L’uso degli APR (aeromobili a pilotaggio remoto, i c.d. droni) è sempre più in crescendo oltre che nell’ambito militare (vedasi, al riguardo, quanto già scritto), anche in quello civile (d’altronde, i due ambiti vanno spesso “a braccetto”, come in altri settori) ed i numeri sono già alti se si consideri che, nel 2015, in tutto il mondo, abbiano solcato i cieli un milione circa di robot senza equipaggio.
Se da una parte essi sono risultati essere utili nei settori più disparati (da quello del semplice “passatempo” a quello, più complesso ed importante, del controllo del territorio, con l’analisi del rischio di frane o di esondazioni, della verifica del suolo in vista di future costruzioni, del contrasto all’abusivismo edilizio, al primo soccorso o, ancora, a quello dell’intervento nelle emergenze e/o calamità naturali- si veda, da ultimo- il recente terremoto che ha coinvolto alcune località del centro Italia), e con il loro sviluppo sono sempre maggiori i campi e le attività in cui i suddetti possono essere impiegati con successo, soprattutto per il gran risparmio di costi conseguente (se paragonato ad altri mezzi attualmente in uso), dall’altra è, ovviamente, vieppiù necessaria una normativa che, in primis a livello europeo, ne regolamenti l’uso.
Sono già diversi, infatti, i casi registrati di “quasi-incidenti” per collisioni appena sfiorate tra APR ed aeromobili commerciali (nel solo Regno Unito, lo scorso anno, sembrano esserci stati già stati sette casi di mancata collisione di “categoria A”, quella più grave) o di veri e propri scontri che, fortunatamente, non hanno portato a conseguenze fatali (memorabile quello del 17 aprile 2015, quando un aereo A320 della British Airways che proveniva da Ginevra, con 137 tra passeggeri e membri dell’equipaggio a bordo, mentre era in fase di atterraggio all’aeroporto di Heathrow, a Londra, venne urtato da un drone, o quello, più recente- agosto di quest’anno- che ha visto coinvolto, sempre nel Regno Unito, un aereo della compagnia Flybe che stava atterrando a Newquay, in Cornovaglia, proveniente dall'aeroporto di Londra Stansted con 62 passeggeri a bordo).
Beninteso: il problema non è solo di sicurezza, ma anche (e per certi versi, di conseguenza) di produzione industriale, e certamente a livello delle singole nazioni già esistono dei (timidi) accenni a normative dedicate, ma naturalmente esse sono ancora “giovani” e frammentarie (e disomogenee le une dalle altre) ed hanno il difficile compito di correre dietro ad una tecnologia (quella degli aeromobili a pilotaggio remoto, appunto) in continuo sviluppo, con tutti i pro ed i contro che ne conseguono.
Da qui la necessità che, a livello europeo, si giunga presto ad una legislazione di sistema che possa ricomprendere ed indirizzare le suddette (normative nazionali) e renderle omogenee, come anche si legge sul sito della EASA1 (European Aviation Safety Agency), l’Ente europeo chiamato a svolgere un ruolo chiave nella redazione di un corpus normativo sovranazionale in grado di regolamentare questo delicato settore: “Unmanned aircraft (some people call them civil ‘drones’) are increasingly being used in Europe, but under a fragmented regulatory framework. Basic national safety rules apply, but the rules differ across the EU and a number of key safeguards are not addressed in a coherent way”.
Attualmente, ancora non si è giunti ad un testo definitivo che, anzi, sembra ben lungi dall’essere perfezionato, come si evince dalla risoluzione del 28 ottobre 2015 (2014/2243(INI)) del Parlamento Europeo “on safe use of Remotely Piloted Aircraft Systems (RPAS), commonly known as Unmanned Aerial Vehicles (UAVs) in the field of civil aviation”, laddove, dopo aver preso atto del rapido sviluppo del mercato inerente i “droni”, nati inizialmente per scopi militari, si constata (vedasi quanto anticipato più sopra) la totale disarmonizzazione delle legislazioni nazionali dei singoli Stati europei che, già nell’immediato futuro, potrebbe mettere gravemente a rischio la crescita del suddetto (mercato) e la relativa competitività su scala mondiale (dove gli Stati Uniti, la Cina, l’Australia o il solo Israele sono decisamente all’avanguardia)2.
