Sulla definizione del terrorismo internazionale si è dibattuto molto all'interno delle Nazioni Unite e notevoli divergenze sono emerse sulla distinzione tra gli atti terroristici e gli atti compiuti dai freedom fighters nell'ambito delle lotte per l'autodeterminazione dei popoli. Queste hanno determinato l'impossibilità di prevedere un unico ed universale pacchetto di strumenti giuridici idonei a prevenire e reprimere il terrorismo. Negli ultimi tempi si è registrata una tendenza inversa caratterizzata dalla collaborazione generale per fornire una risposta compatta al dilagare del terrorismo islamico.
In ordine al fenomeno terrorista da un lato sono state predisposte convenzioni avente carattere universale che disciplinano però singoli reati tradizionalmente associati al terrorismo internazionale tralasciandone il dato generale, dall'altro sono state stipulate convenzioni aventi carattere regionale che, pur prevedendo una definizione generale del terrorismo, sono limitate nella loro efficacia. In tutti questi testi normativi un elemento che ci interessa e che a breve esamineremo attiene al rapporto tra il terrorismo ed il principio di autodeterminazione dei popoli.
Dagli anni '60 ad oggi abbiamo assistito ad una regolazione delle condotte criminali terroriste attraverso la codificazione internazionale, in particolare attraverso le quattordici convenzioni sviluppate in ambito ONU. Prima di volerne fare cenno dobbiamo affermare come il carattere prettamente settoriale delle medesime altresì dimostrato dal fatto che gran parte di queste sono state concluse nell'ambito di istituti specializzati delle Nazioni Unite come l'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale (ICAO), l'Organizzazione marittima mondiale (IMO) e l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (IAEA). Un dato che differenzia le produzioni normative concluse nell'ambito degli istituti specializzati rispetto a quelle concluse all'interno delle Nazioni Unite risiede nel fatto che solamente le seconde si riferiscono espressamente al terrorismo internazionale e quindi solamente all'interno di queste ci si è posti il problema di distinguere gli atti terroristici da quelli compiuti dai freedom fighters.
Attualmente, come ci riferisce il Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite con sede in Bruxelles, gli Stati Membri stanno negoziando un progetto di Convenzione internazionale che integri il quadro degli strumenti antiterrorismo internazionali già esistenti e che si fondi sui principi guida fondamentali già statuiti nelle precedenti Convenzioni.
I primi tre testi normativi concernono tutti gli atti terroristici avvenuti in contesto aereo: la Convenzione di Tokyo del 14 settembre 1963 sui reati e sugli altri atti commessi a bordo di aeromobili, la Convenzione dell'Aja del 16 dicembre 1970 per la soppressione dei sequestri illeciti di aeromobile, e la Convenzione di Montreal del 23 settembre 1971 per la soppressione di atti illeciti contro la sicurezza dell'aviazione civile.
Con riferimento alla prima Convenzione (sugli aeromobili) essa trova applicazione nei confronti di tutti gli atti terroristici che minano la sicurezza in volo e conferisce al comandante dell'aeromobile l'autorità di prendere ragionevoli provvedimenti, comprese misure di contenzione, nei confronti di qualunque persona che a suo fondato parere abbia commesso - ossia in procinto di commettere - un atto contro la sicurezza aerea se ciò si rende necessario per salvaguardare la sicurezza dell'aeromobile e dei suoi passeggeri. Si dispone inoltre che gli Stati contraenti traggano in arresto gli autori del reato restituiscano il comando dell'aeromobile al legittimo comandante.
La seconda Convenzione (sui sequestri illeciti) stabilisce che commette reato colui il quale, a bordo di un aeromobile in volo, con l'utilizzo della forza o la minaccia di utilizzarla o con qualsiasi altra forma di intimidazione sequestra o esercita l'illegittimo controllo di quell'aeromobile o tenti di compiere tale atto. Viene poi previsto come gli Stati parte della Convenzione debbano punire i dirottamenti con pene severe non chiarendo però cosa questo significhi. Viene poi prevista la clausola dell'aut dedere aut judicare e che, in ogni caso, gli Stati si assistano reciprocamente in relazione ai procedimenti penali avviati ai sensi della Convenzione. Questa Convenzione è poi stata integrata da un Protocollo supplementare nel 2010: il risultato è stato l'ampliamento dell'ambito applicativo alle diverse forme di dirottamento aereo compreso quello avvenuto per mezzo di tecnologie moderne e sono state incluse le disposizioni della Convenzione di Pechino circa la minaccia al complotto di reato.
