Quella che voglio raccontarvi può sembrare una storia inventata ma è vera e ne sono co-protagonista. "Co" perché il personaggio principale è un biplano nato dalle officine Caproni di Taliedo (MI) nel 1933. Un biplano speciale perché è il più vecchio aereo italiano tuttora volante. Certo, vi sono aerei più anziani... ma sono conservati nei musei e non volano più!
Tutto ha inizio ben 84 anni fa. Ben inteso, io non c'ero ancora, sono nato solo 34 anni dopo...
Il nostro Caproncino (questo era il nomigliolo con cui veniva affettuosamente chiamato) nasce nel 1933 assieme ad altri 49 fratelli. Sono infatti 50 gli aerei costruiti di quella serie.
È il numero di matricola militare MM 55914 della Regia Aeronautica, forza armata che servì sino al 1939, anno in cui fu acquistato da un privato che gli diede la matricola civile che conserva ancora oggi I-ABMT.
Arriviamo, per non dilungarmi troppo, agli inizi degli anni '70. Mio padre allora lavorava come pilota per una società di lavoro aereo che si chiamava "Transavio", basata sull'aeroporto di Milano Bresso. Io ero poco più che un bambino e cominciavo a muovere i miei primi "passi" aeronautici trascorrendo le giornate in aeroporto. Questa società aveva, anni prima, acquistato il biplano. In realtà ne aveva più di uno. Un altro, per esempio, immatricolato I-GTAB, che ora si trova conservato al museo di Vigna di Valle, veniva utilizzato per realizzare scritte pubblicitarie con i fumogeni in cielo e successivamente per il traino di striscioni.
Il biplano di cui trattiamo giaceva abbandonato in un hangar coperto da una coltre di polvere con la tela delle ali bucata dal materiale che gli veniva posato sopra come fosse uno scaffale. Già allora non volava più da 10 anni. Da bambino ci salivo, allacciavo le cinture e... fantasticavo, impugnando la cloche, di pilotarlo in voli arditi!
Era privo degli strumentazione e l'unico suono che produceva il motore, quando ho provato a muovere l'elica a mano, era lo stridore dei pistoni nei cilindri dovuto alla mancanza di olio.
Quando scendevo ero completamente impolverato ma felice. Un po' meno mia madre quando tornavo a casa...
Se allora qualcuno mi avesse detto che, un giorno, non solo ci avrei volato ma addirittura sarei stato io stesso a pilotarlo, non ci avrei creduto.
Passano gli anni e, nel frattempo, ottengo i "brevetti" (all'epoca si chiamavano così) - oggi licenze - sino ad ottenere quella professionale e quella di Istruttore di volo.
Il giorno del mio compleanno, non uno qualsiasi ma quello dei miei 50 anni, mi viene fatto un regalo inaspettato...
Facciamo una breve parentesi. Nel 1996. Il Caproncino viene acquistato dal padre di un caro amico di famiglia che, avendo qualche anno prima acquistato e restaurato il "Caproni idro" dell'Aero Club Di Como, lo restaura a sua volta e lo riporta agli antichi splendori di quando indossava fieramente le insegne della Regia Aeronautica.
E torniamo al mio compleanno. Simone Gavazzi mi comunica che ha un regalo da darmi da parte sua e di suo padre Gerolamo, ma che, date le dimensioni, non ha potuto portarlo. Poi aggiunge: "Papà ha deciso come regalo di farti diventare il pilota ufficiale del Caproncino".
Vi lascio immaginare la mia espressione: tra l'incredulita e lo stupore. Ho, per un attimo, pensato anche ad uno scherzo. Ma era tutto vero!
Sul mio libretto di volo la data del 22 giugno 2017 ha un significato speciale: vi si legge CA100 I-ABMT Bresso Bresso, 25 minuti, e la nota "volo abilitazione CA100"!
Quando mi sono riseduto su quel sedile, dall'ultima volta, erano passati ben 40 anni... Mille ricordi, odori e rumorii mi sono tornati alla mente per poi svanire d'incanto nel momento dell'accensione del motore, lavorando tra la leva dell'anticipo e del gas.
Al decollo, nell'istante in cui ho staccato le grandi ruote a raggi da terra ed iniziato a sentire l'aria che lambiva i tiranti tra le sue grandi ali, sembrava quasi volesse ripagarmi di tutti gli anni che aveva dovuto "aspettare" per realizzare il sogno che un bambino aveva fatto nella sua polverosa cabina...
Renato Cortelletti