Fino al 9 novembre nella regione a est di Belgrado, continueranno le manovre congiunte tra forze armate serbe, russe e bielorusse iniziate giovedì 3 novembre. L’esercitazione, denominata Fratellanza Slava 2016, ha lo scopo di migliorare le capacità tattiche su scala multinazionale di forze antiterrorismo ad impiego rapido. Partecipano 450 soldati serbi, circa 200 russi e 50 bielorussi.
Le manovre rispondono a Crna Gora 2016 (Montenegro 2016), l’esercitazione NATO tenuta appunto in Montenegro dal 31 ottobre al 4 novembre, preludio all’ingresso nell’Alleanza come 29° membro del piccolo Paese balcanico, previsto per metà 2017.
Se sotto il profilo militare i due eventi hanno un senso relativo, da un’ottica geopolitica hanno una grande importanza. L’ingresso di Podgorica nella NATO è fortemente contestato da Mosca e da Belgrado (v. articolo). Insieme alla Serbia, con cui ha costituito una confederazione fino al 2006, il Montenegro è la repubblica ex jugoslava storicamente più legata alla Russia. Nonostante la vicinanza culturale, la maggioranza ortodossa e un uso diffuso del cirillico soprattutto nelle regioni più interne, la marcia verso ovest negli ultimi anni, è continuata. Alle elezioni parlamentari del 16 ottobre scorso, la vittoria del premier Djuganovic ha ulteriormente accelerato la tendenza dando un segnale alla comunità internazionale.
Le resistenze interne ed esterne però sono enormi. A questo proposito, in queste ore, il Cremlino smentisce il coinvolgimento nel presunto tentativo di colpo di Stato, secondo voci organizzato proprio nei giorni delle elezioni da gruppi ultra nazionalisti locali, serbi e russi, con l’obiettivo di impedire la deriva occidentale di Podgorica.
Dietro le quinte delle manovre militari congiunte, si nascondono quindi disegni di più ampia portata e la necessità di riaffermare sfere d’influenza che nel teatro dei Balcani richiamano sapori antichi.
La Serbia, seppur in bilico su un orizzonte europeista, è connotata dalla sua tradizionale amicizia con Mosca, molto marcata anche ai tempi del gelo tra Russia e Jugoslavia. Attraverso un mai sopito sentimento panslavo, si ridelineano oggi forti resistenze ad un disegno atlantico, che con l’allargamento al Montenegro chiude il cerchio praticamente su tutta l’Europa dell’Est: fatta eccezione per la Bosnia, Paese sui generis in termini di coesione nazionale (v. reportage), l’unica nazione fuori dalla NATO nel prossimo futuro sarà solo la Serbia. Il dato non è casuale: in virtù del legame storico che unisce Belgrado a Mosca, nel 2010 è stato siglato un accordo di collaborazione militare tra Serbia e Russia che ripristina quella supervisione russa sull’identità serba, la cui latitanza fu una delle concause della tragedia degli anni ’90 nella ex Jugoslavia. Proprio nel 2010, alla periferia di Niš, in Serbia, (dove nacque l’imperatore Costantino, n.d.a.) si iniziò inaugurando un centro per le emergenze e i disastri naturali, gestito congiuntamente da forze armate serbe e russe.
Fratellanza Slava è arrivata alla sua terza edizione (l’anno scorso si svolse in Russia, nel 2014 a Ruma in Serbia) e prevede l’impiego di forze speciali paracadutate, assalti a basi di terroristi, evacuazione rapida di feriti ed altre attività d’emergenza. La Serbia schiera unità della Specijalna brigada, che raccoglie forze speciali di lunga tradizione, come i parà dell’ex 63a Brigata (poi Battaglione), che godono di fama internazionale. I russi impiegano parà della 98a Divisione Paracadutisti con veicoli BMD-2 (adatti ai lanci), veicoli non pilotati, aerei e mezzi per ricognizione terrestre.
L’Occidente osserva con attenzione, cercando di non perdere i contatti con Belgrado e al tempo stesso di non drammatizzare.
Le manovre sono indice di una tensione transnazionale ormai tangibile nell’Europa orientale, dal Baltico al Mar Nero.
L’ingresso del Montenegro nell’Alleanza atlantica chiuderebbe ai russi ogni accesso all’Adriatico (Croazia e Albania sono già membri), ma le elezioni in corso in Bulgaria potrebbero riportare Sofia (unico Paese che usa il cirillico nella UE) a guardare a Est.
I Balcani, saranno la scia degli attriti che USA e Russia sviluppano altrove? Molto dipende dalla tenuta e dalla credibilità dell’Unione Europea del prossimo futuro.
(foto: Bojcka Србије)