In Italia, in materia di sicurezza, ma non solo, sembra che la politica tenda a non affrontare i problemi che nel tempo si calcificano sino a quando una crisi non li fa emergere sui giornali. Un po’ come una collaboratrice domestica pigra, ma che si crede furba, che continui a nascondere la polvere sotto i tappeti, fino a che questi non ricoprano della vere e proprie dune sahariane.
A quel punto diventa talvolta impossibile risolvere i problemi che non si sono voluti affrontare in precedenza, o comunque la loro soluzione può richiedere più tempo, più denaro e talvolta perdita di credibilità.
In relazione alla missione UNIFIL in Sud Libano (presente dal 1978, a cui l’Italia partecipa dal 1982 e di cui dal 2006 è stato quasi costantemente il maggiore contributore di forze) si chiede da più parti oggi che venga implementata la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza del 2006.
Tale risoluzione al para 81 richiedeva, tra l’altro:
► la costituzione di un’area tra il fiume Litani e la Blue line (che sarebbe di fatto il confine tra Israele e Libano, nazioni formalmente ancora in guerra in quanto nessun trattato di pace è stato raggiunto) di un area dove le uniche formazioni armate fossero UNIFIL e le FA regolari libanesi. Ciò prevedeva pertanto il ritiro sia degli Israeliani (avvenuto tempestivamente in coordinazione con lo schieramento di UNIFIL II s) sia degli Hezbollah (di fatto mai avvenuto)
► che non vi fossero forze militari in tutto il Libano senza autorizzazione del governo di Beirut. Ovviamente ciò non è mai avvenuto e in Libano continuano ad operare (sia pure con il tacito consenso del potente partito sciita ) formazioni che prendono ordini da Teheran e da Damasco.
A paragrafo 112 viene sancito che una UNIFIL “rinforzata” rispetto al periodo 1978-2006 dovesse vigilare sull’implementazione di quanto sancito dalla Risoluzione e, soprattutto, al paragrafo 123 autorizza UNIFIL ad adottare tutte le azioni necessarie e entro le proprie capacità per impedire che l’area tra il fiume Litani e la Blue Line venga utilizzata per attività ostili.
Senza voler esprimere giudizi di valore, appare evidente che dopo ben 18 anni la risoluzione 1701 non sia stata totalmente implementata. Non solo, a differenza dell’IDF, Hezbollah e altre formazioni militari che non rispondono (almeno ufficialmente) al governo di Beirut continuano ad operare con preoccupante libertà d’azione e a lanciare dal territorio libanese attacchi contro Israele. Attacchi cui ovviamente IDF risponde. Inoltre, in questi 18 anni, indubbiamente, Hezbollah ha incrementato le proprie capacità militari, anche nel Sud Libano ed ha acquisito quantità preoccupanti di missili balistici a corto e medio raggio nonché razzi di vario tipo e gittata.
Appare evidente che la risoluzione 1701 non sia mai stata implementata e che le Nazioni Unite non abbiano la capacità di gestire una forza militare che sia in grado di far implementare una risoluzione così ambiziosa. Sembra oggi chiaro a tutti, ma abbiamo avuto 18 anni per accorgercene. Ipotizzare di correre ai ripari ora, che Israele sembra aver (giustamente) perso la pazienza, pare decisamente tardivo.
Né ci si può aspettare che nell’attuale contesto geopolitico, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU possa far convergere su una nuova e più decisa posizione in merito al ruolo di UNIFIL gli USA (in evidente crisi di leadership, con Biden azzoppato, la Harris in campagna elettorale con paura di perdere supporto da parte dell’elettorato filo arabo o quello filo israeliano e l’incubo Trump incombente), la Russia (che nella regione è legata a filo doppio a Teheran e a Damasco e che, pertanto, non accetterebbe alcunché che dispiaccia agli Hezbollah), la Cina (che dal fallimento dell’ONU avrebbe tutti i vantaggi per incrementare la propria figura di nuovo negoziatore per il Medio Oriente, come già dimostrato con gli accordi tra Iran e Arabia Saudita) e la Francia (la cui politica estera è oggi più che mai ostaggio della propria declinante influenza nelle ex colonie islamiche).