Al momento, esistono delle linee guida allo studio degli Organismi europei che sono state delineate nella conferenza di Riga del 6 marzo 2015, organizzata dal Ministero dei Trasporti della Lettonia in collaborazione con la Commissione Europea, riguardante i “Sistemi di Aeromobili a Pilotaggio Remoto” (Remotely Piloted Aircraft Systems).
È in tale occasione, infatti, che sono stati definiti alcuni principi volti a regolare lo sviluppo delle tecnologie per APR civili, a garantire la sicurezza di tali sistemi e ad assicurare la tutela dei diritti, in particolare alla protezione dei dati personali, con l’impegno di attuare i medesimi entro il 2016.
In particolare, nella relativa Dichiarazione, adottata a valle dell’incontro, si sono stabiliti 5 obiettivi di base, secondo cui:
a) gli APR dovranno essere considerati come un nuovo tipo di aeromobili, con regole proporzionate basate sul rischio derivante da ciascuna operazione (“Drones need to be treated as new types of aircraft with proportionate rules based on the risk of each operation”) e la fornitura delle relative tecnologie dovrà assicurare livelli di sicurezza pari a quelli previsti nel settore dell’aviazione civile;
b) dovranno essere sviluppate da subito regole europee per la sicurezza dei sistemi aerei a pilotaggio remoto (“EU rules for the safe provision of drone services need to be developed now”).
Sotto l’egida dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA) dovranno, nello specifico, essere introdotte a livello europeo delle misure di sicurezza armonizzate (“…the essential requirements should be harmonised at the global level”), da sottoporre a consultazione pubblica;
c) dovranno essere sviluppate tecnologie e standards per consentire la piena integrazione degli APR nello spazio aereo (“Technologies and standards need to be developed for the full integration of drones in the European airspace”);
d) stante l’enorme quantità di dati personali che, attraverso di essi, può essere raccolta, bisognerà che le autorità nazionali ed europee a ciò deputate sviluppino linee guida e adottino procedure per garantire il rispetto delle norme sulla protezione dei dati, stante il fatto che l’accettazione da parte del pubblico debba essere considerata la chiave per lo sviluppo dei servizi effettuabili con gli APR (“Public acceptance is key to the growth of drone services”):
e) poiché l'operatore di APR è responsabile del suo utilizzo (“The operator of a drone is responsible for its use”), sarà necessario introdurre regole che prevedano un obbligo d'identificazione del pilota o dell'operatore di APR (ad esempio attraverso l'adozione di una carta d'identità elettronica- cd. “IDrones”-), così come delle misure adeguate da adottare nei suoi confronti ove l’APR sia utilizzato in uno spazio aereo vietato, o impiegato in modo non sicuro, o per scopi illeciti.
Sulla scorta di queste indicazioni, l’EASA ha subito provveduto a redigere una bozza di approccio normativo (Concept of Operations for Drones), che si spera possa presto portare al perfezionamento di quel legal framework da cui, ormai, con ogni evidenza, non si può più prescindere.
1 Vedasi al link: http://www.easa.europa.eu/easa-and-you/civil-drones-rpas (consultato, da ultimo, in data 2 settembre 2016).
2 “The international dimension:
1. Notes that the US is seen by many as the leading market for the use of RPAS, albeit for military operations; stresses however that Europe is the leader in the civilian sector with 2 500 operators (400 in the UK, 300 in Germany, 1 500 in France, 250 in Sweden, etc.) compared to 2 342 operators in the rest of the world, and should do its utmost to boost its strong competitive position;
2. Notes that Japan has a large number of RPAS operators and two decades of experience, mostly in RPAS precision-farming operations, such as crop spraying; recalls that it was the first country to allow RPAS technology to be used in farming activities during the mid-nineties and the number of operators multiplied within a few years;
3. Notes that Israel has a very active manufacturing industry, but with a direct focus on military RPAS; underlines the fact that an integrated civil-military air navigation service now makes it easier to integrate RPAS into Israeli airspace;
4. Notes that Australia, China (where many of the very small RPAS are manufactured) and South Africa are among the 50 other countries that are currently developing RPAS;
5. Stresses that the global dimension of RPAS must be acknowledged and calls upon the Commission to take full account of this”.
(foto: EUROCONTROL / British Airways)