Su alcuni media internazionali (televideo RAI compreso) sono apparsi in questi giorni riferimenti all’offensiva dell’esercito siriano su Raqqa, autoproclamata capitale dello Stato Islamico.
È importante non confondere la città con il Governatorato di cui è capoluogo. L’attuale status del fronte vede un’avanzata sensibile delle Forze Armate di Damasco lungo la strada Ithriyah-Raqqa, con obiettivo principale la base aerea di Tabqa (foto in basso), distante meno di 30 km.
Tabqa è strategica in virtù della diga (una delle sei che tagliano l’Eufrate) che forma il Lago Assad, il più grande bacino artificiale siriano, essenziale per il rifornimento idrico e di energia elettrica nella regione. Le truppe siriane dirigono verso la sponda sud per la prima volta all’interno del Governatorato di Raqqa. La città, cuore del Califfato, è sulla sponda nord del fiume, a 80 km dall’attuale linea del fronte.
Alternative alla presa di Tabqa potrebbero essere:
- risalire il corso dell’Eufrate puntando a separare il Governatorato di Aleppo da quello della “capitale” jihadista, e tagliare in due il territorio dello Stato Islamico;
- rafforzare l’offensiva a sud di Raqqa per raggiungere la città assediata di Deir el-Zor. In queste ore i carri della 60a e 67a Brigata corazzata dell’esercito di Damasco sono impegnati proprio nell’offensiva a est di Palmira, in un’area desertica ricca di petrolio.
In ogni caso, la vittoria finale di Damasco passa dal sud e non da Aleppo.
Nonostante i continui tentativi di controffensiva, i miliziani dell’ISIS sarebbero in grande difficoltà anche a causa della forte pressione dei curdi dell’SDF (Forze democratiche siriane) sulla linea di Manbij (100 km a est di Aleppo). Notizie dell’ultim’ora darebbero in corso l’ingresso curdo in città.
Contenere contemporaneamente le offensive a nord e sud appare sempre più arduo per i terroristi anche se la situazione, come confermano fonti locali, sembra essere ancora molto fluida.
La conquista di Manbij consentirà ai curdi, affiancati da miliziani arabi e appoggiati dagli USA, di tagliare i rifornimenti tra il confine turco e il Califfato. In attesa della reazione di Ankara, la cui posizione nei confronti di Washington al proposito è quantomeno enigmatica, sotto il profilo politico sarebbe un dato molto importante, quantomeno perché riporta in evidenza l'importanza dei rapporti fra Damasco e curdi per il futuro della Siria.
L’assedio al Califfato si trasforma di ora in ora in una competizione tra forze che contribuiscono a combatterlo. Questo spiega l’intervento di forze speciali americane teso ad indebolire indirettamente Damasco nelle provincie nordorientali e la massiccia ripresa dei bombardamenti aerei russi sui jihadisti di Al-Nusra nell’area di Aleppo.
Dai primi di giugno gli attacchi russi sono stati ininterrotti su tutte le città nella cintura di Aleppo controllate dai miliziani islamisti. L’obiettivo sarebbe facilitare il ritorno delle forze lealiste anche nelle provincie esterne al controllo del Califfato, così da bilanciare i vantaggi ottenuti dai filoccidentali dell’SDF.
Cosa c’è da aspettarsi in Siria nell’immediato?
Le notizie che potrebbero fare il “botto” mediatico sono sempre tre:
- la caduta di Assad (molto improbabile);
- il collasso degli islamisti sul fronte di Aleppo (altrettanto improbabile per ora);
- la liberazione di Raqqa (possibile entro pochi mesi).
Il termometro della situazione sarà dato dall’appoggio USA all’offensiva di terra curda nel nord est. Se aumenterà, mettendo a rischio la pazienza della Turchia, sarà un segnale evidente che Raqqa e le linee dello Stato Islamico a sud stanno cedendo.
(foto: القوات المسلحه السورية)