In tempi non sospetti, anche in quanto maggiore contributore di forze (dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo delle stesse), avremmo potuto (e forse dovuto) minacciare il ritiro del nostro contingente da UNIFIL ove le condizioni non fossero cambiate. Oggi una tale ipotesi sarebbe poco dignitosa e comunque non otterrebbe più i risultati sperati.
È molto probabile che Israele, se non dovesse ottienere a livello politico determinate assicurazioni, lanci una operazione militare sia pure di limitata entità in Libano attraversando l’area di operazioni di UNIFIL.
Cosa farebbero in tal caso i “caschi blu”? Si atterranno a quanto previsto dagli articoli 11 e 12 della più volte citata Risoluzione 1701 e bloccheranno con i loro corpi l’avanzata dei Merkava? No, assolutamente, come di fatto non sono stati in grado di prevenire che Hezbollah dal Sud Libano lanciasse razzi contro i villaggi israeliani nel nord del paese.
Che si rinchiudano nelle loro basi al sicuro (cosa già vista con il contingente ONU in Bosnia nel 1995) o se si decida un improbabile e quasi impraticabile ritiro d’urgenza (che potrebbe far apparire il ritiro NATO da Kabul una opera di grande maestria logistica) comunque la credibilità dell’ONU e di UNIFIL in Medio Oriente ne uscirebbe a pezzi (cosa che a molti membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, probabilmente, non dispiace affatto).
1 UNSCR 1701 para 8. “Calls for Israel and Lebanon to support a permanent ceasefire and a longterm solution based on the following principles and elements: – full respect for the Blue Line by both parties; – security arrangements to prevent the resumption of hostilities, including the establishment between the Blue Line and the Litani river of an area free of any S/RES/1701 (2006) 06-46503 3 armed personnel, assets and weapons other than those of the Government of Lebanon and of UNIFIL as authorized in paragraph 11, deployed in this area; – full implementation of the relevant provisions of the Taif Accords, and of resolutions 1559 (2004) and 1680 (2006), that require the disarmament of all armed groups in Lebanon, so that, pursuant to the Lebanese cabinet decision of 27 July 2006, there will be no weapons or authority in Lebanon other than that of the Lebanese State; – no foreign forces in Lebanon without the consent of its Government; – no sales or supply of arms and related materiel to Lebanon except as authorized by its Government; – provision to the United Nations of all remaining maps of landmines in Lebanon in Israel’s possession;”
2 UNSCR 1701 para 11. “Decides, in order to supplement and enhance the force in numbers, equipment, mandate and scope of operations, to authorize an increase in the force strength of UNIFIL to a maximum of 15,000 troops, and that the force shall, in addition to carrying out its mandate under resolutions 425 and 426 (1978): (a) Monitor the cessation of hostilities; (b) Accompany and support the Lebanese armed forces as they deploy throughout the South, including along the Blue Line, as Israel withdraws its armed forces from Lebanon as provided in paragraph 2; (c) Coordinate its activities related to paragraph 11 (b) with the Government of Lebanon and the Government of Israel; (d) Extend its assistance to help ensure humanitarian access to civilian populations and the voluntary and safe return of displaced persons; (e) Assist the Lebanese armed forces in taking steps towards the establishment of the area as referred to in paragraph 8; (f) Assist the Government of Lebanon, at its request, to implement paragraph 14;”
3 UNSCR 1701 para 12 “Acting in support of a request from the Government of Lebanon to deploy an international force to assist it to exercise its authority throughout the territory, authorizes UNIFIL to take all necessary action in areas of deployment of its forces and as it deems within its capabilities, to ensure that its area of operations S/RES/1701 (2006) 4 06-46503 is not utilized for hostile activities of any kind, to resist attempts by forceful means to prevent it from discharging its duties under the mandate of the Security Council, and to protect United Nations personnel, facilities, installations and equipment, ensure the security and freedom of movement of United Nations personnel, humanitarian workers and, without prejudice to the responsibility of the Government of Lebanon, to protect civilians under imminent threat of physical violence;”