Il fiume Dnestr taglia in due la Repubblica di Moldova. Nasce in Ucraina, dove lo chiamano il fiume lento. Ma qui, in Moldavia, nessuno usa il nome russo. Per tutti è il Nistru.
A Criuleni, villaggio di poco più di mille anime a quaranta minuti di auto dalla capitale Chisinau, il Nistru appare ancora più silenzioso e fermo. A poche decine di metri da una fermata dell'autobus assegnata al personale dell'idrocentrale elettrica è insediato il primo check point.
Fino a qualche mese fa i moldavi familiarizzano con i soldati delle “truppe di pacificazione”, oggi che lo spettro di un'avanzata russa sembra essere reale a stento incrociano lo sguardo con i giovani militari.
La strada che normalmente si percorre a velocità sostenuta costringe a una brusca frenata e a lenti cambi di direzione; sull'asfalto malandato blocchi di cemento sono stati posizionati per consentire l'ispezione delle vetture. Sul ciglio della corsia un BTR-70, un veicolo trasporto truppe ruotato, è fermo con la mitragliera da 14,5mm in bella mostra. I militari sembrano in stato di allerta; l'AK47 dai più non è tenuto a tracolla, poggiato sulla spalla destra. Da qualche giorno il vivo di volata punta verso le portiere delle auto in transito con il dito indice sul ponticello del grilletto.
“Sappiamo cos'è la guerra. Il nostro Donbass lo viviamo dai primi anni Novanta. È lì, oltre il fiume. E ha un nome: Transnistria”.
Iurie Leancă è stato primo ministro dal 2013 al 2015, prima ancora ha ricoperto l'incarico di ministro degli Affari Esteri. Il suo ufficio è illuminato da due grandi vetrate che affacciano sulla statua di Alexdr Puskin. Sulla scrivania una scultura rappresenta un toro selvatico che incorna un orso. “Il toro è un animale simbolo della Moldavia e l'orso, quello è la Russia”.
Sorride Leanca, ma l'espressione diventa presto una smorfia contratta del volto. “Se i russi dovessero prendere Odessa la Moldavia sarebbe in serio pericolo – spiega – la Transnistria di fatto è occupata da loro dal giorno della nostra indipendenza, a Sud la Gagauzia, una piccola provincia abitata da turchi di lingua russa, ha più volte manifestato la volontà di aderire ai piani del Cremlino. La Moldavia non ha alcun ombrello di sicurezza, né della Nato né dell'Europa”.
C'è rammarico nelle parole dell'ex premier. Sulle pareti del suo ufficio campeggiano foto con la cancelliera tedesca Angela Merkel e con l'ex presidente Usa Barack Obama. “Ogni volta che in parlamento europeo abbiamo svolto missioni diplomatiche per proporre l'adesione della Repubblica di Moldova all'Ue abbiamo sempre ricevuto rassicurazioni ma mai interventi concreti. Registriamo, purtroppo, perplessità da parte di alcuni paesi. Uno su tutti la Francia”.
Grande quanto il Veneto e con poco più di 2 milioni e mezzo di abitanti, la Moldavia ha un'economia basata principalmente sull'agricoltura, un alto tasso di disoccupazione e una crescita interna che stenta a raggiungere gli standard della vicina Romania. Un partner poco interessante per i paesi dell'Unione Europea.
“Cosa faremmo se i russi dovessero entrare in Moldavia? Direi che avremmo un dubbio di natura shakespeariana: essere o non essere”. Iurie Leancă pensa soprattutto alle forze armate. “Abbiamo un esercito che conta appena 3000 unità, equipaggiamenti datati per non parlare del parco mezzi. L'aviazione? Una decina di velivoli, almeno stando a quelli presenti negli inventari ma non saprei quanti di questi siano operativi”.
L'escalation bellica delle ultime settimane sembra non avere avuto impatti sul sistema di sicurezza moldavo. Le truppe restano nelle caserme e a presidio dei piccoli arsenali. È l'intellicenge ad essere passata ad uno stato di operatività superiore. Agenti monitorano i passaggi di cittadini lungo i quattro ponti che attraversano il fiume Nistru e portano nella vicina Transnistria. Annotano targhe, scrutano volti. Qualcuno viene fermato per “colloqui informali”.
“È proibito scattare fotografie” ammonisce un poliziotto di dogana al confine di Criuleni. Poco dopo il divieto viene motivato da un funzionario del Sis, il Serviciul de Informații și Securitate moldavo che raggiunge il valico di dogana a bordo di un vecchio suv Toyota.
“Quelli dall'altra parte cercano il pretesto per uno scontro, è accaduto già nei giorni scorsi con gli spari contro un edificio pubblico e con l'esplosione di una granata accanto a una antenna radio”. “Quelli” sono gli agenti russi dell'Fsb in Transnistria.
Dai primi giorni di aprile, la repubblica autoproclamatasi indipendente dalla Moldavia nei primi anni Novanta è diventata uno dei principali punti di ascolto del servizio segreto russo. La paura è che proprio in questa piccola striscia di terra, dove sono presenti almeno 1500 militari russi, possa aprirsi un nuovo fronte. Sono molti gli analisti a ritenere che l’obiettivo di Putin sarebbe quello di creare un corridoio dal Donbass fino alla regione separatista, portando a termine il progetto di una ‘Nuova Russia’ con sbocco sul Mar Nero.
L’enclave sarebbe quindi una postazione strategica per un’operazione a tenaglia su Odessa che dista appena 80 chilometri. Un fronte che, però, potrebbe avere un effetto domino: un’azione russa nella regione, non riconosciuta nemmeno dalla stessa Russia, significherebbe di fatto una dichiarazione di guerra alla Moldavia su cui ha una forte influenza la Romania, paese Nato fortemente ostile alla Federazione e che sta già ammassando truppe al confine. La situazione diventerebbe quindi esplosiva, mettendo la Moldavia in estrema difficoltà.
Il Paese si è da sempre definito neutrale, rendendo ufficiale la propria posizione anche in Costituzione. Una neutralità che si associa al no convinto alla Nato e che mette d’accordo governo e opposizioni.
“Siamo - dice il ministro degli Esteri Nicu Popescu - un paese neutrale. Non prendiamo parte a conflitti militari, ma vogliamo entrare in Europa”.
Ma la morsa dell'orso russo sulla Moldavia potrebbe non essere necessariamente armata. Il paese è dipendente per l'approvvigionamento del gas dalla Russia. L'energia elettrica viene fornita attraverso due centrali, entrambi dislocate in Transnistria. Se il Cremlino volesse, potrebbe lasciare a secco l'intera nazione.
A Chisinau ne sono tutti convinti: i russi arriveranno a Odessa. E la premier Maia Sandu si troverà a un bivio: invocare l'intervento della Nato o fare spazio a un governo fantoccio di Mosca guidato da Igor Dodon, il leader filorusso che il 9 maggio ha sfilato nel memoriale Eterninate con il nastro di San Giorgio. Che ha dato il via al percorso che potrebbe consegnare il Paese a Putin.
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