Uno sguardo su Istanbul

(di Daniela Lombardi)
23/05/17

Una città che apparentemente è quella di sempre, con la sua impronta multiculturale che ne fa il ponte spirituale, oltre che geografico, tra Oriente e Occidente. Dando uno sguardo alle persone e ai turisti, sembra di poter affermare che Istanbul non abbia subìto contraccolpi, per quel che riguarda usi, costumi ed espressioni varie della propria libertà, a causa della politica autoritaria e conservatrice del presidente Recep Tayyip Erdogan, suo ex sindaco. Scavando più a fondo, però, i pareri unanimemente positivi sul recente referendum, sul gradimento dei cittadini nei confronti di Erdogan, espressi nella Istanbul “asiatica”, destano qualche dubbio sull’effettiva libertà di espressione in un contesto in cui gli abiti all’occidentale di turisti e turchi si alternano al niqab integrale indossato da alcune donne, in numero visibilmente crescente rispetto ad alcuni anni fa. Su queste figure si concentrano le attenzioni della Polizia e dell’Esercito, presenti in maniera massiccia davanti ai centri di maggiore interesse turistico e spirituale. Qualcuna di queste donne, che al niqab ha abbinato anche gli occhiali da sole che coprono l’unica parte lasciata visibile dal velo, cioè gli occhi, viene fermata all’ingresso della Moschea blu.

La Turchia non vuole farsi sorprendere da nuovi attentati e i controlli sono serrati, anche se la città appare “militarizzata” in modo “sobrio”, giusto quel tanto che si conviene a qualunque luogo turistico in anni caratterizzati dalla violenza degli estremisti islamici. Questa Turchia che mette in campo sistemi di protezione all’occidentale, riconoscendo nell’estremismo un nemico prima di tutto interno, sembra però al contempo allontanarsi sempre di più dall’Occidente, non solo nei proclami e nelle minacce del suo presidente, ma pure nei concreti avvenimenti di tutti i giorni. Un’aria più tesa e di maggiore opposizione al Governo si respira infatti in Piazza Taksim, da sempre simbolo del volto moderno e cosmopolita della città. Qui le persone, se si domanda loro qualcosa, non hanno paura di esporsi e dichiarare apertamente il loro “fastidio” per le recenti azioni di Erdogan e per la sua smania di accrescere il potere nelle sue mani con la svolta presidenzialista impressa col referendum.

“I voti sono stati contraffatti”, dice senza remore un ragazzo che si appresta a raggiungere i locali sparsi nel cuore pulsante della Istanbul europea. A determinare una serie di polemiche c’è anche l’inizio dei lavori per impiantare proprio sulla piazza un’enorme moschea, che nei progetti sarà visibile in ogni angolo della città.

“Perché bisognava costruirla proprio qui? – chiede un signore di circa cinquant’anni – È una provocazione”.

La polemica l’hanno posta i tanti che considerano la prospettiva del futuro come quella di un Paese laico, in cui non sia la religione a dettare le regole della convivenza. Dunque, è il simbolo di quella laicità che viene ad essere colpito - e non casualmente - dalla presenza di una nuova moschea.

“In un Paese in cui ce ne sono già tante, perché proprio nella piazza in cui i giovani si sono opposti alle svolte conservatrici di Erdogan bisogna costruirne un’altra? Istanbul è grande, i luoghi per edificare non mancano”, aggiunge una donna che vive da quindici anni qui dopo essersi trasferita da Ankara.

Nella piazza, prima dell’ascesa di Erdogan, si voleva inaugurare un grosso centro commerciale, in linea con la vocazione dell’intera area, caratterizzata da negozi e rivendite di tutti i tipi. Erdogan, già quando era sindaco di Istanbul, si era espresso a favore dell’edificio di culto, che sorgerà su una superficie di circa 1500 metri quadrati e potrà accogliere 2500 fedeli.

La questione di Piazza Taksim, nelle preoccupazioni dei più, sembrerebbe dunque completamente in linea con gli auspici che pubblicamente Erdogan aveva espresso nel 2015, circa il ritorno dell’impero ottomano. Auspici che soprattutto ai giovani turchi, di tutte le fedi religiose, appaiono inopportuni e fuori dal tempo. Quale delle due anime della Turchia, quella più conservatrice rappresentata da chi la governa attualmente o quella che vuole avvicinarsi all’Europa, prevarrà nei prossimi anni, è difficile stabilire. La realtà attuale parla però, almeno attraverso Istanbul, di un Paese che tenta di restare aggrappato al suo lato europeo, ma che viene tirato sempre di più verso la riva asiatica del Bosforo.

(foto dell'autore)