“Sono aeronautico. Ho studiato all’Accademia di Pozzuoli nel 1989 da allievo ufficiale pilota e sono rimasto ben 4 anni. È stata un’esperienza bella e tanto formativa. Poi sono andato a Latina come assistente pilota, 2 anni di addestramento. Eravamo 5 piloti somali, io sono l’unico rimasto. E sono molto orgoglioso di essere stato istruito dai piloti militari italiani e grato, perché l’Italia mi ha dato la possibilità di diventare io stesso un pilota, portando a termine una delle attività più selettive d’Europa. Quando è scoppiata la guerra civile non son potuto tornare in Somalia, dove sono rientrato solo quando le condizioni sono un po’ migliorate”.
Il colonnello pilota Ibrahim Mohamed si è formato nell’Aeronautica Militare italiana, ha quindi condiviso la vita con i nostri militari. Ed è somalo. La sua è una di quelle storie che può aiutarci a capire il legame che lega i due Paesi, un legame di affetto fraterno. E la si racconta così, senza filtri, senza malafede o interpretazioni, così com’è, bella nella sua semplicità. Lo abbiamo incontrato al compound italiano di EUTM-S.
“Quando sono tornato a casa, ho lavorato con l’ambasciatore italiano per due anni e, vedendo in me un potenziale, mi hanno mandato ancora nel vostro Paese a studiare alla Scuola di lingue estere dell’Esercito a Perugia (SLEE) e a seguire altri corsi, con il punteggio più elevato tra gli stranieri. Poi, ancora, l’Istituto Alti Studi per la Difesa IASD nel gennaio 2018. Ho studiato in un luogo prestigioso con colonnelli e generali italiani, americani, inglesi etc... ed ho incontrato due miei colleghi dell’Accademia di Pozzuoli. Quei 2 anni passati in Italia, tra il 2017 e il 2018 sono stati grandiosi e non solo per la mia soddisfazione personale, ma anche nell’ambito della mia carriera, per la conoscenza della strategia militare, che potrebbe essere applicata anche qui…”, dice Ibrahim, le cui conquiste sono frutto del suo ingegno, di una rara meritocrazia.
“Ho parlato con alcuni ufficiali della missione EUTM-S, che è importante per la Somalia e di cui l’Italia ha assunto il comando, importante anche per gli accordi fatti sulla questione sicurezza. Hanno addestrato tanti soldati somali. Ecco perché l’Italia sta avendo il suo ruolo nel costruire e formare la Forza Armata somala. L’Italia è un Paese amico da sempre. Ora la Somalia sta andando nella direzione giusta, siamo nella fase del post conflitto anche se c’è ancora tanto da fare. Ricostruire la Somalia è un obbligo morale, è stare vicino a un amico nei momenti di difficoltà…”.
Lui ha prestato servizio militare in Italia, ha il brevetto da pilota ben visibile sul bavero della giacca. “È per me un orgoglio tutto questo, anche sul piano individuale e sociale. La gente, quando sa che io ho fatto l’Accademia di Pozzuoli, mi stima, perché la scuola è prestigiosa, è un po’ l’Oxford dell’Aeronautica. Ho ancora contatti con i colleghi del tempo, alcuni nelle Frecce Tricolori. Il periodo italiano per me è stata un’esperienza indimenticabile, assoluta. E lo tramanderò, ai miei colleghi come anche ai miei figli, uno dei quali, a 15 anni, è molto interessato e mi chiede spesso com’è l’Italia. Se potessi avere la possibilità di mandare anche lui a studiare da voi come ho fatto io ne sarò felice. Sono sempre stato in mezzo ai soldati italiani, mai mi sono sentito straniero, anche per i legami storici che abbiamo tra i due Paesi. I somali sono molto riconoscenti, perché anche all’epoca del colonialismo l’Italia ha contribuito perché la Somalia diventasse uno Stato indipendente. Ma pian piano abbiamo perso questa opportunità dividendoci in clan e sottoclan, finendo nelle grinfie dei Paesi confinanti e quasi a chiedere l’elemosina ai Paesi amici”.
C’è, in queste parole, tutto l’amore per la sua terra. E oggi c’è una nuova consapevolezza, anche fra i giovani. “Hanno imparato la lezioni di 25 anni fa, della guerra civile. Per noi era un fenomeno nuovo, abbiamo visto cosa significa combattersi persino tra familiari. Il nostro più grosso problema è una profonda divisione tribale tra i somali, che con la guerra si è accentuata ed è uno dei motivi del ritardo del progresso della Somalia. Ora le cose stanno cambiando, molti somali provengono dalle diaspore, da Europa o America e hanno capito il significato del tribalismo e dei problemi che crea”.
All’idea di ricostituire l’Aeronautica somala, oltre che l’Esercito, gli brillano gli occhi. “In Africa orientale avevamo l’Esercito più potente sia militarmente che economicamente, grazie all’Italia. La Forza aerea somala era appoggiata dall’Aeronautica italiana, con istruttori italiani che addestravano i nostri piloti su velivoli italiani come i Savoia Marchetti e altri. Prima della guerra civile avevamo una flotta. Penso che se troviamo persone di alto livello, accademici, non vedo nessun ostacolo, nemmeno nel ricostruire la forza aerea somala. Anche nel nuovo governo stanno cercando persone istruite, preparate”.
La cosa meno bella è che adesso Ibrahim non sta lavorando e, con l’esperienza che ha, è un autentico spreco tenerlo a casa, è uno che potrebbe andare alle Nazioni Unite domani. “Sono sicuro che se incontrassi il primo ministro somalo, potendogli parlare e con il mio curriculum, le cose cambierebbero”.
Cambieranno. Uno come Ibrahim non si tiene all’angolo per troppo tempo. È istruito e preparato e può dare lezioni a molti. Senza contare che Ibrahim parla benissimo la lingua italiana, a cominciare da un uso del congiuntivo che molti connazionali, pur laureati, se lo sognano.