Con il comandante Ultimo, con i suoi uomini e con la gente comune, in un ricordo corale che è memoria ma anche impegno a non arrendersi, a lottare per la legalità. È importante partecipare ed essere in tanti il 3 settembre 2017, alle 18 alla casa famiglia Capitano Ultimo, alla Tenuta della Mistica sulla via Prenestina a Roma, dove verrà ricordato il sacrificio del prefetto di Palermo, generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso dalla mafia nel capoluogo siciliano la sera del 3 settembre 1982, insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente della scorta Domenico Russo.
“Il 3 settembre è un anniversario importante, possiamo dire che è il giorno della Legalità per i carabinieri. La sintesi del ricordo sulla legalità è proprio questa data, quando è morto il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e lo è per tutti noi, per i “carabinieri straccioni”. Questo giorno è esempio, testimonianza e speranza di legalità: il generale Dalla Chiesa incarna tutto questo”.
È un uomo fuori del comune il comandante Ultimo, il colonnello Sergio De Caprio, carabiniere per vocazione e fiero idealista, di quell’idealismo che diventa atto concreto ed azione, basta guardare la casa famiglia che porta il suo nome, Onlus nata ufficialmente il 23 maggio 2009, ricorrenza della strage di Capaci. Una vita blindata e un volto nascosto da sciarpa o mephisto da quando nel 1993 ha arrestato il boss Salvatore Riina, perché la mafia non perdona e non dimentica. La mano sinistra avvolta nel guanto senza dita come chi, in generale, non ha voce e a volte nemmeno una casa, figuriamoci la speranza. E la scelta di stare con i poveri, di dar loro voce, riscatto e dignità, secondo il messaggio di Gesù di Nazareth e san Francesco. E di difendere i deboli, attraverso un cammino di legalità, attraverso l’essere carabiniere.
La casa famiglia Capitano Ultimo è essa stessa un porto franco di legalità, basta varcare il cancello per rendersene conto, persino l’aria che si respira sembra migliore. Qui hanno trovato rifugio profughi, ex senzatetto ed ex detenuti che lavorano al forno, in pasticceria o nei ristorantini dove tutto è autosovvenzionato e autogestito, qui sono ospitati ragazzi difficili che imparano a fidarsi e a sperare attraverso la falconeria, qui padre Rovo e padre Max ti fanno capire cosa voglia dire essere sacerdoti, la bellezza della loro scelta. Il tutto è retto da volontari, compresi tanti carabinieri in congedo come in attività.
Da quando è stata fondata la casa famiglia Capitano Ultimo, ogni anno ci si riunisce davanti al monumento dedicato a Dalla Chiesa, donato da un carabiniere ausiliario in congedo su cui sventola il tricolore, che è il cuore del luogo, il suo axis mundi.
I carabinieri del Capitano Ultimo sono la milizia sociale e militante che incarna e protegge la legalità, ieri come oggi. L’arresto di Salvatore Riina da parte della Crimor (acronimo di criminalità organizzata e gruppo fondato dallo stesso Ultimo, che ha avuto i suoi caduti come Volpe, Mago e Ram, ndr) va ricordato ogni giorno, reso attuale. Solo così si onora la memoria di chi allo Stato ha dato tutto a cominciare dalla vita.
La legalità non è un regalo che ci piove dal cielo, ma il frutto di una scelta, portata avanti a ogni costo. Con il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa si onorano lui e tutti coloro che per il bene supremo, per l’onestà, hanno combattuto e combattono, che ne pagano le conseguenze ogni giorno. Scegliere di stare da questa parte, senza se e senza ma, non ti rende la vita facile, perché se va bene ti dicono che sei un rompicoglioni, carabiniere, poliziotto, cittadino o giornalista che tu sia. E quando incontri uomini come Ultimo e i suoi ragazzi, un onore e un privilegio scambiarci qualche opinione, capisci la fatica di quella scelta ma anche la bellezza dell’essere un “guerriero della luce”. Perché c’è una pulizia adamantina nell’essere da questa parte della barricata, in compagnia di martiri ed eroi. E li ringrazi, perché sono un esempio concreto per i cittadini onesti, soprattutto per i ragazzi.
