L’Ucraina insegna la regola del menga: chi ha (o può avere) le armi nucleari se le tenga!

(di David Rossi)
01/02/22

La Storia racconta che due Paesi furono cortesemente obbligati a rinunciare al loro programma nucleare, già avviato, per motivi di opportunità: Germania e Sud Africa; mentre altri tre Paesi, che già avevano armi nucleari sul loro territorio, sia pure senza le “chiavi” per usarle, furono costretti a rinunciarvi: Bielorussia, Kazakistan e, appunto, Ucraina.

Il memorandum di Budapest

Quest’ultima non fu una rinuncia, per così dire, gratuita: le tre repubbliche ex sovietiche, insieme alla Federazione russa, agli Stati Uniti e al Regno Unito, sottoscrissero il così detto Memorandum di Budapest meno di trenta anni fa. Detto documento confermava che Bielorussia, Kazakistan e Ucraina diventavano parti del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari e lasciavano effettivamente il loro arsenale nucleare alla Russia.

Come dicevamo, in cambio della rinuncia allo status, sia pure teorico, di potenze nucleari ottenevano dei benefit geopolitici: il riconoscimento dell'indipendenza e la sovranità bielorussa, kazaka e ucraina nei confini esistenti, la rinuncia da parte di Mosca alla minaccia o dall'uso della forza contro le tre ex repubbliche sorelle, la rinuncia - sempre da parte russa - ad usare pressioni economiche per influenzare la loro politica, l’obbligo di cercare un'azione immediata del Consiglio di sicurezza per fornire assistenza a Bielorussia, Kazakistan e Ucraina se "dovessero diventare vittime di un atto di aggressione o oggetto di una minaccia di aggressione in cui vengono utilizzate armi nucleari", la rinuncia all'uso di armi nucleari contro Bielorussia, Kazakistan e Ucraina e, in conclusione, l’obbligo di consultarsi per conflitti in questi ambiti.

Com’è andata a finire? Le truppe russe in Crimea e quelle “non ufficiali” nel Donbass sono una risposta.

Washington l’ha presa sul serio: ecco perché

Un cattivo affare? Secondo Steven Pifer, uno dei negoziatori del memorandum e poi ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina, implicita nel memorandum era la promessa degli Stati Uniti che l'Ucraina fosse entrata nel regno degli interessi strategici statunitensi e non sarebbe stata lasciata sola di fronte a un’aggressione russa. Sebbene l'Ucraina alla fine non sia stata in grado di ottenere le garanzie di sicurezza solide e giuridicamente vincolanti che cercava, ma solo promesse contenute in un memorandum, cioè un pezzo di carta, gli USA hanno assicurato all’epoca e in seguito al governo ucraino che gli Stati Uniti prendono questo impegno politico sul serio, né più né meno di un obbligo giuridicamente vincolanti”1. Chi si stupisce della reazione di Londra e Washington alle minacce russe, non tiene conto di quanto questo genere di “impegni non ufficiali” contino davvero molto nelle relazioni internazionali e di quanto, pur cambiando gli uomini e gli scenari, certi “conti” debbano alla fine essere regolati, per non passare come dei parolai. Da questo punto di vista, a Taipei dormono sogni tranquilli e, come l’autore di questo articolo aveva ricordato in un’intervista doppia col collega Gaspardo, “l’Ucraina vale Taiwan”. Solo gli sciocchi si stupiscono che le cose non siano andate così a Kabul nel 2021, dove gli americani non avevano mai preso impegni di questo genere e soprattutto dove a fare la differenza è stato il dissolvimento del governo, non l’uscita degli Occidentali, mentre nel 1990-91 andarono in modo analogo in Kuwait, dove obblighi morali e politici, prima ancora che trattati e alleanze formali, erano stati conclusi fra Washington e le case regnanti del Golfo, in particolare con quella degli Al Saud.

Se Kiev perde, perdiamo tutti

Resta poi il fatto che “se si vuole porre fine alla proliferazione nucleare, l'Ucraina deve essere una storia di successo, non una causa persa. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna stanno ora usando l'Ucraina con armi difensive per darle una possibilità di combattere per la sopravvivenza… Qualsiasi vittoria di Putin in Ucraina potrebbe portare a una rinnovata ricerca globale di armi nucleari. Il sostegno indiscutibile all'Ucraina potrebbe ridurre al minimo tale appetito”.

Il mondo, cioè i capi delle Nazioni, sta a guardare. “È probabile che Iran e Corea del Nord deducano dal disarmo unilaterale di Kiev e dall'attuale situazione difficile che dovrebbero andare a fondo con le loro testate nucleari militari e programmi missilistici… Di fronte all'aggressione russa contro l'Ucraina, le azioni o l'inerzia della comunità internazionale influenzeranno le decisioni future a Teheran e Pyongyang. Gli Stati Uniti, la NATO e altri devono fare il necessario per dimostrare che una nazione come l'Ucraina può rimanere sovrana anche se ha rinunciato alle armi di distruzione di massa”2. Qualcuno si stupisce, allora, dell’attivismo di Washington e Londra? O piuttosto sembra miope, rassegnato, quasi da protettorato, l’atteggiamento della Germania? Che la Francia stia a guardare non stupisce: ha l’energia nucleare, ha la force de frappe e ha le uniche forze armate in Europa che svolgono un’azione di vera deterrenza. Diverso è il caso di Berlino, che non ha più - o nel caso delle centrali nucleari sta per non avere più - niente di tutto questo.

Non se ne esce con un riarmo nucleare

Da ultimo, una domanda: ma perché l’Ucraina non lancia un proprio programma di armi nucleari? Possiamo rispondere con tre parole: costo, tempo e rischio. L'Ucraina è un produttore di uranio, ha le conoscenze fisiche e meccaniche necessarie, ha il know-how missilistico; tuttavia, manca delle strutture per la conversione e l'arricchimento dell'uranio e il trattamento del plutonio necessari. Inoltre, dovrebbe anche costruire un impianto di produzione di testate e trovare un modo per condurre almeno un paio di test. Questo accumulo richiede denaro che dovrebbe essere dirottato da altri programmi militari necessari per la difesa dell'Ucraina e, comunque, non potrebbe esser fatto in pochi mesi.

Anche se l'Ucraina trovasse i fondi, non avrebbe il lusso della segretezza in quanto la Russia probabilmente penetrerebbe in un programma nucleare ucraino e lo saboterebbe, proprio come sta facendo Israele con l’Iran. Se ciò non dovesse paralizzare un programma nucleare ucraino, la Russia potrebbe giustificare un attacco militare preventivo proprio come fatto dagli Americani in Iraq nel 2003.

In conclusione, qualunque ulteriore passo della Russia contro l’integrità e l’indipendenza dell’Ucraina aprirebbe le porte al riarmo nucleare di non pochi Paesi che non hanno l’immediata pressione di una grande potenza a impedirlo: Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi e forse lo stesso Giappone.