Amatrice era uno dei borghi più belli d’Italia. Alle 3.36 dello scorso 24 agosto un terremoto di magnitudo 6.0 della scala Richter ha raso al suolo l’intero paese. Parole inquietanti che pesano a furia di risentirle, incapaci a prepararmi a ciò che avrei visto. Quel valore di magnitudo è sinonimo di disastro. La sequenza di scosse non si è mai interrotta nei mesi successivi. Lo sciame sismico ha fatto tremare dalla scorsa estate tutto il Centro Italia.
L’Amatrici, come la chiamavano i Sabini, è il punto di incrocio di quattro regioni: il Lazio, l’Umbria, l’Abruzzo e le Marche. La Sabina, abitata un tempo dai Sabini, è una regione storico–geografica proprio dell’Italia Centrale situata tra Lazio, Umbria e Abruzzo. Il termine è usato impropriamente per connotare l’intera provincia di Rieti: Amatrice compresa.
“L’Operazione Sabina” è il dispositivo interforze del Ministero della Difesa, ed in particolare l’Esercito Italiano con cui è intervenuto nelle zone colpite dal sisma, in coordinamento con le altre Amministrazioni dello Stato per fronteggiare l’emergenza, su richiesta della presidenza del consiglio – dipartimento protezione civile.
Il ministro della Difesa Roberta Pinotti, ha elogiato i soldati italiani definendoli eredi degli “angeli del fango” dell’alluvione di Firenze del ’66. I soldati italiani, come tutte le Forze Armate del nostro Paese, per via delle emergenze che da Nord a Sud occorre fronteggiare, effettivamente sono sempre più integrati nella nostra società attuale. L’Esercito Italiano è impegnato in operazioni nazionali che lo vedono coinvolto giorno dopo giorno a contatto diretto col cittadino. L’Operazione Sabina richiede il concorso di uomini, mezzi e specifici materiali impiegati su vari fronti per soccorrere la popolazione colpita dal sisma, ripristinare la viabilità, garantire il supporto tecnico per le valutazioni dei danni e di eventuali situazioni critiche. E in situazioni di emergenza, come in calamità naturali così gravi, occorre saper comunicare prima di informare, senza deformare la realtà, né avere la fretta di calpestare le macerie dove anche i nostri soldati, dopo che la terra ha tremato, hanno scavato a mani nude per trovare qualcuno in vita.
Parto dall’Aquila verso le 7.20 in direzione Amatrice: sono 42 Km. Le strade per arrivarci sono tortuose e impervie. Raggiungo la devastazione del terremoto per guardare da vicino il lavoro che i soldati italiani del 6° reggimento genio pionieri di Roma, stanno compiendo ad Amatrice, uno dei comuni in cui la violenza del terremoto non ha risparmiato niente e nessuno. Non ha conosciuto limiti se non solo quelli della resistenza umana. La situazione è peggio di quanto ho immaginato durante il tragitto: il primo, amaro, impatto è in prossimità del ponte “Tre Occhi” che si trova appena sotto il centro abitato di Amatrice. Il pericolo di crollo è reale, lo si vede con facilità. Il sisma ha devastato questi paesaggi, oasi di bellezza naturale al Centro del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga.
Superato il posto di blocco delle forze dell’ordine all’ingresso del paese, è difficile non notare gli uomini e i mezzi dell’Esercito che entrano o escono dai cantieri. Parcheggio di fronte al parco comunale “Padre Giovanni Minozzi”.
Incontro l’ufficiale dell’Esercito, addetto alla Pubblica Informazione, davanti all’ingresso del parco. La vita degli amatriciani si concentra al suo interno. È da qui che inizia il mio “viaggio” ad Amatrice accanto agli uomini del 6° reggimento genio pionieri dell’Esercito.
Entrando nel Parco, i colori dei giochi dei bambini, sullo sfondo bianco della neve, sono più luminosi. Non bastano a confondere il grigio delle strutture provvisorie da cui si gestisce l’emergenza sisma. Sulla sinistra riconosco immediatamente il container del sindaco Sergio Pirozzi. Sul pannello frontale c’è la targa con su scritto: "Sfrattato a tempo".
Terremotati lo si è, invece, per sempre.