Sul luogo dell’uccisione del generale, un cittadino palermitano lasciò un cartello, “Qui è morta la speranza dei siciliani onesti”. Ricordando Carlo Alberto dalla Chiesa, stando dalla parte di Ultimo, dei “carabinieri straccioni”, di chi ogni giorno sceglie di combattere per l’onestà e la legalità, semplicemente noi tutti facciamo in modo che quel cartello rimanga solo una scritta in un momento di dolore. In una battaglia che è di tutti, ognuno nel proprio ruolo e che è continua perché di fronte alla mafia mai si può e si deve abbassare la guardia, è fondamentale che ognuno faccia la sua parte.
Alla casa famiglia Capitano Ultimo il monumento al generale Dalla Chiesa è proprio al centro, sormontato dalla bandiera italiana. È un simbolo anche concreto di quella stessa legalità…
È un ricordare nel fare, è un ricordare che si apre all’avvenire e non rimane fermo su una tragedia ma la trasforma in un’azione, in una prassi e in una lotta che non muore mai. E il generale è davanti a noi e insieme a noi, Dalla Chiesa e le persone che hanno combattuto insieme a lui.
Un messaggio che è valido ancora oggi, in un momento in cui le forze dell’ordine sono attaccate e vilipese, mentre dovremmo ricordarci il sacrificio di chi è stato ucciso per la legalità, uomini dello Stato ma anche semplici cittadini che hanno scelto da che parte stare…
Sì, è il rappresentare una lotta umile e povera fatta da gente altrettanto umile e povera. È un impegno importante, portato avanti con umiltà, contro gli sciacalli di sempre, contro quelli che attaccano il bello, che attaccano il buono. Quindi, è un giorno importante, che ricordiamo sempre, che vive quotidianamente dentro di noi e che ci spinge a non arrenderci mai.
Il ricordo del 3 settembre è quindi una condivisione corale della legalità?
I nostri ricordi, il nostro modo di fare sono sempre due parole, una preghiera e un piatto di pasta condiviso tutti insieme, tra giovani, vecchi, gente comune che si incontra con gioia, che sogna, che spera di superare le difficoltà. E tutto questo avviene sui princìpi di fratellanza e di uguaglianza che rappresentano la nostra legge.
E tutto questo, come dice sempre Ultimo, vuol dire essere carabinieri…
Sì, questo lo hanno fatto i carabinieri: la lotta contro la prepotenza e il rimanere umili sempre, tornare a essere niente dopo aver fatto cose grandi. È la caratteristica del carabiniere e quindi è anche il nostro onore e il nostro orgoglio più grande. Come l’esempio di quel carabiniere che ha combattuto e comandato la brigata partigiana Centocroci, Richetto era il suo nome di battaglia (il ligure Federico Salvestri, partigiano di ispirazione cristiana, ndr), che ha avuto la medaglia d’argento al Valor militare: tante ferite in campo di battaglia, evaso tre volte dalla prigionia nazista. E che, alla fine, è tornato a fare lo stradino in un piccolo paese. Ed era un carabiniere. Ed è un carabiniere. E lo sarà sempre. Queste cose non hanno un prezzo, sono un bene prezioso per l’umanità e lo dobbiamo proteggere. Per questo dobbiamo stare insieme al popolo, che a sua volta deve proteggere questo bene e i suoi difensori.
Quanto è valido ancora oggi l’esempio del generale Dalla Chiesa, quando si torna a parla di scarcerare Totò Riina o si minimizzano le mafie, cose che le persone oneste e civili non vorrebbero proprio sentire?
Guarda, io credo che al mondo degli sciacalli e dei manipolatori di sempre, degli opportunisti e dei superficiali di sempre, noi dobbiamo contrapporre il mondo della militanza, il mondo delle comunità che vivono e progrediscono sulla base dei princìpi dell’uguaglianza e della fratellanza. E questa è la nostra Patria e la nostra bandiera. Ed è il messaggio del nostro generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. E non finirà mai. Siamo fieri di stare da questa parte e ci da coraggio vedere accanto a noi ragazzi giovani e gente umile e semplice, gente ferita. Ci da coraggio e ci fa andare avanti con orgoglio.