Caro direttore, questa mattina, mentre leggevo l’intervista al leader di CasaPound, Di Stefano, l’attenzione mi è caduta su queste poche righe: “Vorremmo un servizio (N.d.R. militare) serio con magari richiami periodici su modello svizzero”. Ora, una premessa si impone: “il modello svizzero” è il prototipo del “modello israeliano”: il cittadino in armi che si tiene pronto a difendere la patria, con alcune significative differenze dovute al fatto che la IDF spesso e volentieri ha avuto la necessità di proiettarsi in senso offensivo verso i teatri circostanti, mentre l’Armée Suisse non è proprio attrezzata per compiere -sia pur limitate- azioni di attacco: alla difesa e la sicurezza del territorio solo con la riforma Esercito XXI si sono aggiunti “impieghi sussidiari per la prevenzione e la gestione di pericoli esistenziali in collaborazione con istanze civili nazionali e internazionali nonché di offrire contributi per il sostegno internazionale alla pace e la gestione delle crisi in collaborazione con altri Stati o con organizzazioni internazionali”1.
Ora, chi conosce il modello di difesa della Confederazione, di solito cita un commento talmente usato da non avere più paternità: “La Svizzera non ha un esercito: la Svizzera è un esercito”, il quale si può ben spiegare con una cifra soltanto: pur essendo appena novantanovesimo tra le nazioni per popolazione, il nostro vicino si posiziona trentottesimo nel ranking mondiale per personale militare attivo. In tempi non lontani, nel corso della Guerra Fredda, quando le Forze Armate elvetiche durante le esercitazioni affrontavano un nemico sempre vestito di rosso, per riserve la Svizzera si posizionava i Europa soltanto dietro a URSS e Turchia. Di Stefano a questo fa riferimento, dimostrando per lo meno una buona cultura dei modelli di difesa. Ma il suo ragionamento va oltre: fa una serie di considerazioni che, in modo cosciente o meno, portano a una conclusione obbligata e sorprendente. Mi permetto di riassumere l’interessante intervista in cinque punti:
- La NATO non è più interessante ai fini di una tutela dei nostri interessi strategici in un quadro collettivo (“La riteniamo un'organizzazione anacronistica che non tutela più gli interessi nazionali”);
- Di conseguenza, si può uscire dalla NATO e avviare rapporti con altri soggetti terzi finalizzati alla difesa e alla sicurezza nazionali: regolare le proprie relazioni con la Russia in modo indipendente non è una bestemmia (“Dovremmo quindi poter ragionare liberamente con un partner non solo potenzialmente militare ma anche energetico”);
- Potremmo intervenire con la forza nei teatri attorno all’Italia, non ultima la Libia (“Dovremmo intervenire con una reale missione di pace. Aiutandoli a ricostruire un Paese sovrano”);
- Il modello del cittadino in armi è da ritenere funzionale al nuovo quadro strategico (“Vorremmo un servizio serio, con richiami periodici”);
- L’acquisizione di armamento tattico nucleare è da valutare come ultimo step (“Possiamo ambire tecnologicamente a un simile risultato”).
Mi sbaglio o esiste un Paese che non appartiene alla NATO, che gestisce “alla pari” le proprie relazioni politiche con la Russia di Putin (trattandola da partner anche energetico di prim’ordine), che non lesina interventi militari nella propria Regione, che ha adottato con singolare successo il modello svizzero e che, last but not least, si è dotato dell’arma nucleare, senza per altro sbandierarlo ai quattro venti? Per altro, questo Paese ha una solida “sovranità monetaria: una banca centrale, la sovranità di bilancio, la possibilità di stampare cartamoneta… (esporta) sistemi d'arma avanzati ovunque”. Già, il modello di CasaPound è Israele, non la Svizzera. Appunto, “una nazione sovrana, libera e padrona del proprio destino”: le parole di Di Stefano fanno eco a quelle di Ben Gurion: “È un diritto naturale (di ogni nazione) essere padroni del nostro destino sul suolo del proprio Stato sovrano”2.
Cordiali saluti,
David Rossi
1 Per approfondimenti su Esercito XXI: https://www.parlament.ch/centers/documents/it/armee-21-factsheet-i.pdf.
2 Claude Klein, La Storia degli Ebrei.
(foto: IDF)