La verità sulla riabilitazione dell’ex primo ministro Silvio Berlusconi

17/05/18

Dalle pagine virtuali di questo giornale ci siamo sempre battuti per difendere alcuni principi cardine del nostro sistema giuridico che, se vogliamo, sono alla base della democrazia in cui viviamo, ritenendo che anche le norme che regolamentano il nostro vivere quotidiano meritino la giusta "difesa", come è giusto che sia in un Paese dove ogni cittadino che si rispetti, a costo della sua vita, ed a maggior ragione se militare, sia chiamato a conformarsi ad esse e, se del caso, appunto, a morirvi.

In particolare, lo abbiamo fatto ribadendo spesse volte il principio di presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva quando, a salire sul banco degli imputati, sono stati militari eccellenti (l'ammiraglio De Giorgi, o il generale Del Sette) o meno (i due carabinieri di Firenze o quello indagato per aver esposto, nella propria camera, una bandiera della marina prussiana). Ritengo, allora, che vada fatto anche ora, riguardo il tanto vituperato Silvio Berlusconi, all'indomani della sua riabilitazione ottenuta dal Tribunale di Sorveglianza di Milano che lo rende di nuovo, di fatto, candidabile per la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica.

Difendere alcuni principi non può valere solo a fasi alterne, a seconda della convenienza.

L'ex primo ministro in questione potrà aver operato bene o male - non entro nel merito - ma leggere critiche feroci, da parte di alcuni, secondo cui, avendo esso ricevuto una condanna, sarebbe ormai privo di qualsivoglia dignità per i secoli a venire, appare veramente troppo.

Così come, di contro, credo sia necessario correggere alcuni altri, che mirano a confondere le persone, forse perché confusi a loro volta - e si scusi la ripetizione di parole - volendo far credere che la riabilitazione voglia sottintendere una qualche assoluzione nel merito della vicenda per cui, nel 2013, il Cavaliere venne ad essere condannato nell'ambito del processo sui diritti Mediaset.

Tutto ciò al netto delle considerazioni, pur legittime, sull'attuale momento politico post-elettorale, con la delicata fase di formazione di un governo Lega-Cinque Stelle, e la tempistica, sicuramente casuale ma certamente curiosa, con la quale tutto ciò avviene.

Cosa è effettivamente la riabilitazione

L'istituto della riabilitazione, previsto dall'art. 178 del codice penale, permette alla persona che abbia subito una condanna, e che abbia manifestato segni di ravvedimento, di ottenere l'estinzione delle pene accessorie (ad esempio, proprio l'interdizione dai pubblici uffici) e di ogni altro effetto penale della condanna stessa.

Il termine per ottenere la riabilitazione è, salvo casi particolari (ad esempio, in caso di recidiva), di tre anni a decorrere dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o si sia estinta in altro modo (deadline che, per Berlusconi è coincisa con l'8 marzo 2015).

Durante questo lasso di tempo, l'istante, deve aver tenuto una buona condotta da ravvisarsi, secondo certa giurisprudenza, in un comportamento “privo di qualsivoglia atteggiamento trasgressivo ed aver intrapreso uno stile di vita rispettoso dei principi fondamentali della convivenza civile" (Cass. 22 luglio 2011 numero 29490), e che non sia stato improntato alla mera astensione dal compimento di fatti costituenti reato, ma, al contrario, basato su uno "stile di vita improntato all'osservanza delle norme di comportamento comunemente osservate dai consociati e poste alla base di ogni proficua e ordinata convivenza sociale, anche laddove le medesime non abbiano rilevanza penale e non siano quindi penalmente sanzionate" (Cass. Pen. n. 196/02), ed aver adempiuto alle obbligazioni civili derivanti dal reato, a meno che non dimostri di trovarsi nell'impossibilità di provvedervi.

Orbene, nel caso che qui interessa, i magistrati del Tribunale di Sorveglianza di Milano, con l'ordinanza n. 4208/2018, hanno proprio statuito, tra i punti principali, che:

  1. per quanto concerne l'accertamento del requisito della buona condotta, esso vada appurato con esclusione dei comportamenti anteriori al termine predetto, anche se di "chiara valenza negativa"; che comunque l'istante non abbia riportato condanne penali ulteriori rispetto a quella per cui si chiede la riabilitazione; che siano state allegati agli atti le relazioni di Polizia e Carabinieri attestanti un comportamento conforme a quanto richiesto dalla norma; che gli altri procedimenti pendenti (Ruby-ter, ad esempio) non escludono di per sé la sussistenza della regolarità della condotta e che anzi la mera pendenza di un procedimento penale per fatti successivi a quelli per i quali è intervenuta la condanna cui si riferisce l'istanza, "non costituisce di per sé ostacolo all'accoglimento dell’istanza di riabilitazione, in ragione della presunzione di non colpevolezza", che è principio di rango costituzionale alla base del nostro ordinamento giuridico;

  2. risultano adempiute le obbligazioni civili derivanti dal reato, avendo l'istante provveduto al pagamento dell'importo di euro 10.569.661,28 in favore dell'Agenzia delle Entrate (in realtà, questo requisito è posto in cima a tutti gli altri, nel testo dell'ordinanza in questione, quasi a volerne significare la prioritaria importanza).

Quindi, così le cose, non può non considerarsi così assurda la concessione di questo istituto, tanto criticato, nel caso di specie, da alcuni.

Ad ogni modo, occorre chiarire che la riabilitazione, salva l'ipotesi di opposizione da parte della Procura Generale (ipotesi che sembra essere stata esclusa in queste ore), può comunque essere revocata, a mente dell'art. 180 del codice penale, nei casi in cui il riabilitato commetta, nel termine di sette anni, un delitto non colposo per il quale sia inflitta la pena della reclusione per un tempo non inferiore a due anni o un'altra pena più grave.

Quindi, per i benpensanti a corrente alternata, la speranza che tutto possa andare secondo i loro desiderata non è ancora definitivamente morta.

Avv. Marco Valerio Verni

(foto: Quirinale)