È ormai noto il sistema di credito sociale1 da tempo adottato dalle autorità cinesi, con il quale la popolazione viene categorizzata e valutata in base al proprio comportamento pubblico e al rispetto dei valori condivisi dal regime autocratico di Pechino. Tutto viene ricondotto a un sistema a punti che condiziona la vita sociale del cittadino perfino nella concessione di prestiti, nell’accesso ai servizi sanitari di base e nelle liste di attesa per ricevere i servizi offerti dalle autorità pubbliche.
Non stupisce allora quanto denunciato da Human Right Watch (HRW)2, l’organizzazione non governativa internazionale che si occupa di difesa dei diritti umani, con sede a New York. Con un report rilanciato da alcune testate internazionali3 ha denunciato le restrizioni cui sono sottoposti i cittadini della minoranza turcofona e musulmana degli Uiguri che da 1000 anni abitano la regione nord occidentale dello Xinjiang, costituendone il 46% della popolazione complessiva.
La tensione tra Pechino e la minoranza esiste da molti anni, con un picco degli incidenti a partire dal 2013, quando furono perpetrati numerosi attentati, anche all’estero, contro l’etnia maggioritaria Han, ai quali il Governo centrale oppose la restrizione in seno alla comunità uigura di alcune libertà individuali in campo religioso e in tema di abbigliamento (venne bandito l’uso della barba e, per le donne, quello del velo e del burka).
Nel 2017, Xi Jinping ha avviato un programma di rieducazione di massa teso all’assimilazione dei valori cinesi, che ha comportato la traduzione di centinaia di migliaia di Uiguri in apposite strutture di detenzione segrete, la cui esistenza, nel 2018, dopo la divulgazione internazionale di foto e dossier, fu confermata anche dal Governatore dello Xinjiang4.
Proprio in quell’anno, la NGO di New York è venuta in possesso di una App usata dalla polizia della regione per controllare e profilare questa minoranza etnica, la cui analisi, condotta con il metodo del reverse engineering, ha svelato alcune zone d’ombra sulla sorveglianza messa in atto in tutti questi anni da Pechino.
Che, stando a quanto dichiarato da Maya Wang, senior China analyst di HRW, avrebbe messo in piedi un pervicace sistema di controllo per sorvegliare i circa 12 milioni di Uiguri dello Xinjiang, contando anche sulla presenza nella regione di circa un milione, tra funzionari governativi e operatori di polizia.
La App (vedi video5) dispone di tre funzioni principali per collezionare dati informativi da vari sensori, riportare i dati di situazione e richiedere l’intervento degli investigatori con un segnale di allerta inviato automaticamente dal sistema.
Il controllo è basato su una piattaforma operativa integrata (Integrated joint operations platform, IJOP), che funge da sistema di sistemi (system of systems) in grado di acquisire dati da molteplici sensori come spyware istallati nei telefonini, Wi-Fi sniffers e videocamere TVCC dotate di riconoscimento facciale e visione notturna, installate in stazioni di servizio, nei posti di blocco, ma anche in scuole e palestre.
I posti di controllo della polizia - afferma HRW citando fonti locali anonime - sarebbero anche provvisti di “open doors” in grado di acquisire il codice IMEI (International Mobile station Equipment Identity) di tutti i cittadini sottoposti a controllo, che consente di identificare il dispositivo telefonico e tracciarne le attività.
Nel IJOP vengono analizzati e fatti confluire anche i volumi dei consumi domestici di elettricità per estrarne dati comportamentali individuali e condividerne poi le informazioni (la App ha evidenziato una categorizzazione in ben 36 tipologie di individui “da attenzionare” in virtù dei comportamenti adottati e delle credenze religiose e politiche).
L’acquisizione di precise risposte a domande mirate - è stato utilizzato uno dei social proibiti (come, ad esempio, WhatsApp)? sono stati consultati siti non autorizzati dal Governo? è stato fatto uso di uno dei programmi di cifratura e virtual private network (VPN) scaricabili liberamente in rete? - causa l’inserimento dei dati ottenuti nel database del sistema IJOP, per la successiva analisi condotta con l’impiego di programmi di intelligenza artificiale, e per l’immediata condivisione.
A dimostrazione di quanto il sistema di sorveglianza sia quanto mai pervasivo, nella lista di quesiti-indicatori che concorrono a profilare ogni soggetto, rientrerebbe anche quello, eventuale, legato all’utilizzo più o meno ricorrente della porta posta sul retro dell’abitazione al posto di quella principale….
HRW è convinta dell’autenticità della App di cui è venuta in possesso, in quanto risulta sviluppata dalla Hebei Far East Communication System Engineering Company (HBFEC), una partecipata della China Electronics Technology Group Corporation (CETC), il principale contractor militare cinese.
Inoltre, il fatto che la HBFEC abbia sviluppato anche un’altra App, che HRW ha scaricato liberamente da un sito governativo cinese, pare confermare la paternità dello sviluppatore e di conseguenza la genuinità del prodotto.
L’App di IJOP non sarebbe l’unica usata dal Governo cinese per controllare la minoranza Uigura e le altre di religione musulmana presenti nello Xinjiang.
Un recente articolo6 di Scilla Pecci, reporter del International Consortium of Investigative Journalist (ICIJ), racconta il successo che un’altra applicazione - Zapya7 - sta riscuotendo nella comunità internazionale musulmana, attratta dalla possibilità di scaricare e condividere liberamente sulla piattaforma file del Corano e i sacri testi del Profeta.
L’App, sviluppata dalla DewMobile Inc., una start-up di Pechino, permette di scaricare wireless video e foto tra smartphone senza necessariamente essere connessi al web, motivo per cui è diventata popolare soprattutto in quelle aree rurali dell’Asia carenti di infrastrutture, dove vive un gran numero di musulmani.
Stando a quanto scrive ICIJ, che cita documenti8 cinesi “leaked”, condivisi con 17 media partner del consorzio giornalistico investigativo, è dal 2016 che Pechino utilizza segretamente questa applicazione per controllare i cellulari dei cittadini uiguri a scopi di controllo e profilazione, anche se, occorre precisare, mancano conferme di una effettiva collaborazione di DewMobile con il governo centrale.
Lo Xinjiang ha una popolazione di circa 22 milioni, dieci dei quali di etnia uigura che salgono a dodici considerando le altre minoranze turco-musulmane.
Ad oggi, pur non disponendo di numeri ufficiali, sarebbero oltre un milione9 gli Uiguri detenuti nei “campi di rieducazione e addestramento” della regione.
Una misura giudicata necessaria dal Consiglio di Stato, il supremo organismo amministrativo della della Repubblica Popolare cinese, per10 “rimuovere il tumore maligno del terrore e dell’estremismo che minaccia le vite e la sicurezza della gente, custodire il valore e la dignità delle persone, proteggere il diritto alla vita, alla salute, allo sviluppo, e per assicurare il godimento di un ambiente sociale pacifico e armonioso”.
10http://english.www.gov.cn/archive/whitepaper/201908/17/content_WS5d57573...
Foto: MoD China / The International Consortium of Investigative Journalists / YouTube