Verso la fine del 2018 è passata in sordina sui media, la notizia del South China Morning Post, sul ritrovamento dei resti di una nave che giacciono su un fondale profondo 434 metri, a circa sette miglia dall’isola coreana di Ulleungdo. Il relitto è stato identificato grazie al nome scritto in cirillico sulla poppa: “Dimitri Donskoy”.
L’anno 1904 l’incrociatore russo “Dimitri Donskoy” con macchine a vapore e alberi a vela era ormai una nave obsoleta che si dondolava placidamente sul Baltico quando, nell’ottobre, fu mobilitata e comandata assieme ad altre sue disgraziate sorelle a recarsi attraverso i mari del globo, a migliaia di miglia di distanza nel lontano Oriente.
Dopo sette mesi dalla partenza dalla Russia, il Dimitri Donskoy con le navi sorelle, attraverso lo stretto di Surigao, una mattina si presentò vicino a Tsushima: fu una mattanza, l’eroismo dei marinai-mugik (contadini) russi non fu secondo a quello dei samurai giapponesi.
Con la Flotta Russa ormai in fondo al mare o catturata dai Giapponesi, la sera del 28 maggio 1905, lo stanco Dimitri, fuggì dalle acque di Tsushima combattendo strenuamente contro 6 incrociatori che lo inseguivano e sopravvisse fino al giorno successivo quando il suo capitano Ivan Lebedev, che rifiutò fino all’ultimo di ammainare la gloriosa Andreeva, a causa degli ingenti danni, decise di autoaffondare la Nave.
Guardo una vecchia fotografia del libro del Thiess: Tsushima, scorgo una vecchia nave a vapore attrezzata a “nave”, ben pavesata, pare un’anatra poco usa a navigare, qualche cannoncino qua e là, alle drizze si vedono dei marinai, mugik tolti all’agricoltura, sicuramente mal formati, scarsamente equipaggiati, e assistiti, che furono costretti con un viaggio infernale a passare dal gelo artico, al caldo tropicale, vicino al fuoco delle caldaie, a respirare fumo nero e grasso di carbone di infima qualità, protagonisti loro malgrado di una odissea su mari al tempo ancora poco conosciuti, che bagnavano terre straniere con genti anche neutrali, che respingevano sistematicamente le richieste di rifornimento dell’Ammiragliato di San Pietroburgo.
Un lontano accadimento, un’epopea attraverso tre oceani, una tragedia culminata con la morte di oltre 4.000 marinai russi, che vennero portati davanti al ruggito del cannone, che ne sovrastò le voci, e tolse loro, il bene prezioso della Vita. L’ammiraglio Rožestvenskij, un gigante, colpito alla testa e catturato in stato di incoscienza, non ebbe mai più un comando in mare.
Nessuno scrisse che erano eroi, parola tanto abusata oggigiorno, nessuno pregò, o ringraziò e celebrò quei marinai per la loro lealtà, abnegazione, il coraggio dimostrato, lo spirito di sacrificio, le privazioni patite, per tacere delle umiliazioni loro inflitte non solo dai vincitori, ma anche dalle autorità del loro Paese al ritorno in patria. Molti furono processati, anche arrestati, e tutti sia quelli inviati in Siberia che quelli che si salvarono, furono obliati.
Un sogno... il vecchio Dimitri ritrovato... qualcuno dice che trasportava l’oro della 2° flotta russa perduta nell’arco di 3 ore a Tsushima… I Russi smentiscono la presenza di oro, vedremo se qualcuno avrà il coraggio con i Russi di mezzo di andare a prenderlo… basta divagare...
Mi viene in mente però, che anche a casa nostra talvolta nel trattare le persone non siamo da meno.
Mi riferisco al modo tenuto dagli inizi 2000, fino ad oggi, con cui, con la professionalizzazione delle FFAA, è stato organizzato, gestito e mantenuto un sistema di reclutamento per l’acquisizione di nuovo personale per sopperire alle esigenze di organico delle stesse FFAA, seguite all’abolizione del servizio di leva. Sono risultati evidenti diritti spesso negati, anche i più elementari, a persone sia in accesso che al termine della vita militare, fino ad impedire o a rendere difficile a tantissimi di loro reinserirsi nella vita di tutti i giorni con le pari opportunità di coloro, già appartenenti al mondo civile (vedasi ad es: la frequenza di disposizione dei posti riservati ai precari militari nei concorsi pubblici – c’è da schiantare da ridere...)
Alla complessa riorganizzazione delle FFAA sul modello professionale, ed in particolare al disposto normativo afferente alla stessa “professionalizzazione”, le norme adottate determinarono col tempo il c.d. precariato militare in ambito Difesa.
L'organico militare c.d. “precario”, corrisponde a tutto il personale reclutato ai sensi delle leggi sulla professionalizzazione, che venga trattenuto (rafferme/esigenze di FFAA) o richiamato, di modo tale da maturare un periodo di servizio omologo - stesso ruolo: ufficiale, sottufficiale, o militare di truppa - complessivamente superiore ai trentasei (36) mesi nel Corpo/Arma d'appartenenza.
Tra i precari nel tempo spesso si sono posti gli Ufficiali AUFP, e gli ufficiali AUC, che tutti assieme sono gli ufficiali ausiliari di Marina Militare, carabinieri, etc.. Gli ufficiali a ferma prefissata, AUFP, sono chiamati a prestare servizio per trenta mesi, rinnovabile dalla Amministrazione dalla quale dipende, con ulteriori 12 mesi di rafferma; un rapporto insomma a tempo determinato con la pubblica amministrazione militare.
