare immediatamente, tramite il Segretario generale delle Nazioni Unite, gli altri Stati parti del presente Patto sia delle disposizioni alle quali ha derogato sia dei motivi che hanno provocato la deroga. Una nuova comunicazione deve essere fatta, per lo stesso tramite, alla data in cui la deroga medesima viene fatta cessare.
9 Per un attenta analisi si veda L. ZAGATO, L’eccezione per motivi di Emergenza nel diritto internazionale dei diritti umani, in DEP, 2006. p.137 ss.; A. CUCCO, La sospensione della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo da parte della Turchia: scelta lecita, a livello giuridico?, postato il 1° agosto 2016, in: http://www.difesaonline.it/evidenza/interviste/la-sospensione-della-convenzione-europea-dei-diritti-delluomo-da-parte-della.
10 Dichiarazione del Segretario Generale Thorbjørn Jagland del Consiglio d’Europa consultabile nella seguente pagina: http://www.coe.int/en/web/portal/-/turkey-protecting-democracy-and-human-rights.
11 Nessuno può essere tenuto in condizione di schiavitù o di servitù (articolo 4, paragrafo 1 della CEDU).
12 Osservazione generale circa l’articolo 4 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici del 31 agosto 2001, CCPR/C/21/Rev.1/Add.11, reperibile nella seguente pagina dell’Alto Commissariato per i Rifugiati (vedi).
13 In tempi di guerra, la mobilitazione, la legge marziale, o lo stato di emergenza, l'esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali può essere parzialmente o totalmente sospesi, o misure possono essere adottate, nella misura richiesta dalle esigenze della situazione, che derogare le garanzie sancito dalla Costituzione, a condizione che gli obblighi di diritto internazionale, non siano stati violati (articolo 15, paragrafo 1, della Costituzione turca).
14 La pena di morte è stata abolita completamente in Turchia grazie a un complesso di emendamenti costituzionali e legislativi. Le modifiche apportate alla Costituzione il 7 maggio 2004 hanno cancellato ogni riferimento alla pena di morte in essa presente. Inoltre, con le modifiche di legge approvate il 21 luglio 2004, la pena capitale è stata abolita per tutte le circostanze.
15 Anche nelle circostanze di cui al primo comma, il diritto individuale alla vita, e l'integrità della sua entità materiale e spirituale sono inviolabili, tranne dove la morte avviene attraverso atto legittimo di guerra e l'esecuzione delle condanne a morte, nessuno può essere costretto a rivelare la propria religione, di coscienza, pensiero o di opinione, né essere accusati a causa di essi; reati e delle sanzioni non può essere retroattiva, o chiunque può essere condannato fino a tanto, accertato con una sentenza del tribunale (articolo 15, paragrafo 2, della Costituzione turca).
16 C. RUSSO, P. M. QUAINI, La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e la giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Giuffrè, Milano, 2006, p.115 ss.;
17 Il 1° Luglio 2003 entra in vigore il Protocollo n°13 alla Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo che mette al bando la pena di morte in ogni circostanza, compresi i crimini commessi in tempo di guerra o di imminente pericolo di guerra.
18 F. CHERUBINI, L’Asilo dalla Convenzione di Ginevra al diritto dell’Unione Europea, Cacucci, Bari, 2012, p.115 ss.; U. VILLANI, Dalla Dichiarazione universale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Cacucci, Bari, 2016.
19 L’articolo 2, paragrafo 1, della CEDU dispone che “(…)Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena”.
20 Il est tout à fait possible de considérer que cette franche tendance traduit à présent un accord des Etats contractants pour abroger, ou du moins modifier, la deuxième phrase de l’article 2 § 1, particulièrement lorsque l’on tient compte du fait que tous les Etats contractants ont déjà signé le Protocole no 6 et que quarante et un d’entre eux l’ont ratifié. On peut se demander s’il est nécessaire d’attendre la ratification du Protocole no 6 par les trois Etats membres restants pour conclure que l’exception relative à la peine de mort prévue à l’article 2 § 1 a été substantiellement modifiée. Eu égard à la convergence de tous ces éléments, on peut dire que la peine de mort en temps de paix en est venue à être considérée comme une forme de sanction inacceptable, (...) qui n’est plus autorisée par l’article 2.» (paragrafo 163 della sentenza consultabile in: http://www.echr.coe.int/Documents/Reports_Recueil_2005-IV.pdf). Come pure si veda la Sentenza del 12 marzo 2003/Ricorso n.46221/99, in http://www.dirittiuomo.it/sites/default/files/ocalanitaliano.pdf. Cfr. P. MAZZESCHI, Il caso Öcalan – A) Profili di Diritto internazionale, in Diritto Penale e Processo, 1999, p.364 ss.
21 Observations générales adoptées par le comite des droits de l'homme au titre du paragraphe 4 de l'article 40 du pacte international relatif aux droits civils et politiques, in CCPR/C/21/Rev.1/Add.8/Rev.1, 8 dicembre 1997.
