Credo che gli orientamenti del ministro Elisabetta Trenta in fatto di sindacalizzazione militare, lotta all’obesità del personale in servizio, riduzione del 25% dell’organico dei cappellani militari e l’intramontabile “fare luce sugli assordanti silenzi sull’uranio impoverito” non siano epocali ma tendano a distogliere l’attenzione dall’ennesima tegola che incombe sulla credibilità delle Forze Armate italiane: l’ulteriore taglio di 500 milioni di euro dal bilancio Difesa.
A proposito dell’uranio impoverito ricordo che sono quasi vent’anni che ne dibatte la scienza, la medicina oncologica, la magistratura e, il più delle volte chiassosamente, la politica. La prima commissione che affrontò il problema fu quella guidata dall’oncologo Franco Mandelli (siamo nel 2001); nello stesso anno seguì il convegno promosso dall’OCRA del Coordinamento Toscano della Lega contro i Tumori guidato da Franco Nobile successivamente si pronunciarono contro la teoria uranio impoverito-tumori sia l’Istituto Superiore di Sanità (prof.ssa Musumeci) sia l’United Nations Enviroment Program dell’ONU che sentenziò: “i rischi sia radiologici che chimici dipendenti dalla presenza di proiettili a base di uranio impoverito sono irrilevanti”.
Ricordo anche il parere espresso dal professor Giuseppe Remuzzi dell’Istituto Negri di Bergamo: “l’uranio impoverito, materiale col quale vengono realizzati oltre mille oggetti di uso quotidiano, inclusi gli stent che i cardiochirurghi inseriscono nelle nostre coronarie, emette radiazioni 3 milioni di volte inferiori a quelle del Ra-226, che altro non è che la vernice impiegata per rendere fosforescenti le lancette delle sveglie e degli orologi”.
Lo scorso anno si sono ancora espressi in materia i professori Giorgio Trenta e Mario Mariani. Ma tutti questi autorevoli pareri vengono regolarmente ignorati o dimenticati (assordanti silenzi?) al pari degli esiti della ricerca “Gaviano-Petretto”, patrocinata dall’Università di Cagliari, e dell’attestato del Guiness mondiale di longevità rilasciato da organismi internazionali proprio alle popolazioni (guarda caso!) di Perdasdefogu e di Teulada cresciute in simbiosi con i poligoni sardi incriminati.
Ciliegina sulla torta: nei poligoni sardi non è mai stato sparato un solo proiettile all’uranio impoverito! Ben vengano quindi le indagini sulle cause che provocano danni alla salute dei militari (vaccini, amianto, fumo di sigaretta, fattori genetici su base familiare ecc), ma tirare in ballo sempre l’uranio impoverito ha un che di sospetto.
Per quanto riguarda le iniziative sulla sindacalizzazione e l’obesità del personale in servizio nonché sulla riduzione dei cappellani militari preferisco astenermi dall’esprimere un parere, mentre vorrei ricordare al Ministro che negli anni passati la percentuale del PIL destinato alle nostre Forze Armate è stata ridotta fino ad arrivare all’attuale 1% circa (la Francia e il Regno Unito destinano alla difesa circa il doppio dei rispettivi PIL, con bilanci di oltre 40 miliardi di euro, a fronte dei 20 miliardi disponibili in Italia).
Continuando su questa strada (fatta “Trenta” facciamo trentuno!) temo che il percorso militare italico diventi “di non ritorno” e che per il futuro si voglia solo creare un soldato tuttofare, impiegabile nella versione dual-use, buono per tutte le stagioni… meno che in una: quella peculiare del combattente. Questa linea di tendenza, con buona pace del buonismo e del globalismo oggi di moda, potrebbe pesare un domani sulla sicurezza nostra, dei nostri figli e dei nostri nipoti. La storia ci insegna infatti che a sconvolgere assetti politici, alleanze internazionali e buoni proposti basta un cataclisma di qualunque natura esso sia… se non addirittura la follia di un singolo uomo! In tal caso solo chi sarà in grado di esprimere un’efficienza militare credibile, cosa che non si può improvvisare, potrà dire la propria e farsi rispettare. Gli altri dovranno piegare la testa.
Ignorare queste responsabilità da parte degli attuali vertici istituzionali, sia politici che militari, compreso il Capo dello Stato, Comandante Supremo delle Forze Armate, significa assumersi delle gravi responsabilità.
Gen. D. Nicolò Manca
(già Comandante della Brigata “Sassar”)