La Caserma: un reality lontano dalla realtà. Esperimento psico sociale?

(di Gianluca Celentano)
28/01/21

Ieri sera ha preso il via il docu-reality in sei puntate “La Caserma”, ma per coloro che non l’hanno seguito chiariamo subito un punto, non riproduce affatto il contesto addestrativo e formativo delle reclute in un RAV. Si tratta piuttosto di un soggetto e un cast scelto per trovare audience televisivo e forse fare qualche analisi sui giovani?

Interpretando il pensiero di molti, probabilmente ci si attendeva un contesto simile al film “Soldati 365 all’all’alba” piuttosto che una variante del sergente maggiore Hartman in Full Metal Jacket, ma almeno nella prima puntata, così non è stato. Il contesto era più simile a un collegio per giovani estroversi benestanti in un programma sostanzialmente trash.

Nella prima puntata di un reality mirato a conquistare la generazione Z (i giovani) sembra vengano giustificate le abitudini di superficialità, un concetto diametralmente opposto alla vita militare. Tuttavia la selezione dei ragazzi potrebbe celare nel progetto della produzione, il ridimensionamento dei comportamenti di alcuni ragazzi, trasmettendo nei più timidi e impacciati un senso di sicurezza.

Lo staff degli istruttori è formato da sei tecnici ma l’unica vera militare è Deborah Colucci, allenatrice e atleta della della Spartan Race. Gli altri sono autorevoli professionisti civili, qualcuno con un passato militare come l’istruttore capo Renato Daretti del 9° rgt, che nel reality appare come un buon padre di famiglia in un ruolo tipo colonnello o comandante di compagnia.

Prima di passare ad alcune constatazioni sulla puntata, c’è una considerazione sorta dopo venti minuti di trasmissione. Ovvero l’inquietante corridoio che separa i ventenni multimediali del 2021 con i doveri e il rispetto. Attenzione, non sono un bacchettone, tutt’altro, e relego infatti le responsabilità di questa diffusa lontananza ai genitori e a una scuola che non ha gli strumenti per poterlo fare, non ai giovani che semmai sono le vittime.

I 21 giovani di cui 6 ragazze, provengono da un contesto sociale abbastanza diverso e si sentono più a loro agio a dare del tu agli istruttori anche dopo ripetuti richiami durante un blando addestramento formale, assolutamente più simile alle file che facevamo a scuola per andare in cortile a giocare. Qualcuno, durante l’Alzabandiera, simula i movimenti di un direttore d’orchestra, salvo poi essere ripreso al termine della cerimonia dal comprensivo padre di famiglia capo istruttore.

Le uniformi utilizzate dai ragazzi, con il loro cognomi riportati sulla patch, sono simili a quelle indossate dallo U.S. Army in Vietnam e solo gli istruttori indossano l’attuale vestiario da capitolato chiaramente (e per fortuna) senza stellette.

La location non è una caserma ma una struttura civile situata a Levico in provincia di Trento e l’unico riferimento militare, a parte l’asta della bandiera posta per il reality, sono i colori uniformi dei muri che si vedono filtrati dalla nebbia mattutina. La Land Rover verde a passo lungo pubblicata sui media, non è militare, diciamo che "serve a fare atmosfera".

Troppi concetti marziali (ma siamo alla prima puntata) sono stati oltrepassati e garantiti da troppa tolleranza verso l’indisciplina, percepibile con dolore da chiunque abbia fatto il servizio militare.

Probabilmente il realty segue precisi step selettivi sempre più stringenti e severi. Un altro particolare lontano anni luce da un contesto addestrativo serio è che la selezione improntata a far emergere la motivazione, qui a La caserma sembra essere sconosciuta.

Prima di continuare è bene sottolineare che attualmente il mondo militare vero, è supportato da professionisti della formazione capaci di agglomerare e affiatare i plotoni assegnati non solo disciplinarmente ma soprattutto responsabilmente.

Il più vivace è il simpatico italo rumeno George Ciupilan, scelta azzeccata per l’indisciplina anche se sembra avere doti nascoste, mentre uno dei gemelli Lapresa, in barba alle norme igieniche, comandato di corvée cucina, si presenta a servire il rancio con capelli lunghi e senza cuffietta.

Tra le ragazze che si sono presentate con i tacchi e dei valigioni di vestiti e trucchi, il corredo militare consegnato le ha visibilmente disarmate. Coloro che mi hanno colpito di più, forse perché lontane dal concetto di star hollywoodiane, sono l’italo nigeriana Naomi Akano 19 anni, che si è subito adeguata al concetto di disciplina e Erika Mattina, attivista Lgbt che ha potuto constatare dopo la sua dichiarazione al capo istruttore, che non ci sono pregiudizi nelle forze armate, ma semmai regole per tutti, come il non poter far uso di cellulari o accessi ai pc, vietati comprensibilmente durante le sei settimane.

La vera mente tra i maschietti è l’italo pachistano Omar Hussain, un ragazzo composto e disciplinato e con un Q.I sopra la media mondiale.

Si parla di bullismo e atteggiamenti di gratuita prepotenza ahimè reali, dove spesso è l’assenza di valori che li degenera in episodi oltraggiosi verso le istituzioni e coetanei, e per molti la medicina più immediata sarebbe il ripristino della leva obbligatoria. È vero, molti aspetti non degni di un paese civile sarebbero limati, ma il ruolo della scuola a mio avviso, ha per molti versi un aspetto principale.

Se prendi singolarmente a parte una buona parte dei giovani di oggi, ti accorgi delle loro mancanze (a me è capitato con la scuola guida) tra cui un’insicurezza cronica. I gruppi dove si rifugiano, capeggiati da un vulcanico capobranco, sembrano essere la risposta immediata per "rimanere a galla" pur sottostando, senza convinzione, a un despota.

Foto/fotogrammi: RAI