In un periodo delicato per il Paese, con una crisi economica internazionale dalla difficile soluzione, visto il quadro geopolitico instabile, le risposte della politica nazionale sono insoddisfacenti per il futuro del comparto difesa e sicurezza. Non si può vivere di soli annunci sbandierati sui social, privando i rappresentanti del personale di un confronto dialettico su grandi temi per i quali serve il coinvolgimento dei corpi intermedi della società, in grado di dare un contributo equilibrato e costruttivo alle necessità di operatori professionisti. È mancata ogni occasione per conoscere i riflessi della legge di bilancio sull’intero comparto, dove il Governo si è assunto la responsabilità di evitare persino il dibattito parlamentare, rimettendosi ad un mero calcolo contrattualistico, estraneo alle reali esigenze da soddisfare. È mancato il confronto trasversale con tutti i Ministri interessati, dalla Difesa alla Sicurezza, dall’Economia agli Interni e alla Giustizia. Usciamo dalla retorica di facciata e confrontiamoci sui contenuti.
Le risorse apposte nella Legge di bilancio non potranno garantire un’apprezzabile concertazione, né tantomeno la possibilità di ridisegnare un rilancio di riassetto delle carriere di un personale che non intende elemosinare compensi, ma chiede il rispetto della propria professionalità non adeguatamente compensata e misurata. Di contro, si assiste da anni ad un mero consolidamento di una classe dirigente che in un silenzio assordante, è alla continua ricerca di ruoli di primo piano nella P.A..
Senza risorse non sarà mai possibile garantire la tanto sbandierata operazione Strade Sicure, sulla quale occorrerebbe una riflessione sulle condizioni e sulle competenze legislative del personale militare. Non si può assistere inermi davanti a scelte giustizialiste come l’interruzione della prescrizione, perché verrebbero meno quelle garanzie costituzionali per un comparto che assolve a delicati compiti pubblici e che potenzialmente si troverebbe sospeso dal servizio per termini indefiniti, senza stipendi e certezza del giusto processo.
Senza il confronto democratico tanto auspicato, il processo di sindacalizzazione sentenziato dalla Corte Costituzionale sarà alterato o travisato nei profili che la Carta, sulla quale questo comparto ha prestato giuramento, già ampiamente descrive. Usciamo dalle stanze di una burocrazia arroccata tra le mura del proprio ufficio e apriamoci al mondo accademico e alla cultura giuslavorista che ha costruito il mondo rappresentativo del Paese.
I delegati della categoria C del Cocer Interforze Sergenti e Brigadieri, con profondo rammarico e con sofferta constatazione, non si illudono delle promesse infondate e non vogliono ritrovarsi in un periodo recessivo già vissuto nel 2011.
Sarà natale, anche per noi, se agli spot elettorali seguiranno fatti concreti.
Firmato: COCER INTERFORZE CATEGORIA SERGENTI E SOVRINTENDENTI