Domenica 11 ottobre ci ha lasciato un amico, il com.te Aldo Locatelli. Fra poco più di un mese avrebbe compiuto la considerevole età di 88 anni, traguardo notevole, come le sue oltre 53000 ore di volo, che diventano ancor più considerevoli in virtù del fatto che ben pochi giorni della sua vita sono stati privi di esperienze rischiose e pericolose.
Aveva però un suo angelo custode, che chiamava “Joe”, che lo ha accompagnato per tutta la vita, sin da un un freddo mattino del marzo 1945, quando gli salvò la vita e contemporaneamente gli iniettò il “virus” del volo.
...la seconda guerra mondiale era ancora in corso. Abitavo in un piccolo paese della bergamasca, Antegnate, e ogni giorno andavo in bicicletta a Romano Lombardo, percorrendo 5 km di strada statale, dove frequentavo la 3media. Pedalavo velocemente, perché alle 8,30 dovevo essere in classe. Il cielo era terso e limpido di un azzurro quasi irreale. Improvvisamente sentii uno strattone alla giacca, mi girai e vidi una piccola creaturina che si sbracciava, avvisandomi di un pericolo incombente; “Via, via da qui disse, buttiamoci sotto il ciglio!” Appena in tempo. La strada che prima percorrevo sembrava volesse esplodere. Guardai verso l’alto e vidi una meteora d’argento che vomitava fuoco sulla mia povera bicicletta. Non ebbi paura, ma un’ira immensa scatenò un inferno dentro di me. Mi alzai in piedi, tesi il pugno verso quell’argentea meteora e gridai: “Aspettami, perché fra pochi anni io sarò al tuo posto e faremo i conti!”
Il grande uccello d’argento se ne andò. Io naturalmente non andai per quel giorno a scuola e me ne tornai a casa a piedi. Quel grosso uccello d’argento l’avrei poi rivisto tanti anni più tardi e ci avrei anche volato. Si chiamava North American P51 Mustang.
Questo ciò che lui stesso scrisse nel suo libro, “I Signori del Cielo”, che donava alle persone che per lui erano meritevoli di essere stimate. Qualche copia è stata anche venduta in qualche libreria, ma non certo da lui, né per sua volontà: lui certe cose le lasciava in dono, e non a tutti.
Il titolo di quel libro sintetizzava la dedica a tutti quei piloti passati a volare nell’infinito, ma che in vita hanno appartenuto ad una sorta di ordine cavalleresco di antica nobiltà morale. Una razza che oggi, con la morte di Aldo, possiamo considerare estinta.
"Nuvole bianche e perlacee. Danzano davanti al muso del mio cavallino di razza, in un fantasmagorico scenario in cui si possono distinguere paesaggi, figure, volti di persone conosciute e non-, amate ed odiate. Figure e volti che sfuggono, si rincorrono, cambiano sembianze. Fantasmi! Volti di amici, di nemici, persone stimate che sono scomparse dalla vita sprofondando nell’oblio e che ora riappaiono fugacemente", per usare le sue parole.
Pilota Militare nel 2° stormo caccia, “combat ready” su F51 “Mustang” (per lui il “Mustang” era rimasto F=Fighter e non P=Pursuit), F86-E “Sabre”, “DH-100 Vampire”. Durante la sua formazione iniziale ha volato anche su FIAT G-59, T6 “Texan”.
Da civile fu il primo istruttore acrobatico italiano, fondatore della nazionale italiana di acrobazia con cui si piazzò al terzo posto nei campionati mondiali di Oskosh 1980. Dimostratore e collaudatore LearJet (i suoi preferiti, fra gli aerei civili, per le affinità con l’F86-E) e di un’infinità di altri aeroplani di ogni tipo e dimensione, sperimentatore del magnifico (e sfortunato) F20 Pegaso di Stelio Frati.
Infinite le avventure, le imprese e i successi conseguiti.
Per citarne un paio, passò il muro del suono con un F-86E e fu ben felice di essersi preso un turno di consegna di rigore per averlo fatto, dal momento che il velivolo non era stato progettato né collaudato in precedenza per il volo supersonico. L’attestato rilasciatogli dalla casa costruttrice era per lui una medaglia al valore. Da civile, invece, arrivò con un LearJet 24 sul minuscolo aeroporto di Cremona, fece un airshow con un biplano acrobatico e ripartì con il medesimo LearJet con cui era arrivato.
Proprio con un LearJet salì a 53000 ft, dove il cielo è già nero e l’orizzonte terrestre curvo, per risolvere un problema, e dopo quell’involontario test di quota tutti i velivoli consegnati ai clienti ebbero un incremento di certificazione di quota a 51000, cosa che a quel tempo era appannaggio solo del Concorde e di pochi aerei da caccia.
Ma preferisco lasciare ad altri il racconto delle sue imprese aviatorie. Io qui ricordo l’uomo, per la grande profondità che aveva.
Scrisse di sé "sono solamente una persona qualunque, innamorato del profondo blu in cui Dio abita e, di tutto ciò che lassù e quaggiù si può fare per sentirsi “il Signore del cielo”, al di fuori di qualsiasi miseria umana".
Questo era Aldo Locatelli.
Un vero Signore di altri tempi, e quello era il suo rapporto con il volo, con l’amicizia, con il mondo terreno, capace di donare tutto il suo sapere a chi, fattosi da solo, dimostrava passione, impegno, dedizione e sacrificio, così come di schierarsi apertamente contro chi amministrava il potere con interessi e fini personali.
Con lui il grande Stormo dei Signori del Cielo è ora completo e spero che qualche altro ragazzo - futuro pilota - possa beneficiare di questo nuovo angelo custode.
Se sarà così, non sarà certo l’angelo custode di “un figlio di papà”. A lui, quelli, non sono mai piaciuti. E non glielo mandava certo a dire…
Un giorno gli regalai un modesto giubbotto della nostra associazione (ATPAN), e facendogli ricamare il nome gli chiesi se desiderasse qualche personalizzazione.
Mi chiese solo di fargli ricamare un’aquila turrita, brevetto da Pilota Militare, vicino al suo nome.
“Cieli blu, Aldo”, grazie per avere incrociato le nostre rotte!
Andrea Troncone
Foto: web