La porta è chiusa. Il sindaco arriverà più tardi. L’ufficiale P.I. mi fa notare a lato dell’ingresso del container, il presepe realizzato da Lucio Capri nel 2009. Questo presepe ricorda il sisma dell’Aquila. È stato donato alla comunità di Amatrice in segno di vicinanza, perché il sisma purtroppo accomuna le due città. Vuole essere un simbolo di speranza per gli aquilani e gli amatriciani che devono incoraggiarsi ad affrontare la realtà quotidiana. Il terremoto porta morte e distruzione. Non logora, però, la memoria, né le tradizioni. Il dono è simbolo della rinascita e della speranza di rimettere in piedi il paese.
Appena il tempo di girarmi e il mio sguardo è su quel che rimane dell’edificio del Liceo Scientifico, quasi completamente distrutto. Rimango a guardarlo per un po'. L’ufficiale si accorge del mio momentaneo turbamento. Ci spostiamo verso la COC (Centro Operativo Comunale) il cuore pulsante del coordinamento del lavoro di tutti i soccorritori e gli addetti alla gestione post sisma in loco.
La tensostruttura è stata offerta dal comune di Milano ed è stata trasportata dalla colonna mobile della protezione civile del comune di Milano con il materiale necessario per l’installazione e i gruppi elettrogeni. Duecento metri quadrati, dotata di un riscaldamento a gasolio che la rende completamente autonoma. Al suo interno sono state installate 20 postazioni dotate di telefono e collegamento internet: da qui si coordina il lavoro di Esercito Italiano, Vigili del Fuoco e Protezione Civile.
Lasciamo la COC. Percorriamo un piccolo sentiero all’interno del parco comunale Minozzi che ci porta verso la lapide in onore delle vittime del sisma che lo scorso agosto ha colpito il territorio comunale. Sono stati proprio i militari dell’Esercito a predisporre al centro dell’area, l’enorme roccia su cui è stata deposta la lapide (foto in fondo): è stata prelevata dal fiume Tronto che nasce dai Monti della Laga nel comune di Amatrice, per attraversare le Marche e l’Abruzzo, colpite anche dal sisma. Vicino alla lapide i militari hanno posizionato alcune macerie, tra cui i pezzi di un tetto crollato, per ricordare che il terremoto agli amatriciani ha presentato un conto umano impressionante. Questo monumento in ricordo dei concittadini scomparsi, è all’interno del parco giochi: è il luogo più appropriato per portare un fiore o un oggetto in memoria di una persona cara. La lapide nel parco è un simbolo prima di tutto, per i giovani. Devono credere che Amatrice si ricostruirà: quel masso del fiume Tronto indica quanto gli amatriciani sono legati al proprio territorio.
Le Forze Armate hanno mantenuto la promessa di donare il Tricolore al sindaco di Amatrice che aveva espresso questo desiderio per dare istituzionalità al centro che ora rappresenta il palazzo del governo. E qui che è stato eseguito il primo alzabandiera subito dopo il sisma.
Arrivare ad Amatrice non è semplice e non mi riferisco certo al viaggio o al mezzo impiegato, quanto alle emozioni che provo nel guardare da vicino quello che da tempo ho visto con gli occhi di altri. Non è semplice perchè guardandomi intorno non c’è da stare sereni. Negli occhi degli amatriciani che ho incontrato ci sono tante storie da raccontare. Il terremoto adesso non c’è più, ma in ogni vita incrociata mi è parso più vivo che mai.
Il mio viaggio ad Amatrice continua accanto ai soldati del 6° reggimento, impegnati nell’Operazione Sabina, cui si coordina l’Operazione “Strade Sicure”: altri soldati svolgono attività di sicurezza anti sciacallaggio, presidiando i varchi delle zone rosse di Amatrice.
L’Esercito Italiano grazie alla capacità “Dual Use” di molti suoi reparti, garantisce un impiego poliedrico mettendo a disposizione uomini, mezzi ed equipaggiamenti in grado di intervenire, operare ed essere utilizzati su tutto il territorio nazionale in favore e a supporto della popolazione, in caso di pubblica utilità proprio come testimonia la presenza dei militari ad Amatrice per l’emergenza sisma. La loro presenza rassicura, la loro opera continua e gli impegni sono massicci.
La capacità di intervento dimostra l’efficacia di un’organizzazione che riesce ad affrontare le più svariate situazioni con rapidità, senso pratico e capacità operativa elevata. Tutto nella costante sicurezza e tutela per i cittadini ed il territorio amatriciano. Ed è proprio con gli occhi di questi soldati che da quel 24 agosto scorso sono qui, che racconterò il lavoro quotidiano in cui sono impegnati per ridare un volto a questo paese sventrato e instillare speranza alla sua gente.
(foto dell'autrice)