Mi sono sempre trovato giocoforza a discutere e confrontarmi su temi storici e geopolitici complessi. Ho sempre cercato di farlo senza pregiudizi, sforzandomi per capire i vari punti di vista, usando la ragione e tralasciando le emozioni. In poche parole, non mi piace il tifo da stadio.
Che le guerre - tutte - siano da condannare e da evitare ci trova d'accordo. Su come far cessare un conflitto e le cause che lo hanno innescato invece le opinioni e considerazioni sono alquanto divergenti.
Paradossalmente oggi, come ha anche evidenziato il presidente dell'AIAD Guido Crosetto, gli inviti a evitare azioni spiralizzanti provengono tutti da militari con decenni di anzianità, esperti o analisti della difesa (come l'amb. Romano, il prof. Orsini, i gen. Bertolini e Fabio Mini, o Maria Grazia Labellarte solo per citarne alcuni), mentre blogger, giornalisti schierati, esponenti del variegato mondo petaloso della sinistra premono per l'invio di armi o addirittura un intervento militare (come implementare una No-Fly zone in Ucraina), che trascinerebbe l'Europa nel baratro.
Mandare armi, o alimentare false speranze (come quella di entrare in Europa e nella Nato) avranno come risultato quello di inasprire e allungare i combattimenti. Inneggiare ai nuovi partigiani che cantano bella ciao (canzone tra l'altro mai cantata durante la resistenza in Italia!) che fermeranno l'invasore è puerile (nel migliore dei casi) o dimostra una maniera naïve di affrontare tematiche complesse e articolate.
Il vero rischio dell'invio di armi (leggere) è quello di creare una Siria o un Afghanistan alle nostre porte. E aggiungo, che la resistenza non ha "liberato" l'Italia: questo fa parte della mistificazione storica. Giorgio Bocca indica circa 80.000 uomini ai primi del marzo 1945, e cita una stima del comando generale partigiano di 130.000 uomini al 15 aprile, a guerra quasi finita... La "liberazione" è avvenuta nella realtà con i bombardieri, navi, sommergibili, carri armati, cannoni e centinaia di migliaia di soldati alleati (molti dei quali morti) che hanno combattuto sul nostro territorio. Anche Tomaso Montanari, in un raro ma lodevole momento di lucidità e onestà intellettuale, ne scrive su Il Fatto quotidiano.
E le sanzioni non servono a nulla: basta vedere l'Iran o il Venezuela. In questo caso poi sono sanzioni che si ritorcono verso l'Europa e in particolare verso il nostro paese. Ma di questo ne parleremo in un'altra occasione.
L'America (intesa come USA) ha dimostrato tutta la sua ambiguità e pavidità nel chiedere alla Polonia l'invio di aerei militari in Ucraina. Salvo poi, a seguito di una abile mossa politico-diplomatica delle autorità polacche (dove si accoglieva l'istanza ma proponendo di usare come “tramite” per la cessione una base Americana in Germania, facendo sì che in questo modo sarebbero stati gli USA a consegnare i caccia!) glissare sulla richiesta.
Invero l'Ucraina è stata usata come terreno di scontro tra due potenze USA e Russia almeno dal 2014, con la partecipazione di altri attori secondari e comparse (tra cui l'Unione Europea e la stessa Ucraina).
Gli USA negli anni hanno inviato armi per più di 2 miliardi di dollari e, notizia degli ultimi giorni pare anche abbiano costruito diversi laboratori per armi biologiche. Tutto normale? Ora il presidente Zelensky, "sedotto e abbandonato" invoca l'intervento della Nato (a quale titolo poi dovremmo intervenire?) per evitare scenari catastrofici. Mentre la vera catastrofe sarebbe quella di intervenire militarmente.
Ecco perché oggi più che mai è necessario il dialogo, la mediazione e la moderazione. Bisogna buttare acqua sul fuoco. L'unica soluzione realistica possibile sarà un compromesso sul futuro assetto geografico del paese, con il riconoscimento di territori di fatto già Russi. Ed è qui dove la comunità internazionale deve agire. Premere per condurre le parti interessate al dialogo. Altro che Ucraina in Europa...
C. Saltamontes
Immagine: fotogramma "Full Metal Jacket"