In caso di entrata in guerra della NATO contro la Russia, la difesa italiana dovrebbe essere completamente riordinata, a partire dal suo vertice ed organo di comando.
Se fino agli anni Novanta del secolo scorso esistevano le strutture, o almeno ne era prevista la costituzione in situazioni emergenza, per consentire alle Forze armate di far fronte ad un conflitto contro il Patto di Varsavia, nell’ultimo trentennio di pace queste sono state pressoché smantellate.
Nelle condizioni attuali l’organizzazione civile e militare della Nazione non sarebbe minimamente in condizioni di poter affrontare il cimento dell’intervento in un conflitto bellico.
Si riporta, di seguito, una serie di provvedimenti legislativi e ordinativi ritenuti necessari per preparare il Paese alla guerra: Innanzitutto il COVI (comando operativo di vertice interforze) dovrebbe assumere il pieno controllo della direzione delle operazioni militari in coordinamento con la NATO. Per far questo dovrebbe poter dare ordini operativi alle Forze armate, coi rispetti capi di stato maggiore posti alle dirette dipendenze del capo di stato maggiore della difesa. Quest’ultimo dovrebbe essere un generale dell’esercito, l’unico in grado di poter detenere il comando in un conflitto a carattere eminentemente terrestre.
L’organizzazione territoriale dovrebbe essere reinventata e posta sotto la direzione dei carabinieri che hanno una struttura di comando ben ramificata su tutto il territorio nazionale. Dal comando della difesa territoriale dovrebbero dipendere tutti i corpi armati dello Stato, da militarizzare interamente (pubblica sicurezza e protezione civile) e da destinare alla protezione di impianti, infrastrutture ed obiettivi sensibili contro azioni di sabotaggio nemici ed atti di sovversione interna.
Le forze dell’Esercito dovrebbero essere perlopiù concentrate nella componente operativa di difesa mobile ed impiego all’estero sotto comando NATO, opportunamente rinforzate da reparti composti da personale di leva. Questa dovrebbe essere ripristinata e le reclute assegnate ai reparti addestrativi e alle numerose scuole ancora in vita. A questi enti dovrebbe confluire la massa di ufficiali e di sottufficiali in posizione di riserva, da richiamare in servizio ed utilizzare come quadri istruttori delle reclute.
Il consiglio supremo di difesa, diretto dal presidente della Repubblica, dovrebbe essere riunito in modo permanente per dare i necessari indirizzi politico-strategici al COVI. Un apposito organo interministeriale presieduto da un rappresentante del ministero della difesa, dovrebbe gestire tutti gli approvvigionamenti, le importazioni e la distribuzione delle materie prime, incluse le derrate alimentari.
Il segretariato generale della difesa dovrebbe fondersi con le direzioni generali del ministero della difesa, al fine di recuperare personale ed evitare inutili e dannose sovrapposizioni di competenze. Gli stati maggiori di forza armata dovrebbero anemizzarsi ed il personale ivi impiegato riassegnato ai reparti operativi o allo Stato maggiore della difesa.
Il personale civile impiegato presso gli stabilimenti della difesa, le industrie dedite alla produzione di armi e quello delle società di trasporto (ferrovie, traghetti, autolinee, ecc.), di energia (distribuzione elettrica, gas e acqua), telecomunicazioni, poste e di altri servizi indispensabili alla vita della Nazione dovrebbe essere militarizzato, con l’immissione di ufficiali delle Forze armate nelle direzioni centrali e periferiche per controllarne l’attività.
Dovrebbero anche essere studiati, pronti per l’immediata emanazione a ragion veduta, decreti legge limitativi delle libertà individuali, di riunione, di opinione e di sciopero. Le agenzie d’informazione e sicurezza (AISE ed AISI) dovrebbero andare alle dirette dipendenze rispettivamente del COVI e del comando di difesa territoriale, ferme restando le competenze di controllo del DIS e del COPASIR. L’AISI si dovrebbe occupare anche del controllo ed eventuale censura degli organi di stampa e di informazione allo scopo di evitare la divulgazione di notizie classificate e la propaganda antinazionale.
Da un comando d’aeronautica dovrebbero dipendere le componenti contraeree di tutte le Forze armate, incluse quelle dell’Esercito e della Marina, quando non dispiegate all’estero o in navigazione; anche le navi di maggiore tonnellaggio, infatti, dovrebbero integrare o costituire la difesa aerea delle principali città costiere.
Considerata la scarsa efficienza operativa delle brigate dell’esercito, soprattutto per carenze logistiche e di moderni sistemi d’arma, ciascuna di esse dovrebbe formare un raggruppamento tattico di forza variabile, in cui concentrare il personale più preparato e motivato e dotato dei mezzi più efficienti, possibilmente al completo delle dotazioni di munizionamento e parti di rispetto. Sarebbe auspicabile, altresì, l’osmosi tra brigate, al fine di creare raggruppamenti il più possibile pronti al combattimento e da sottoporre ad intenso addestramento di amalgama ed interarma in bianco ed a fuoco in poligoni e ai simulatori. Ai comandanti di tali raggruppamenti dovrebbe essere concessa la facoltà di selezionare il personale da porre alle proprie dipendenze, di concedere di persona onorificenze sul campo ai più meritevoli e di punire mediante multe i responsabili di mancanze.
Sempre ai fini disciplinari, la procura militare dovrebbe distaccate un tribunale militare con personale militarizzato presso ogni comando di grande unità e la componente dei carabinieri di polizia militare dovrebbe essere notevolmente rinforzata, fino a raggiungere la forza di una compagnia per ciascuna brigata dell’esercito operante.
Quanto provocatoriamente suggerito, oltre a tener conto di quanto ci proviene dalla cronaca di guerra internazionale, trova piena conferma nelle lezioni apprese dalla partecipazione nazionale ai due conflitti mondiali, per non entrare in un ipotetico terzo nel modo più sprovveduto.
F.C.
foto: tratta da "I tre aquilotti" (1942)