Da un'idea di Luca Crovi e Claudio Gallo: Cuore di Tigre

Ed. Piemme, Milano 2013
pagg.334

Salgari dopo Salgari: così potrebbe essere sottotitolata questa raccolta di racconti, dove 14 scrittori rendono omaggio a colui che li ha accompagnati per mano durante l’adolescenza, alla scoperta di mondi sconosciuti, descritti nei minimi particolari, ma mai raggiunti dall’autore se non con la fantasia.

Tornato alla ribalta negli anni 70, grazie allo sceneggiato televisivo “Sandokan”, impersonato da Kabir Bedi, con Philppe Leroy nel ruolo di Yanez, Adolfo Celi in quello di James Brooke, le musiche dei fratelli De Angelis e la regia di Sergio Sollima, Emilio Salgari, nonostante la copiosa produzione letteraria, ha avuto, immeritatamente, una scarsa notorietà. E forse, quindi, per un debito di riconoscenza, che appare un libro come questo, dove gli scrittori rendono omaggio ad un loro collega scomparso suicida cento anni prima, il cui obiettivo era “prendere un ragazzino… e portarlo in giro per il mondo, dalla Malesia alle Antille, facendogli indossare i panni del pirata o addirittura dell’esule politico polacco in Siberia.” Ognuno di loro ci dice, prima del racconto scritto alla maniera di Salgari, come si è imbattuto in questo narratore, conoscitore profondo delle abitudini dei pirati e delle isole da essi abitate. Vediamo così ricomparire, nel racconto di Piero Colaprico, Tremal-Naik, in età avanzata, raggiunto nel suo rifugio da un colonnello inglese, responsabile di un reparto di Operazioni Speciali, arrivato fino a lì, innanzitutto, per chiedergli quanto resistesse in lui del giovane cacciatore che vinceva i thug. “L’anima non muta con le stagioni alla stessa stregua del corpo.”

La penna di Carlo Lucarelli ci descrive l’incontro, con un finale che si tinge di giallo, tra James Brooke, il Rajah dell’isola di Sarawak, ed un giornalista italiano, Giovanni Salgari, arrivato nell’isola per intervistarlo. Ricompare anche il Corsaro Nero, personaggio preferito da Alfredo Colitto. Al comando della sua nave, la Folgore, salva tre giovani destinati ad essere sacrificati da un sedicente Re dei Maya, adorato dagli indios come un dio. Il Corsaro Nero, però, è protetto dai suoi fratelli minori, il Corsaro Rosso ed il Corsaro Verde, catturati ed impiccati dal Duca Wan Guld. Egli “era riuscito a recuperane i corpi e aveva dato loro sepoltura in mare, giurando di vendicarli. Ed era convinto che con la fosforescenza lo spirito dei fratelli salisse a galla dal fondo degli oceani per ricordargli il suo giuramento.” In questo compendio postsalgariano, non potevano mancare loro: Sandokan e Yanez. Tullio Avoledo ce li descrive in un racconto ucronico, dove i due protagonisti di tante battaglie comuni sono alle prese con un macchina del tempo che li fa viaggiare fino al 2001, immaginando un finale diverso per quel drammatico 11 settembre.

E non poteva mancare neanche un omaggio a Kabir Bedi, colui, che nel 1976 divenne una star proprio grazie alla sua interpretazione di Sandokan. È Simone Sarasso che nell’originalissimo “Le meraviglie del 2011”, ci racconta un impossibile incontro tra Emilio Salgari ed, appunto, lo stesso Kabir Bedi. Incontro, questo, dovuto ad un esperimento descritto dallo stesso Salgari nel suo libro “Le meraviglie del 2000”. C’è lo stupore di un viaggio in aereo. ”Nei miei libri ho descritto itinerari in pallone o aeromobile basandomi sempre sulle parole altrui: diari di viaggio, frottole da romanzieri, poesie trionfanti. Ma nessuna parola vale l’incanto di farci uccelli noi stessi, comodamente seduti in poltrona a bordo di un prodigio.” C’è lo stupore di vedere un telefono cellulare; o meglio, “un’orchestra in miniatura”. C’è lo stupore di vedere tutti i suoi libri in una libreria di Verona. “Innanzi a quella vetrina del Duemilaundici, dopo un viaggio di mille e mille miglia attraverso il tempo, per la prima volta da quando ero tornato al mondo, scoppiai a piangere.”

Una rivincita, quindi, per colui che tre giorni prima di togliersi la vita, scrisse questa lettera:

Ai miei editori,

A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che io vi ho dato pensiate ai miei funerali.

Vi saluto spezzando la penna.

 

Gianlorenzo Capano