La terza Convenzione (sull'aviazione civile) ha previsto che costituisce reato il compiere in maniera illecita ed intenzionale un atto violento nei confronti di una persona a bordo di un aeromobile in volo se tale atto può costituire un pericolo alla sicurezza dell'aeromobile. Sono puoi stati previsti altri reati quali il posizionamento dell'ordigno esplosivo su un aeromobile, il tentativo di tale fatto-reato ed il concorso. I Paesi aderenti alla Convenzione dovranno punire questi reati con pene severe e, nuovamente, viene ribadita la clausola dell'aut dedere aut judicare.
Volendo rimanere all'interno del contesto aereo dobbiamo citare il Protocollo per la repressione di atti violenti illeciti negli aeroporti di aviazione civile internazionale, supplementare alla Convenzione per la soppressione di atti illeciti contro la sicurezza dell'aviazione civile, del 24 febbraio 1988 il quale estende le disposizioni della Convenzione di Montreal includendo gli atti terroristici negli aeroporti civili internazionali.
Concludiamo la parte relativa alle Convenzioni in ambito di aviazione citando la Convenzione di Pechino del 10 settembre 2010 per la repressione di atti illeciti contro l'aviazione civile internazionale, altresì nota come nuova Convenzione sull'aviazione civile.
Questo testo normativo condanna l'atto di servirsi di un aeromobile civile come strumento per provocare morte, lesioni ovvero danni; per trasportare o per scaricare armi biologiche, chimiche nucleari o sostanze simili con lo scopo di creare un'azione dannosa, dichiarando che la minaccia o l'atto di attacco, anche informatico ai sistemi di navigazione, dell'aeromobile sono reati e come tali debbono essere puniti.
Un'ulteriore categoria di atti considerati espressione del terrorismo internazionale disciplinato dal diritto convenzionale riguarda la sicurezza della navigazione marittima. All'uopo vengono in evidenza la Convenzione per la repressione degli atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima ed il Protocollo per la soppressione degli atti illeciti contro la sicurezza delle piattaforme fisse sulla piattaforma continentale entrambi firmati a Roma il 10 marzo 1988.
La Convenzione marittima stabilisce per gli atti contro la navigazione marittima internazionale un regime giuridico similare a quello già statuito per l'aviazione internazionale e prevede che commette reato colui il quale illecitamente e intenzionalmente si impossessa o esercita il controllo di una nave per mezzo della forza, di una minaccia o intimidazione; chi compie un atto violento nei confronti di una persona a bordo di una nave se quell'atto può costituire un pericolo alla sicurezza della navigazione; e colui quale posiziona bordo di una nave una sostanza un dispositivo di distruzione o che compie altri atti contro la sicurezza dei natanti. Su questa materia è intervenuto il Protocollo del 2005 novellando il quadro normativo e condannando l'utilizzo di una nave come mezzo per favorire un atto terroristico, il trasporto per mezzo di natanti di materiali destinati a provocare - o a minacciare di provocare - la morte, il ferimento grave ovvero un altro danno per promuovere un'azione terroristica, ed il trasporto di persone che abbiano commesso atti terroristici. Vengono puoi previste specifiche procedure per l'ispezione delle navi che si ritenga abbiano compiuto un'infrazione ai sensi della Convenzione.
Il Protocollo sulle piattaforme fisse stabilisce per gli atti contro le piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale un regime giuridico similare a quello stabilito per gli atti illeciti contro l'aviazione internazionale. Anche questo è stato novellato dal Protocollo del 2005 di cui sopra adeguando le modifiche alla Convenzione per la repressione di atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima al contesto delle piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale.
Nell'ambito dell'energia atomica segnaliamo la Convenzione sulla protezione fisica del materiale nucleare (Convenzione sui materiali nucleari) firmata a Vienna il 26 ottobre 1980. Essa condanna la detenzione, l'utilizzo e la cessione illecita ovvero il furto di materiali nucleari nonché la minaccia di utilizzare tali materiali per provocare la morte o il ferimento di altre persone ovvero danni sostanziali a beni. Sono stati poi previsti degli emendamenti alla Convenzione quali il vincolo legale degli Stati aderenti a proteggere gli impianti nonché i materiali nucleari nell'utilizzo interno pacifico, nello stoccaggio e nel trasporto, ed il vincolo di cooperazione tra gli Stati nell'ambito dei provvedimenti rapidi per localizzare e recuperare materiale nucleare rubato o trafugato, contenere le conseguenze radiologiche del sabotaggio e prevenire e combattere gli attacchi in questo ambito.
