L'addestramento dei nostri soldati, un processo a singhiozzo e non per tutti?

01/07/24

Gentile direttore, sono un ufficiale dell’esercito ed un veterano di parecchie missioni all’estero in tre continenti diversi, svolte per lo più con la brigata bersaglieri Garibaldi, la mia specialità.

Ho sempre seguito l’evoluzione delle forze della riserva nell’E.I. e sono stato protagonista nel 1999 di esperimenti interessanti al comando di unità delle “Forze di completamento” composte da sottufficiali e militari di truppa. Una mia particolare cura è sempre stata quella dell’addestramento dei miei uomini ai livelli sufficienti per operare con sicurezza e professionalità nei vari contesti, sono una generazione che ha servito nel periodo in cui le FF.AA. italiane sono state impiegate esclusivamente in teatri a bassa intensità asimmetrici per il controllo del territorio e garantire la sicurezza pubblica, le cosiddette CRO (Crisis Response Operations).

Nell’ambito di questo iter addestrativo mi sono trovato spesso ad organizzare gare dell’UNUCI a livello internazionale che, mediamente apprezzate, attiravano consensi e partecipazione da tutte le FF.AA. dei principali paesi Nato inclusi Inglesi, Americani, Francesi, Svizzeri e Tedeschi.

Ricordo che nel 2015 un ufficiale di stato maggiore di sua maestà la regina d'Inghilterra venne a visitarci - ufficialmente - in quanto le istituzioni militari inglesi erano incuriosite dalla nutrita e ripetitiva partecipazione di pattuglie inglesi alla nostra gara soprattutto dalle scuole militari ed accademie. Rincuorato dal livello qualitativo delle prove e dalla professionalità degli istruttori messi in campo se ne andò soddisfatto facendoci i complimenti.

Durante queste gare capita spesso che si iscrivano pattuglie in servizio delle FF.AA. italiane.

Un episodio mi colpì negativamente: ero impegnato nella gestione di una prova di tiro dinamico combinato con l’AR70/90 e 92FS insieme ad un collega tenente colonnello ed a un sottufficiale tutti dei bersaglieri, quando arrivò una pattuglia composta da tre ragazze del corpo logistico dell’esercito. Il loro comandante mi disse di avere particolare cura nel briefing sull’arma e nelle procedure di sicurezza perché "non erano molto esperte". Avvertito, feci quanto suggeritomi e cominciammo l’esercizio. Dal primo momento mi resi subito conto che le ragazze erano in difficoltà nell’utilizzo del fucile nella linea di tiro. Fermai subito l’esercizio e mi misi a spiegare pazientemente come imbracciare l’arma e traguardare il sistema di mira. Non riuscii a convincere una delle militari a traguardare nell’occhiello di mira dell’AR. Il risultato fu che mise tutti i colpi fuori bersaglio in alto. Le chiesi a quel punto dove e chi le avesse addestrate e tutte ci risposero che, non solo non avevano mai sparato con un arma, ma che non gli era mai stata fatta nessuna istruzione e che nella loro caserma non avevano fucili!

Rimasi allibito. Non so se quello che le ragazze mi dissero fosse vero, non l’ho potuto verificare di persona, tuttavia era un dato di fatto che si comportassero come persone che non avessero mai imbracciato un’arma lunga.

Dico questo perché ho letto il comunicato stampa che avete ripreso "Il Metodo di Combattimento Militare (MCM): parte integrante dell’addestramento individuale al combattimento" in cui sembra che, come al solito, si sia i migliori, i più bravi ed i più professionali... Sarà pure; tale addestramento quando ero in servizio non era previsto ed io stesso ed i ragazzi ci addestravamo - a titolo personale - in palestre di Karate e in Iraq per un certo periodo abbiamo avuto in base un tenente colonnello dei carabinieri (cintura nera terzo Dan) che era molto bravo nell’organizzare corsi di difesa ravvicinata per tutti. Iniziativa lodevole e doverosa.

Vorrei tuttavia enfatizzare il concetto che nell’addestramento non ci devono essere soldati di serie A, B e C, tutti e dico tutti dovrebbero avere l’accesso all’istruzione di base al combattimento che è una peculiarità che si acquisisce con mesi di addestramento e manovre a fuoco. Spero che dopo la mia dipartita le cose siano cambiate, ma sospetto che, per ragioni croniche di fondi e mentalità, non si siano raggiunti quei livelli standard di addestramento così millantati per tutti.

Lettera non firmata

  

Caro lettore, purtroppo, in questo tempo di guerra e di eserciti spesso sottodimensionati e talvolta "di terracotta", l'episodio non mi sorprende. Ho conosciuto personalmente altri militari che, pur indossando la divisa dell'Esercito, non hanno (dopo anni!) mai sparato mezzo colpo con un'arma da fuoco. Tuttavia sono "casi" particolari, forse eredità di decenni di smilitarizzazione convinta della Difesa. I soldati, prima della guerra in Ucraina, dovevano forse - pubblicamente - combattere??? Lo facevano - eccome! - ma in silenzio. Senza disturbare con le loro inguaribili cicatrici fisiche e psichiche se non addirittura con il loro cadavere.

Per troppi anni, finanziamenti "diversamente distribuiti" hanno inoltre compromesso l'operatività dei reparti, di fatto creando soldati, come giustamente indicato, "di serie A, B e C". Visti gli inediti fondi disponibili, speriamo che il divario si attenui ed in fretta.

Per il momento, ho fiducia nel capo di stato maggiore dell'Esercito: un realista che all'assunzione dell'incarico (sapendo forse che oramai è tardi per il resto) ha messo al primo posto l'addestramento (v.video).

Sarebbe bello, in fondo, poterlo intervistare e rivolgere a lui (e ad altri) queste domande o perplessità. Abbiamo inoltrato richiesta. Il giorno che l'Italia diverrà una vera Repubblica effettivamente democratica e le interviste non verranno più "concesse" a sudditi (proni e compiacenti), sarà dovere, anche se non sempre un "piacere".

Sono anni che sottolineiamo la necessità di una Conferenza Stampa Settimanale della Difesa (articoli L’Italia è di fatto in guerra: ci difenderanno i “Gattopardi”?La Francia onora il nostro capo militare della Difesa. L'Italia rischia esempi positivi?), Caro ministro, se ne freghi e dia l’esempio… e Il ministro Crosetto parla! E pure bene...).

Il nostro stimato Sergio Mattarella, capo delle forze armate, anche alla luce dei principi sottoscritti nel Trattato del Quirinale del 2021, fervido decantatore della nostra democrazia e libertà di stampa, disporrà mai di emulare i "cugini" permettendo libere domande alla Difesa che, ai sensi della Costituzione, "supremamente" comanda?

Osserviamo le (libere) conferenze stampa settimanali del ministère des armées francese!

Speriamo vivamente che il presidente della repubblica, per il bene comune, prima o poi comprenda il suggerimento e, su questo tema, da un sornione silenzio passi al "Muèviti u culu!".

Andrea Cucco

Immagine: Difesa Online