Trovo sia difficile rimanere distaccati quando si assiste a cerimonie come la “Giornata della Memoria” dedicata ai caduti del 9° Reggimento Paracadutisti d’Assalto “Col Moschin”. Vuoi per l’atmosfera ricca di storia che si respira alla B.A.I., (Base Addestramento Incursori) immersa nella verde ex tenuta presidenziale di San Rossore, ma soprattutto grazie al clima famigliare con cui vieni accolto, indistintamente dalla tua appartenenza o meno al reparto. Una giornata stupenda, anche dal punto di vista meteorologico, il che ha esaltato il rituale lancio di massa – quest’anno composto da ben 60 incursori – effettuato da un C-130 della 46a Aerobrigata di Pisa. Improvvisamente il cielo si è punteggiato di velature verdi o tricolori; un lancio del genere non è cosa di tutti i giorni, anche perché i ragazzi del 9° sono usi a voli più discreti, in numero decisamente inferiore. Ma questo è un giorno diverso, laddove il lancio di massa simboleggia – come ha ricordato il comandante col. Inc. Paolo Attilio Fortezza – un momento di unione solenne in una disciplina propria degli incursori.
Il giorno dei caduti è un’occasione irripetibile anche per i soci dell’A.N.I.E. – Associazione Nazionale Incursori Esercito – per radunare le colonne portanti della storia reggimentale. Quest’anno, come per la scorsa edizione, ha rinnovato la sua presenza il generale Franco Angioni, accompagnato dai colleghi, ex comandanti di reparto, generale Costanzo Peter e generale Franco Monticone. Presenti, inoltre, l’immancabile presidente Angelo Passafiume e l’instancabile Paolo Frediani che, coralmente ai soci intervenuti, hanno riportato alla memoria le fatiche e le peripezie trascorse nei giorni in cui la BAI era vissuta in modo completamente diverso.
Oltre ai familiari dei caduti, tra i quali la madre della M.O.V.M. Stefano Paolicchi, c’erano il comandante del C.O.I. e decano degli incursori generale Marco Bertolini e il comandante del COMFOSE generale Nicola Zanelli.
La cerimonia religiosa, ufficiata da un cappellano militare della Brigata “Folgore”, è stata molto toccante, soprattutto quando il sottufficiale di Corpo ha scandito i nomi di quanti hanno offerto la loro vita per la Patria: ad ogni chiamata, un “fratello” rispondeva con la parola “presente”. Il ricordo però non deve indurre a lacrime o rimpianti: chi non c’è più rivive ogni giorno nei cuori dei loro commilitoni, i quali non possono che trarre insegnamento dal loro estremo sacrificio. La tristezza deve, infatti, lasciare spazio al sorriso così da cogliere, ancora una volta, il dono che queste persone ormai scomparse fanno a noi vivi, regalandoci una rara occasione per riunirci tutti insieme.
Per alcune ore la B.A.I. (intitolata alla M.O.V.M Ciro Scianna) è diventata un luogo conviviale, dove discorrere amabilmente davanti a un pasto frugale, ma sostanzioso. Finita la festa, allontanatisi gli ospiti, tutta la base ha ripreso il suo quotidiano e inarrestabile lavoro. Ogni giorno, in questo piccolo capolavoro di ingegneria militare, le cui fondamenta sono intrise dal sudore di generazioni di sabotatori e incursori, ragazzi straordinari si impegnano allo spasimo per affinare la preparazione del reparto. Non solo, poiché è proprio qui che vengono selezionati, senza troppi complimenti, coloro i quali ambiscono fregiarsi con “l’aquila e l’ancora”.
Tra questi edifici, sferzati da una costante brezza marina, non c’è pietra che non sia stata sollevata, spaccata o collocata dalle mani di un sabotatore prima e incursore poi. Questa è la loro casa, edificata con tanta fatica e umiltà da uomini come Giuseppe Vit, Giuliano Bellini e tanti altri che, insieme, hanno per primi scavato la terra per ospitare il mare. Tutti fieri rappresentanti di una generazione che ha saputo infondere, ai meritevoli successori, il sapere, lo stesso entusiasmo e l’amore per il reparto.
(Articolo pubblicato per gentile concessione del comandante del 9° Reggimento Paracadutisti d’Assalto “Col Moschin”)
(foto: Viviana Cariola)