Le sette Convenzioni e Protocolli sino a qui esaminate sono state concluse nell'ambito degli Istituti specializzati delle Nazioni Unite. Esaminiamo ora le Convenzioni internazionali adottate in ambito ONU.
Le prime due, comunemente caratterizzate dall'essere delle Convenzioni regolanti settori ben specifici, sono la Convenzione di New York del 14 dicembre 1973 sulla prevenzione e repressione dei reati contro le persone internazionalmente protette, e la Convenzione di New York del 17 dicembre 1979 contro la presa di ostaggi.
La Convenzione sugli agenti diplomatici in primis definisce "persona internazionalmente protetta" un Capo di Stato, un Ministro degli esteri, un rappresentante ovvero ufficiale di uno Stato o di un'Organizzazione internazionale avente diritto ad una protezione speciale in uno Stato estero e la sua famiglia. Al contempo dispone che le parti condannino e rendano punibili con pene appropriate che tengano in considerazione la gravità della loro natura l'omicidio internazionale, il rapimento o altro attacco alla persona o alla libertà di una persona internazionalmente protetta, l'aggressione violenta al predetto ufficiale, alla sua abitazione privata o ai suoi mezzi di trasporto, la minaccia o il tentativo di commettere tale aggressione, nonché ogni atto che costituisca partecipazione come complice.
La Convenzione sugli ostaggi prevede che chi sequestra, detiene o minaccia di uccidere, ferire o continuare a detenere un'altra persona per obbligare una terza parte, ovvero uno Stato, un'Organizzazione internazionale intergovernativa, una persona fisica o giuridica o un gruppo di persone a fare o ad astenersi dal fare un qualunque atto come condizione esplicita o implicita per il rilascio dell'ostaggio commette il reato di presa di ostaggio ai sensi della Convenzione. Su entrambe questi complessi normativi si è sviluppata la questione dei movimenti di liberazione nazionale, in particolare, durante la predisposizione della Convenzione del 1973 alcuni Stati intendevano che la medesima non fosse applicabile ai movimenti di liberazione nazionale proponendo di inserire un articolo in base al quale “no provision of the present articles shall be applicable to peoples struggling against colonialism, alien domination, foreign occupation, racial discrimination and apartheid in the exercise of their legitimate rights to selfdetermination and independence”.
Se è vero che all'interno della Convenzione sugli agenti diplomatici nulla è stato previsto a riguardo è altrettanto vero che la risoluzione n. 3166/1973 adottata all'unanimità dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite rappresenta una soluzione di compromesso: “the provisions of the annexed Convention could not in any way prejudice the exercise of the legitimate right to self-determination and independence… by peoples struggling against colonialism, alien domination, foreign occupation, racial discrimination and apartheid”. Tale risoluzione trovò collocazione a seguito della Convenzione ed alcuni Stati espressero le proprie opinioni sul citato paragrafo 4 della risoluzione dichiarando che la medesima non poteva e non doveva essere considerata come base di legittimità per la commissione di crimini disciplinati all'interno della Convenzione in nessun caso, neppure il senno all'ossequio del principio di autodeterminazione. Altri Stati sostennero invece che la Convenzione adottata non doveva alimentare la morsa dei colonialismi e delle dominazioni estere.
Un chiaro esempio in tal senso è rappresentato dalla riserva apposta dallo Stato del Burundi secondo cui non avrebbe applicato le disposizioni relative all'obbligo degli Stati di prevedere pene adeguate per i reati disciplinati dalla Convenzione e di processare o estradare i presunti colpevoli di tali reati nell'ipotesi in cui tali atti fossero stati compiuti da un movimento di liberazione nazionale riconosciuto dal Burundi o da un'Organizzazione internazionale di cui il Burundi fosse membro in quanto questi fatti sarebbero stati azioni di lotta per la propria autodeterminazione.
