Le recenti sanzioni adottate dall’Unione Europea contro la Russia (quelle del 2 marzo, nei confronti di quattro funzionari vicini al presidente Putin e legati al caso del dissidente russo Aleksej Navalny, di cui Bruxelles chiede la scarcerazione, e quelle del 22 marzo nei confronti di due russi accusati di perseguitare attivisti Lgbt in Cecenia: ad esse, come noto, il governo di Mosca ha, a sua volta, reagito, vietando l’ingresso, nel proprio Paese, al presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, ed alla vicepresidente della Commissione Ue, Vera Jourová - che, peraltro, ha la delega ai Valori e alla Trasparenza -, oltre ad altri sei tra funzionari comunitari e di Paesi dell’Unione) trovano il loro fondamento giuridico nel Global Human Rights Sanctions Regime (EUGHRSR) che, con l’occasione, ben si può dire che abbia ricevuto il suo “battesimo del fuoco”.
Questo framework normativo, infatti, è stato adottato dall’Unione Europea il 7 dicembre dello scorso anno, proprio a ridosso della giornata internazionale dei diritti umani (10 dicembre) con la Decisione (PESC - politica estera e di sicurezza comune) 2020/1999 ed il Regolamento 2020/1998.
Conosciuto anche come “Magnitsky Act europeo”, sulla falsariga di quello approvato dal Congresso degli Stati Uniti nel 20121, all’epoca della presidenza di Barack Obama, evolutosi poi, nel 2016, con il “Global Magnistky Human Rights Accountability Act”2, esso trova la sua ragion d’essere nella tutela dei valori fondamentali dell’Unione Europea, quali il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani3.
Tramite esso, l’Unione Europea può, in sintesi, attuare misure mirate nei confronti di persone, entità e organismi – compresi soggetti statali e non statali – responsabili di gravi violazioni e abusi dei diritti umani in tutto il mondo, indipendentemente dal luogo in cui avvengono, o coinvolti in tali atti o dei loro associati. In particolare, le azioni criminose che, in tal modo, si intende contrastare, sono quelle afferenti4:
a) |
al genocidio; |
b) |
ai crimini contro l’umanità; |
c) |
alle gravi violazioni o ai gravi abusi dei diritti umani seguenti:
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d) |
altre violazioni o altri abusi dei diritti umani, compresi, tra gli altri, quelli riportati di seguito, nella misura in cui tali violazioni o abusi sono diffusi, sistematici o comunque motivo di seria preoccupazione per quanto concerne gli obiettivi di politica estera e di sicurezza comune stabiliti all’articolo 21 TUE (Trattato sull’Unione Europea):
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A decidere sul tutto, è chiamato il Consiglio dell’Unione Europea, su proposta di uno Stato membro o dell’alto rappresentante5, tenendo conto del diritto internazionale consuetudinario e di strumenti di diritto internazionale ampiamente accettati quali6:
a) |
il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici; |
b) |
il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali; |
c) |
la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio; |
d) |
la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti; |
e) |
la Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale; |
f) |
la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna; |
g) |
la Convenzione sui diritti del fanciullo; |
h) |
la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate; |
i) |
la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità; |
j) |
il protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini; |
k) |
lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale; |
l) |
la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. |
Certo, sono diversi gli scenari che si potrebbero aprire, applicando questo sistema sanzionatorio: sono varie, infatti, le situazioni che, riguardanti gravissime violazioni dei diritti umani, vengono alla mente: primo tra tutti, per quello che ci riguarda più da vicino, il caso di Giulio Regeni, cittadino italiano arbitrariamente arrestato e torturato in Egitto.
Chissà se il nostro governo, forte anche della nuova leadership a guida Mario Draghi, avrà l’intenzione di rivolgersi a Bruxelles per promuovere la difesa degli italiani nel mondo e, tramite essa, quella dei suddetti valori.
1 Il Magnitsky Act approvato negli Stati Uniti nel 2012, trae origine dalla morte in carcere, avvenuta nel 2009, dell’avvocato russo Sergei Magnitsky, in circostanze estremamente sospette, dopo aver subito diversi abusi e dopo essere stato privato di assistenza medica.
Costui, nel 2007-2008, aveva denunciato pubblicamente una frode fiscale avvenuta su larga scala nel suo Paese, che coinvolgeva magistrati, funzionari di polizia, ispettori del fisco, banchieri e organizzazioni criminali di stampo mafioso. In seguito alle sue denunce, fu arrestato e, dopo undici mesi di detenzione (senza processo ed in condizioni durissime), morì, appunto, in una prigione di Mosca, all’età di 37 anni. In seguito a ciò, l’imprenditore statunitense William Browder, suo assistito, pose in atto una campagna affinché venissero imposte sanzioni mirate nei confronti proprio dei funzionari coinvolti, tese ad impedire loro di entrare nel territorio USA e ad escluderli dal sistema economico-finanziario americano.
2 Con tale atto si è altresì permesso al Governo degli Stati Uniti di sanzionare individui responsabili di gravi violazioni dei diritti umani ed atti di corruzione, indipendentemente dal luogo in cui siano stati compiuti.
3 Vedasi il par. 1 della “Decisione (PESC) 2020/1999 del Consiglio del 7 dicembre 2020 relativa a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani”, secondo cui “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani e si impegna a proteggere tali valori, che svolgono un ruolo chiave nel garantire la pace e una sicurezza sostenibile, pietre angolari della sua azione esterna”.
4 Vedasi l’art. 1 della decisione PESC e l’art. 2 del “Regolamento del Consiglio (EU) 2020/1998 del 7 dicembre 2020 relativo a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani”.
5 Vedasi l’art. 5 della “Decisione (PESC) 2020/1999 del Consiglio del 7 dicembre 2020 relativa a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani”: “1. Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta di uno Stato membro o dell’alto rappresentante, redige e modifica l’elenco di cui all’allegato. 2. Il Consiglio comunica le decisioni di cui al paragrafo 1, compresi i motivi dell’inserimento nell’elenco, alla persona fisica o giuridica, all’entità o all’organismo interessati direttamente, se l’indirizzo è noto, oppure attraverso la pubblicazione di un avviso, offrendo alla persona fisica o giuridica, all’entità o all’organismo in questione la possibilità di formulare osservazioni. 3. Qualora siano formulate osservazioni o siano presentate nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina le decisioni di cui al paragrafo 1 e ne informa di conseguenza la persona fisica o giuridica, l’entità o l’organismo interessati”.
6 Vedasi art. 1.2 della “Decisione (PESC) 2020/1999 del Consiglio del 7 dicembre 2020 relativa a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani” e l’art. 2.2 del “Regolamento del Consiglio (EU) 2020/1998 del 7 dicembre 2020 relativo a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani”, già richiamati.