Randolfo Pacciardi fu patriota e uno dei padri della Repubblica italiana. Classe 1899, toscano e di umili origini.
Fin da giovane interessato alla politica, nel 1915 si iscrisse al Partito repubblicano italiano. Fu giovane ufficiale nella prima guerra mondiale, prima nell’11° e poi nell’ 8° reggimento bersaglieri. Si distinse durante la ritirata di Caporetto (1917) dimostrando sacrificio, dedizione e sprezzo del pericolo. Partecipò all’offensiva del Piave (1918).
Durante il conflitto venne decorato con due medaglie d’argento e una di bronzo, e per la sua collaborazione sul Piave con le truppe britanniche e francesi fu decorato con la Military Cross e la Croix de guerre avec palme.
Terminata la guerra proseguirà con gli studi e nel 1922 conseguì la laurea in giurisprudenza. Sono anni difficili e con l’avvento del fascismo si dimostrò subito antifascista; nel 1926 fu assegnato al confino ma riuscì a sfuggire all’arresto e di fatto lo portò all’esilio (nel gennaio del 1927 varcò il confine svizzero).
Prese parte alla guerra civile spagnola a fianco della Spagna repubblicana contro il generale Franco. Fu comandante del battaglione Garibaldi, inserito nella XII brigata
internazionale, con il grado di maggiore e poi di tenente colonnello.
Durante la Seconda guerra mondiale visse negli Stati Uniti e tornò in Italia nell’estate del 1944.
Il 2 giugno del 1946 venne eletto Deputato all’Assemblea Costituente nelle file del Partito repubblicano. Vicepresidente del consiglio dei ministri (1947-1948) e ministro della
difesa (1948-1953) nei governi De Gasperi.
Come Ministro ebbe notevoli meriti: riorganizzò le Forze Armate, ricostituì i servizi segreti creando il Sifar (Servizio informazioni forze armate) e il Sios (Servizio informazioni operative e situazione).
Con Pacciardi il 4 novembre divenne festa delle Forze Armate italiane. Promosse l’istituzione del Consiglio superiore di difesa. L’Italia in quegli anni aderì al Patto Atlantico e alla NATO (1949).
Fu anticomunista e convinto sostenitore del presidenzialismo, ispirandosi al modello che fu introdotto in Francia nel 1958 con De Gaulle (Pacciardi era un ammiratore del generale).
Le sue idee controcorrente lo portarono a scontrarsi con la linea del suo partito fino ad arrivare all’espulsione nel 1963, dopo aver espresso voto contrario al primo governo di centro-sinistra
guidato da Moro.
Gli anni sessanta e settanta non furono facili per Pacciardi visto che fu accusato di essere coinvolto nel governo d’emergenza teorizzato nei giorni del Piano Solo nel 1964, e il “golpe
bianco” di Edgardo Sogno del 1974. Accuse che per lui portarono ad un nulla di fatto.
Nel 1980 venne riammesso nel Partito repubblicano. Il 14 aprile del 1991 si spense a Roma e due giorni dopo ebbe funerali di Stato "voluti dal presidente Francesco Cossiga"1.
Sono ben consapevole che per raccontare Randolfo Pacciardi non sia sufficiente quello che ho scritto, ma con queste mie righe ho cercato di ricordarlo in particolare nel suo passato da
combattente - per la Patria e la Libertà - e ministro.
Francesco Sisto
1 P. Palma, Randolfo Pacciardi. Profilo politico dell’ultimo mazziniano, Rubettino, Soveria Mannelli, 2012, p. 152