Anche con riguardo alla Convenzione sugli ostaggi alcuni Stati sottolinearono come gli atti compiuti dai freedom fighters, in quanto differenti per definizione e per obiettivo da quelli compiuti dai terroristi, dovevano ritenersi esclusi dall'ambito di applicazione della Convenzione. Il delegato della Tanzania propose la previsione di una clausola espressa di non applicazione della Convenzione agli atti compiuti in un contesto di processo di liberazione nazionale contro i regimi coloniali, razzisti o stranieri, posti in essere dai movimenti di liberazione nazionale riconosciuti dalle Nazioni Unite o da Organizzazioni regionali. A ciò risposero contrariamente gli Stati occidentali, dell'avviso di non prevedere eccezioni alla Convenzione basate sulla causa politica della presa di ostaggi.
Il compromesso venne raggiunto grazie al delegato del Messico con l'introduzione dell'art. 12 in base al quale sono esclusi dall'ambito di applicazione della Convenzione i casi di cattura di ostaggi commessi durante i conflitti armati così come definiti dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 ed ai relativi Protocolli aggiuntivi del 1977 nei quali i popoli lottano contro il dominio coloniale, l'occupazione straniera o i regimi razzisti nell'esercizio del diritto dei popoli all'autodeterminazione così come sancito dalla Carta di San Francisco e dalla Dichiarazione relativa ai principi del diritto internazionale circa le relazioni amichevoli e la cooperazione tra gli Stati.
Le altre due Convenzioni che ci accingiamo ad esaminare si riferiscono al terrorismo in termini espliciti e generali, sono la Convenzione di New York del 15 dicembre 1997 per la repressione di attentati terroristici mediante esplosivi e la Convenzione di New York del 9 dicembre 1999 per la repressione del finanziamento del terrorismo.
La Convenzione sugli attentati terroristici mediante esplosivi crea un regime di giurisdizione universale per l'uso illecito ed internazionale di esplosivi o di altri congegni letali dentro o contro diversi luoghi pubblici nell'intento di uccidere ovvero provocare gravi lesioni fisiche o con l'intento di causare la distruzione del luogo pubblico. All'art. 19 sono poi escluse dall'ambito di applicazione della Convenzione le attività delle Forze Armate impegnate in un conflitto e quelle intraprese dalle medesime Forze dello Stato nell'esercizio delle proprie funzioni ufficiali nella misura in cui tali attività sono disciplinate da altre norme del diritto internazionale.
La Convenzione sul finanziamento al terrorismo impegna le parti a prevenire e contrastare il finanziamento del terrorismo sia esso diretto o indiretto attraverso gruppi che sostengono di avere fini caritatevoli, sociali o culturali, o che sono implicati in attività illecite come il traffico di stupefacenti o di armi. Si dispone altresì che gli Stati debbano ritenere penalmente, civilmente e amministrativamente responsabili i soggetti finanziatori. Si prevede poi l'identificazione, il congelamento ed il sequestro dei fondi destinati alle attività terroristiche così come la condivisione dei fondi con gli altri Stati: il segreto bancario non più una giustificazione sufficiente per il rifiuto alla collaborazione.
Un'ulteriore Convenzione che dobbiamo avere riguardo di esaminare in quella di Montreal del 1 marzo 1991 sul contrassegno degli esplosivi plastici ai fini del rilevamento. Essa, altresì nota come Convenzione sugli esplosivi plastici, si è posta quale obiettivo il controllo e la limitazione dell'uso degli esplosivi plastici non contrassegnati e non rintracciabili, testo negoziato a seguito dell'attentato al volo 103 della Pan Am World Airways del 1988. Gli Stati parte sono tenuti, oltre all'effettivo controllo degli esplosivi plastici non contrassegnati, a prendere le misure necessarie ed efficaci per vietare la produzione di tali mezzi bellici, prevenire la circolazione di essi all'interno ed all'esterno del proprio territorio nonché esercitare un rigido controllo sul possesso e sul trasferimento degli esplosivi non contrassegnati prodotti ed importati precedentemente all'entrata della Convenzione. Di tutte le giacenze ne è stata ordinata la distruzione o l'inertizzazione: per quelle non detenute da Forze militari o di polizia, in ossequio alla norma di diritto internazionale, entro tre anni, per quelli in dotazione alle Forze militari e di polizia entro 15 anni.
