Peter Huchthausen: K19 - La storia segreta del sottomarino sovietico

Peter Huchthausen
Ed. Odoya, Città di Castello (PG) 2021
Pagg.203

Partendo dalle memorie del capitano di primo rango Nikolay Zateev, che comandò il K-19, il primo sottomarino nucleare sovietico dotato di missili balistici, l’autore, ufficiale della marina militare degli Stati Uniti, ci fa comprendere che l’incidente del sottomarino Kursk, avvenuto il 12 agosto del 2000 e dove morirono 118 membri dell’equipaggio, fu l’ultimo di una serie di disastri per molti anni nascosti dalla censura sovietica e russa.

Fu Stalin, nell’immediato dopoguerra, a dare un forte impulso allo sviluppo della flotta navale, in modo tale che l’Unione Sovietica potesse avere una marina commisurata al nuovo status di superpotenza. In quegli anni, “l’Unione Sovietica costruì più navi da guerra di tutte le altre nazioni del mondo messe insieme. Solo tra il 1948 e il 1950, i sovietici produssero dai cinquanta ai sessanta sommergibili l’anno […]. Il massiccio impulso navale, però, durò poco e venne meno con la morte di Stalin nel 1953”.

L’esplosione dell’ammiraglia della flotta del Mar Nero, la Novorossjsk, avvenuta il 20 ottobre 1955 nel porto di Sebastopoli e che provocò la morte di 608 marinai, pose fine al mandato del comandante in capo della marina, l’ammiraglio Kuznecov e inaugurò l’era dell’ammiraglio Gorškov, padre della moderna marina sovietica e voluto da Cruščëv, che “sovrintese a una massiccia rivoluzione della dottrina navale e alla costruzione di una flotta di navi di superficie lanciamissili e sottomarini a propulsione nucleare”. Cruščëv, infatti, puntò su “una strategia difensiva basata su una solida forza sottomarina e su una flotta di superficie limitata alla difesa costiera”.

Nel 1958 gli Stati Uniti ebbero il loro primo sottomarino nucleare, l’USS Nautilus, cui i sovietici risposero con il loro primo sottomarino lanciamissili a propulsione nucleare, il K-19, il cui primo comandante fu Nikolaj Zateev. Per tutto il periodo della Guerra Fredda le navi sovietiche furono mandate in mare con un’attenzione bassissima alle condizioni di vita e di sicurezza dell’equipaggio, in quanto “la ricerca ingegneristica nucleare si svolse con un controllo qualitativo scarso o nullo, mentre la sicurezza dei cantieri era minima. L’avanzamento personale si basava sul raggiungimento delle quote di produzione”.

Ci fu, da parte sovietica, un costante sforzo per mettersi sullo stesso piano dell’Occidente, fatto che causò numerosi errori che furono alla base di molti gravi incidenti. “Nella storia conosciuta della marina sovietica sono presenti ancora enormi lacune, soprattutto per quanto riguarda la forza sottomarina. In questi vuoti non si trovano soltanto errori di progettazione e di comando, ma anche numerosi resoconti di coraggio e atti di straordinario eroismo mostrati dai marinai quando le navi esplodevano, andavano a fuoco e affondavano. Fino all’inizio dell’era Gorbačëv, sul finire degli anni Ottanta, tutti i gravi incidenti navali furono tenuti nascosti per ordine del Soviet Supremo”.

Con l’avvento del nucleare fu molto difficile trovare ufficiali qualificati e membri dell’equipaggio esperti, quindi si ricorse “a una formazione affrettata di giovani ufficiali di macchina, entrati nel programma atomico con un’esperienza minima a bordo dei sottomarini”.

Il 4 luglio 1961 avvenne l’incidente nucleare a bordo del K-19, uno degli eventi peggiori della storia del mare. Durante un’esercitazione dimostrativa, che aveva lo scopo di celebrare la superiorità dei sottomarini atomici sovietici, si ruppe un condotto nel circuito di raffreddamento primario del reattore uno. “Furono adottate misure eroiche. I coraggiosi marinai si esposero a livelli inauditi di radiazioni letali. E le vite di quanti erano a bordo sarebbero state segnate per sempre”. Otto furono i morti e, in seguito, morirono altri tredici membri dell’equipaggio. “Le autorità ne avevano di buone ragioni per vietare di dire ai sommergibilisti il motivo per cui si era verificato l’incidente e perché aveva avuto effetti tanto devastanti: non esistevano procedure di sicurezza relative al reattore in caso di guasto o rottura della guarnizione nel circuito di raffreddamento, e la responsabilità era del capo progettista”.

Quello del K-19 non fu l’unico incidente, poichè dal 1958 al 1968 la marina sovietica perse più di sette sottomarini e 200 uomini. “Le vittime di pesanti danni da radiazione venivano spesso fatte scomparire in reparti ospedalieri isolati, dove i sintomi venivano fatti passare per disturbi nervosi. […] Il Soviet Supremo, […] rese illegale alle autorità sanitarie scrivere avvelenamento da radiazioni come causa di morte sui certificati ufficiali”.

Il K-19, vittima di altri incidenti di vario tipo, fu dismesso nel 1991. Il suo primo comandante, Zateev, perseguitato, per tutto il resto della vita, dal dolore causato dai morti del suo equipaggio, “provò a sfruttare le conoscenze acquisite dall’esperienza del K-19 per aiutare a porre rimedio a molti problemi”.

Gianlorenzo Capano