A cura di Sandro Gherro: Non solo le foibe - Appunti sulla barbara criminalità del comunismo titino

A cura di Sandro Gherro
Ed. Alberto Cavalletto, Padova 2023
pagg.79.

“Raccolgo, in questo Quaderno, gli articoli pubblicati in Opinioni Nuove Notizie sui crimini del comunismo Titino. Si tratta solo di qualche episodico riscontro su una barbarie di enormi dimensioni che non ha ancora avuto adeguata ricognizione. Per decenni la convenienza della politica, subdolamente travestita da Ragion di Stato, ha preferito il silenzio al denunciarla, veicolando la falsificazione della Storia di chi la negava o la presentava come giusta vendetta punitiva dei fascisti.” Così, Sandro Gherro, direttore editoriale della rivista Opinioni Nuove Notizie, ci introduce a questo saggio, costituito da nove articoli di autori diversi, dove vengono trattati alcuni aspetti relativi al dramma delle foibe, dramma per troppo tempo taciuto o negato e che parte da lontano. Infatti, la prima operazione di pulizia etnica, da parte di nazionalisti slavi, ai danni degli italiani, avvenne nel periodo 1866-1918 in Venezia Giulia e in Dalmazia; la seconda, in Dalmazia, nel periodo 1918- 1943; la terza è quella avvenuta negli anni 1943-1954, dove solo una piccola parte delle vittime delle foibe era fascista“Anzi, non solo la maggioranza delle vittime degli jugoslavi non era fascista, ma fra loro si trovavano i principali esponenti italiani dell’antifascismo”.

Togliatti, con una lettera del 19 ottobre 1944, si adeguò a quanto autorizzato da Stalin, relativamente all’annessione dei territori dell’Italia da parte della Jugoslavia, scrivendo “in tutti i modi dobbiamo favorire l’occupazione della regione giuliana da parte delle truppe di Tito”. E ad essere eliminati fisicamente furono anche i comunisti contrari al progetto. “Gli arresti e le uccisioni di membri del CLN di Trieste e del PCI triestino stesso, che si affiancano alla strage di Porzus dei partigiani bianchi della Osoppo, dimostrano a sufficienza che gli Jugoslavi perseguivano un progetto di pulizia etnica contro gli italiani come tali”.

L’elenco degli italiani da arrestare ed eliminare veniva preparato dall’OZNA (Dipartimento per la Sicurezza del Popolo) fondata il 3 maggio del 1944, “col compito di eliminare qualsiasi fonte di opposizione che avrebbe potuto minacciare Tito e il suo gruppo dirigente a guerra conclusa”. Quella compiuta dai comunisti titini e negata, per sudditanza ideologica, da ampi settori della sinistra italiana fu una vera e propria “opera di annientamento premeditato e senza processo di oppositori al regime comunista jugoslavo o più semplicemente di essere umani che non volevano condividere l’esperienza del Paradiso balcanico della classe operaia”. Fatto, questo, che provocò l’esodo biblico di oltre 300.000 italiani, una “tragedia che colpì per prima Zara, la perla veneziana sulla costa dalmata” e che “Tito chiese apertamente di spazzare via”.

Molti zaratini, dichiarati nemici del popolo, furono giustiziati, chi tramite fucilazione, chi annegato con una pietra al collo. Tra questi ci furono molti religiosi e “la componente italiana dei docenti, rei di insegnare la nostra lingua e la nostra cultura”.

Nell’agosto 1946 Pola era ancora italiana e la popolazione era quasi totalmente italiana. “Domenica 18 agosto di quell’anno, sulla spiaggia di Vergarolla, presso il Club della Pietas Julia, erano in atto le gare di nuoto della Coppa Scarioni e la manifestazione aveva attirato la presenza di molte persone, tra le quali numerose famiglie con bambini. Improvvisamente, verso l’una circa, un boato fortissimo fece tremare la terra e subito dopo di sollevò verso il cielo una colonna di fumo nero intenso. Erano le mine scoppiate nel mare di Vergarolla. Centosedici furono i morti, tra cui molti bambini; oltre un centinaio i feriti. […] La strage era stata provocata dallo scoppio di nove tonnellate di tritolo. […] Fu la prima strage della storia dell’Italia repubblicana”. Quest’azione costrinse gli italiani di Pola ad abbandonare la città imbarcandosi sulla Nave Toscana. “Nel giugno 2014 lo Stato ha riconosciuto essersi trattato di un attentato. […] Prima di allora Vergarolla veniva considerata una disgrazia, cioè un’esplosione avvenuta per cause ignote, come autocombustione del tritolo e incuria dell’amministrazione angloamericana. Solo che il tritolo non esplode per autocombustione.

Nel 2017 il ministro della Salute Lorenzin aveva promesso la Medaglia d’oro al medico italiano Geppino Micheletti, eroe simbolo di quella strage che operò sui corpi martoriati dall’esplosione, salvando innumerevoli persone, pur avendo saputo che i suoi due bambini avevano appena perso la vita. Ma la medaglia non è stata ancora conferita”.

Il 2 ottobre 1969, il presidente Saragat conferì al maresciallo Tito, in occasione della sua prima visita di Stato in Italia, la più alta onorificenza della Stato, quella di Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone.

È notizia recente che il Comitato di coordinamento per le celebrazioni del Giorno del Ricordo stia lavorando anche per calendarizzare la proposta di legge per la revoca del titolo di Cavaliere di gran croce dell’ordine al merito della Repubblica italiana a chiunque, anche se defunto, si sia macchiato di crimini crudeli e contro l’umanità, come il maresciallo Tito.

Se è giusto ricordare i crimini del fascismo e del nazismo, altrettanto giusto è stigmatizzare la ferocia del totalitarismo comunista”.

Gianlorenzo Capano