Concludiamo questa parte sul diritto internazionale convenzionale generale esaminando la Convenzione di New York del 14 settembre 2005 per la repressione di atti di terrorismo nucleare, altresì nota come Convenzione sul terrorismo nucleare. Essa contempla un'ampia gamma di atti e di possibili obiettivi compresi gli impianti di energia nucleare e di reattori nucleari. Viene stabilito che i criminali dovranno essere o processati o estradati e incoraggia gli Stati nella cooperazione per la prevenzione degli attacchi terroristici condividendo informazioni e assistendosi reciprocamente nell'ambito delle indagini criminali e delle procedure di estradizione.
Il diritto convenzionale sin qui esaminato ci consente di affermare che gli strumenti giuridici in tal senso predisposti si occupano di disciplinare ridotte fattispecie di reato e non il problema del terrorismo in maniera analitica. In alcune Convenzioni, addirittura, non c'è un esplicito riferimento al fine terroristico del reato ma rilevano le più generiche finalità. Esaminiamo ora il diritto convenzionale regionale, in particolar modo quello di nostro interesse, ossia quello dell'Unione Europea. Occorre acciò premettere come la convenzione regionale ritrovi un ambito di applicazione fisiologicamente ridotta rispetto al diritto internazionale.
Storicamente, la prima Convenzione adottata nell'ambito del Consiglio d'Europa è quella del 27 gennaio 1977 per la repressione del terrorismo. Ad essa si giunse al fine di rendere più facile l'estradizione dei presunti terroristi precludendo agli Stati membri dell'allora Comunità la possibilità di considerare i reati di terrorismo quali reati politici dunque non estradabili. E proprio qui stava un punto critico del testo normativo: l'art. 2 prevedeva infatti il potere e non l'obbligo di non considerare l'atto terroristico un reato politico ai fini dell'estradizione. La Convenzione prevedeva poi la sanzione di ogni atto di violenza diretto contro la vita, l'integrità o la libertà delle persone nonché qualsiasi altro grave atto contro i beni quando esso ponga in essere una pericolo collettivo per gli individui. Tale testo è poi stato novellato da un Protocollo di emendamento del 15 gennaio 2003.
Cronologicamente segue la Decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio dell'Unione Europea che, il 13 giugno 2002, introduce nel campo giuridico alcune importanti definizioni quali quella di reato terroristico: ogni atto internazionale definito reato in base al diritto nazionale che, per la sua natura o contesto, può arrecare grave danno ad un Paese o ad un'Organizzazione internazionale quando viene commesso al fine di intimidire gravemente la popolazione o costringere indebitamente i poteri pubblici o un'Organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere qualsiasi atto, ovvero destabilizza gravemente o distrugge le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche o sociali di uno Stato o di un'Organizzazione internazionale.
All'uopo l'art. 1 propone un elenco di tali atti preparati o commessi sul territorio dell'Unione Europea indipendentemente dal fatto che vengano poi ad essere realizzati in danno di Stati membri, di Paesi terzi ovvero di Organizzazioni internazionali: gli attentati alla vita di una persona che possono causarne il decesso; gli attentati gravi all'integrità fisica di un soggetto; il sequestro di persona e la cattura di ostaggi; le distruzioni di vasta portata di strutture governative o pubbliche, di sistemi di trasporto, di infrastrutture e di piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale ovvero di luoghi pubblici o di proprietà private che possono mettere a repentaglio vite umane o causare perdite economiche considerevoli; il sequestro di aeromobili o di navi o di altri mezzi di trasporto collettivo di passeggeri o di trasporto delle merci; la fabbricazione, la detenzione, l'acquisto, il trasporto, la fornitura e l'utilizzo di armi da fuoco, esplosivi, armi atomiche, biologiche o chimiche, nonché, con riferimento a queste ultime, la ricerca e lo sviluppo illegale; la diffusione di sostanze pericolose, il cagionare incendi, inondazioni o esplosioni il cui effetto metta in pericolo vite umane; la manomissione dell'interruzione della fornitura di acqua, energia ovvero altre risorse naturali fondamentali il cui effetto mette in pericolo vite umane; la semplice minaccia di realizzare una delle condotte di cui sopra in elenco.