È appena il caso far notare che la definizione “a ferma prefissata”, è utilizzata per indicare il periodo lavorativo che intercorre tra questa tipologia di ufficiali e l’Amministrazione militare, un significato che spesso non viene ricondotto dai Cittadini e non solo, allo stesso periodo lavorativo prestato con contratto definito “a tempo determinato” dai dipendenti della restante Pubblica Amministrazione, quella “civile”.
Infatti una attenta lettura della normativa di accesso al contratto a tempo determinato per i dipendenti della pubblica amministrazione, dimostra la previsione di stessi iter procedurali, concorsuali e formativi per l’accesso alla professione, per tacere della durata del rapporto di lavoro: da 18 a 30 mesi prorogabili fino ad un anno a domanda, ed in base alle necessità della amministrazione, che eventualmente la stabilisce. Ma i fatti accaduti nel tempo, poi smentiscono che il trattamento tra militari e civili sia stato lo stesso. Infatti l’AUFP al termine della ferma non ha preso un soldo di liquidazione per il servizio prestato mentre il pubblico dipendente a tempo determinato, sì; il precario militare poi, non è stato ammesso negli elenchi civili della disoccupazione al termine del servizio, per tacere dei periodi di corso nelle Accademie che per quanto risulta non sono stati riconosciuti dalle Università a fini di laurea agli ex UFP o UC.
Al termine della loro ferma, gli AUFP e AUC di Marina con oltre tre anni di servizio, non vennero mai stabilizzati dalla Forza Armata, nonostante la Finanziaria del 2007, disponesse al comma 519, in via prioritaria, il trattenimento obbligatorio in servizio, per gli ufficiali a ferma prefissata da parte dell’Amministrazione militare, nelle more della conclusione delle procedure di stabilizzazione, tutto ciò mentre si continuavano a bandire concorsi per UFP, ogni anno. I Carabinieri di converso, non abbandonarono, ma stabilizzarono i loro UFP .
Dal 2009 in poi al termine del servizio UFP, con una regoletta interna all’Amministrazione militare, di quelle che si adottano per organizzare la vita interna di una qualunque pubblica amministrazione, a tutti quei giovani precari, per il semplice fatto “di essere già stati” UFP, non venne più consentito loro, di concorrere ai nuovi bandi AUFP, che il ministero continuava a pubblicare. Si perse esperienza, formazione e pubblico denaro speso per la professionalità maturata e acquisita dagli UFP, e nonostante moltissimi avessero prestato lodevole servizio in Marina, e congedati senza demerito al termine delle ferma.
Strano ma vero, la condizione di “essere già stati” ufficiali AUFP, inserita nei nuovi bandi, impediva l’accesso a nuovi concorsi pubblici a ferma prefissata degli stessi ex ufficiali AUFP, ovvero di tornare ad essere ufficiali di Marina, e poneva costoro ormai Cittadini della Repubblica che godono diritti costituzionali, alla stessa stregua di chi è estromesso dalle prove concorsuali negli stessi bandi per AUFP di Marina, perché: “non debbono essere imputati per delitti non colposi ovvero sottoposti a misure di prevenzione o di sicurezza, ne' essere in situazioni incompatibili con l'acquisizione ovvero la conservazione dello stato di uff.le delle Forze armate” come riportato all’art. 3 Requisiti, com. 3 lett. b) D.M. 26.9.2002. No comment! No comment! No comment!
In ultimo, con la Gazzetta Ufficiale nr 86 del 11 dicembre 2020 è stato pubblicato il bando di concorso per il reclutamento di 61 ufficiali in servizio permanente dei ruoli speciali della Marina Militare con riserva di posti a favore del personale appartenente al ruolo marescialli, al ruolo sergenti e del coniuge e dei figli superstiti ovvero dei parenti in linea collaterale di secondo grado se unici superstiti, del personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia deceduto in servizio e per causa di servizio.
Io penso che ciò sia ben fatto! Le riserve dei posti accordate dalle normative vigenti, ben sintetizzano il merito riconosciuto al ruolo dei marescialli, ai sergenti e la gratitudine dovuta ai Deceduti in e per servizio, e ai familiari ai quali sono destinate. Ma non è giusto che i mugiki AUFP e AUC rispediti a terra vengano sempre trattati diversamente dagli altri. Sono Tutti Italiani tanto in mare, che a terra!
Qui si tratta di rendere giustizia ad una categoria di persone retrocesse al grado di mugiki d’ufficio; e si rende giustizia anche assicurando la riserva dei posti a concorso agli ex AUFP e/o agli ex AUC che abbiano i requisiti formativi e di servizio. Ciò non è impossibile, posto che il Ministero Difesa, perpetua sorgente di precari, è pubblica amministrazione al pari (sotto questo aspetto) delle altre civili, e può assicurare con le necessarie modifiche agli artt. 1014 e 678 del D.lgs n. 66/2010 (Codice Ordinamento Militare – COM) e successive modifiche e integrazioni (cfr. doc.1 e doc. 3 normativa di riferimento), la riserva dei posti a concorso, anche agli ex AUFP e/o agli ex AUC che abbiano i requisiti di servizio.
"Se vuoi costruire una nave, non radunare uomini solo per raccogliere il legno e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito" (Antoine-Marie-Roger de Saint-Exupéry)
P.S. Il seguito alla prossima puntata, ...andremo a buscar el levante por el poniente
Lettera a firma: Dimitri del Don