22 Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, se non nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge: (a) se è detenuto regolarmente in seguito a condanna da parte di un tribunale competente; (b) se si trova in regolare stato di arresto o di detenzione per violazione di un provvedimento emesso, conformemente alla legge, da un tribunale o allo scopo di garantire l’esecuzione di un obbligo prescritto dalla legge; (c) se è stato arrestato o detenuto per essere tradotto dinanzi all’autorità giudiziaria competente, quando vi sono motivi plausibili di sospettare che egli abbia commesso un reato o vi sono motivi fondati di ritenere che sia necessario impedirgli di commettere un reato o di darsi alla fuga dopo averlo commesso; (d) se si tratta della detenzione regolare di un minore decisa allo scopo di sorvegliare la sua educazione oppure della sua detenzione regolare al fine di tradurlo dinanzi all’autorità competente; (e) se si tratta della detenzione regolare di una persona suscettibile di propagare una malattia contagiosa, di un alienato, di un alcolizzato, di un tossicomane o di un vagabondo; (f) se si tratta dell’arresto o della detenzione regolari di una persona per impedirle di entrare illegalmente nel territorio, oppure di una persona contro la quale è in corso un procedimento d’espulsione o d’estradizione.
23 1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di uno Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di fissarvi liberamente la sua residenza. 2. Ognuno è libero di lasciare qualsiasi Paese, compreso il proprio. 3. L’esercizio di tali diritti non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono previste dalla legge e che costituiscono, in una società democratica, misure necessarie alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al mantenimento dell’ordine pubblico, alla prevenzione delle infrazioni penali, alla protezione della salute o della morale o alla protezione dei diritti e libertà altrui. 4. I diritti riconosciuti al paragrafo 1 possono anche, in alcune zone determinate, essere oggetto di restrizioni previste dalla legge e giustificate dall’interesse pubblico in una società democratica.
24 La nota verbale della rappresentanza francese presso le Nazioni Unite è consultabile sulla seguente pagina: http://www.un.org/Docs/journal/En/lateste.pdf.
25 G. PACCIONE, Riforma costituzionale francese nel rispetto del diritto internazionale circa l’uso della forza contro l’ISIS, 20/11/2015, in http://formiche.net/2015/11/20/riforma-costituzionale-francese-nel-rispetto-del-diritto-internazionale-circa-luso-della-forza-contro-lisis/.
26 1. Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza della propria persona. Nessuno può essere arbitrariamente arrestato o detenuto. Nessuno può essere privato della propria libertà, se non per i motivi e secondo la procedura previsti dalla legge. 2. Chiunque sia arrestato deve essere informato, al momento del suo arresto, dei motivi dell’arresto medesimo, e deve al più presto aver notizia di qualsiasi accusa contro di lui. 3. Chiunque sia arrestato o detenuto in base ad un’accusa di carattere penale deve essere tradotto al più presto dinanzi a un giudice o ad altra autorità competente per legge ad esercitare funzioni giudiziarie, e ha diritto ad essere giudicato entro un termine ragionevole, o rilasciato. La detenzione delle persone in attesa di giudizio non deve costituire la regola, ma il loro rilascio può essere subordinato a garanzie che assicurino la comparizione dell’accusato sia ai fini dei giudizio, in ogni altra fase del processo, sia eventualmente, ai fini della esecuzione della sentenza. 4. Chiunque sia privato della propria libertà per arresto o detenzione ha diritto a ricorrere ad un tribunale, affinché questo possa decidere senza indugio sulla legalità della sua detenzione e, nel caso questa risulti illegale, possa ordinare il suo rilascio. 5. Chiunque sia stato vittima di arresto o detenzione illegali ha diritto a un indennizzo.
27 1. Ogni individuo che si trovi legalmente nel territorio di uno Stato ha diritto alla libertà di movimento e alla libertà di scelta della residenza in quel territorio. 2. Ogni individuo è libero di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio. 3. I suddetti diritti non possono essere sottoposti ad alcuna restrizione, tranne quelle che siano previste dalla legge, siano necessarie per proteggere la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, la sanità o la moralità pubbliche, ovvero gli altrui diritti e libertà, e siano compatibili con gli altri diritti riconosciuti dal presente Patto. 4. Nessuno può essere arbitrariamente privato del diritto di entrare nel proprio Paese.
28 1. Nessuno può essere sottoposto ad interferenze arbitrarie o illegittime nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa o nella sua corrispondenza, né a illegittime offese al suo onore e alla sua reputazione. 2. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze od offese.
29 Notifica di comunicazione, consultabile sia in lingua francese, sia in lingua inglese nella pagina: https://wcd.coe.int/com.instranet.InstraServlet?command=com.instranet.CmdBlobGet&InstranetImage=2930083&SecMode=1&DocId=2380796&Usage=2; Cfr. M. E. SALERNO, In the fight against terrorism, does Article 15 of the ECHR constitute an effective limitation to states’ power to derogate from their human rights obligations?, in http://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2016/04/Scarica-il-contributo.pdf, 2016; B. BAGLAYAN, Turkey declares state of emergency and derogates from ECHR after failed coup d’état, 08 agosto 2016, in http://leidenlawblog.nl/articles/turkey-declares-state-of-emergency-and-derogates-from-echr-after-failed-cou?platform=hootsuite.
(foto: presidenza turca)