L'art. 2 definisce poi l'organizzazione terroristica quale associazione strutturata di più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concentrato allo scopo di commettere reati terroristici. Il termine "associazione strutturata" denota un convivio che non viene costituito per caso fortuito per la commissione di un reato e che non necessariamente prevede una struttura articolata, ruoli formalmente definiti per i suoi membri e continuità dell'associazione medesima. Tale Decisione ha posto le basi e definito i parametri comuni della cooperazione in materia antiterroristica.
La vera data di inizio della strategia antiterrorismo dell'Unione Europea è il 2005. A far luogo da quel momento il Consiglio ha stabilito i quattro pilastri d'azione: la prevenzione, la protezione, il perseguimento e la risposta. Dato comune è che per tutti questi pilastri la strategia riconosce l'importanza della cooperazione con i Paesi terzi e le Istituzioni internazionali.
In relazione al primo pilastro una delle priorità è rappresentata dall'individuare e dall'affrontare quei fattori che contribuiscono alla radicalizzazione ed i processi mediante i quali i soggetti vengono reclutati per compiere atti terroristici. A tale fine il Consiglio ha adottato una strategia volta a combattere la radicalizzazione ed il reclutamento riveduta, alla luce delle moderne tecnologie prime tra tutte dei social media, nel giugno 2014.
Cerca il secondo pilastro punto nevralgico è la protezione dei cittadini e delle infrastrutture nonché la riduzione della vulnerabilità agli attacchi: ivi è dunque ricompresa la protezione delle frontiere esterne, il miglioramento della sicurezza dei trasporti, la protezione degli obiettivi strategici e la riduzione delle vulnerabilità delle infrastrutture critiche. Un esempio di lavoro in questo ambito da parte dell'Unione Europea è la normativa che disciplina l'utilizzo dei Passenger Name Record (PNR).
Il perseguimento è il pilastro percepito dalla maggior parte di noi come quello maggiormente importante. In esso si esprime l'intento di ostacolare le capacità di pianificazione ed organizzazione dei terroristi al fine di consegnarli alla giustizia. Per garantire questi obiettivi l'Unione Europea si è concentrata sul rafforzamento delle capacità nazionali, sui miglioramenti della collaborazione pratica e dello scambio di informazioni tra polizia ed autorità giudiziarie (si pensi ad Europol ed Eurojust), sul contrasto al finanziamento del terrorismo e sulla privazione ai terroristi dei mezzi per organizzare attacchi e comunicare.
L'ultimo pilastro è rappresentato dalla preparazione a gestire e minimizzare gli effetti degli attacchi terroristici. Le priorità in questo settore comprendono l'elaborazione di modalità europee di coordinamento per la gestione delle crisi, la revisione del meccanismo di protezione civile, lo sviluppo della valutazione dei rischi della condivisione di migliori pratiche sull'assistenza alle vittime del terrorismo.
Dopo gli attentati terroristici di Parigi del gennaio 2015 l'Unione Europea ha deciso di rafforzare la sua risposta e di accelerare l'attuazione delle misure concordate negli anni precedenti. Il 12 febbraio gli Stati membri hanno concordato la Dichiarazione di Riga per orientare i lavori dell'Unione nei mesi successivi chiedendo misure specifiche su tre settori di intervento: la garanzia della sicurezza dei cittadini, la prevenzione della radicalizzazione e la tutela dei valori, la cooperazione con i partner internazionali.
In ossequio alle linee espresse nella sessione del marzo 2015 si è convenuto di attuare dei controlli sistematici basati sulla valutazione dei rischi con riferimento al quadro Schengen, è stato poi invitato Europol ad istituire un'unità addetta alle segnalazioni di contenuti internet che promuovono l'estremismo violento o il terrorismo, la medesima agenzia e la Commissione sono state invitate ad avanzare proposte sulle modalità con cui contrastare il traffico di armi da fuoco, ed è stata espressa l'intenzione di adeguare la direttiva PNR ai progressi informatico-elettronici.
Nel maggio 2015, per prevenire il riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo, il Consiglio ed il Parlamento europeo hanno adottato nuove norme che mirano a proteggere i cittadini ed a salvaguardare il mercato interno dell'Unione facendo in modo che i sistemi finanziari dell'Unione stessa non siano utilizzati per scopi terroristici o per il riciclaggio di denaro, materia poi novellata nuovamente nel febbraio 2016.
Anche in materia di traffico di armi da fuoco il primo intervento avvenuto nella sessione di ottobre 2015 è poi stato ridiscusso nel marzo e nel giugno 2016