Ad un certo punto Tucidide, volle comprendere perché la sua Patria, nonostante l’evoluzione della sua civiltà, dopo una ennesima ed infinita guerra, era al disastro. Così, ricercò la verità, sugli accadimenti della guerra del Peloponneso, in Grecia, che vide la “democratica” Atene e la ”conservatrice” Sparta contrapposte. Egli descrisse i fatti a sua disposizione e cercò di spiegarli in modo razionale; per farlo ricercò le responsabilità attraverso l’esame cronologico degli avvenimenti, e lo fece nel modo più possibile acritico, come riconoscono i più.
Tale sistema di stima, col trascorrere del tempo denotava tuttavia dei limiti, tanto da non consentire a chi si avvicinava alla materia poi, col tempo che incede inesorabile, di ben valutare la storia dell’umanità, sia dal punto di vista della durata dell’evento da stimare, sia dovendo considerare sempre tutte le vicende, dal giorno della creazione fino al momento che interessava.
C’è da dire che, all’inizio del mondo moderno, pur con mille difficoltà, non fu impedito a storici come Machiavelli, di valutare spazi, cronologicamente anche ristretti, ma pur sempre affollati di uomini e cose. Si doveva insomma per capire qualcosa, trarre dalla polvere dei secoli, l’unico comune criterio di valutazione della intensità delle passioni che muovono gli uomini, e ricomprese tra gli estremi del tormento, all’estasi; ciò fu fatto sistematicamente, focalizzando ed illuminando, via via, accadimenti collocati in un determinato momento storico.
Risultò a quei tempi, attraverso i quali, come ai giorni nostri, è passata e passa tutta la società umana più o meno civile, che l’unico comune denominatore delle dinamiche di vita dell’uomo, che si attivano, sono le sue passioni immutabili, che rimanevano e rimangono ancor oggi più evidenti e “forti” se appartenenti a popoli ricchi di individualità propria; passioni che non permettono infine che quei popoli decadano.
Nella storia, la passione degli uomini e dei popoli ed il risultato dei loro comportamenti, è stata scritta e anche cantata in antico, oltre che dalle tradizioni orali, nelle odi omeriche, con segni sui vasi, scritte sui marmi, sui papiri, e fiorendo sui discorsi, e sulle “grida”, la passione in sintesi era ostentata sulle insegne, sui drappi, e anche su vesti sfarzose, sulle divise indossate e armi e bandiere innalzate. Anche oggi, la “passione” umana, che un livello globale, e ci perviene in tempo reale, grazie a tutti i moderni sistemi di comunicazione esistenti, si palesa, come in passato, in maniera più veloce ed immediata, con tutti i segni caratteristici che l’hanno distinta nei secoli, sempre volti a far comprendere la tipologia del rapporto che l’uomo o il popolo esaminato in un determinato momento vuole intrattenere con gli altri.
È evidente che a mente, del principio che la guerra non è altro che la continuazione della politica con altri mezzi, è ragionevole pensare che la passione, sia uno uno status che sin dai momenti iniziali in cui comincia a manifestarsi negli uomini, domini e spesso travolga costoro con sentimenti più forti dei loro pensieri..
Così fu a Lepanto ove potè essere misurato l’intensità di odio per una insegna, da qualcuno che sapeva essere impugnata da uomini determinati nelle loro azioni, come ci racconta Jacques Mordal in “Venticinque secoli di guerra sul mare.” - Mursia : ..bruscamente il signore di Algeri (Ulugh- Alì) fece invertire la rota ai suoi legni e si precipitò verso la mischia, al centro, prima che il Doria avesse il tempo di capire che cosa accadeva. Dieci galee turche si precipitarono contro i Cavalieri di Malta, i più odiati dei loro avversari. Già gli uomini di Ulugh Alì ne avevano ucciso o ferito un buon numero. Lo stendardo era in loro possesso e le cose si mettevano male quando il Marchese di Santa Cruz sopravvenne con le riserve..
Con una mossa, Ulugh Alì comandante l’ala destra Turca a Lepanto, abbandonò la possibilità di scontrarsi con le galee genovesi del Doria (ala sinistra dello schieramento cristiano) per gettarsi con le galee algerine della flotta Turca contro gli odiati Cavalieri di Malta, imbarcati su tre galee, tra le quali la Capitana del priore ed ammiraglio italiano Pietro Giustiniani, che per la cronaca fu colpito da 6 frecce e catturato vivo, con il vistoso stendardo ufficiale dell’odiato Ordine dei Cavalieri di Malta ed il suo oro. Gli unici sopravvissuti della Capitana, oltre al Giustiniani, furono un cavaliere catalano e uno siciliano scambiati per morti.
Chi non ricorda tra gli “addetti ai lavori”, le riprese televisive in tempo reale, della squadra navale della Royal Navy, in partenza da Portsmouth, inviata dal governo Britannico alle Isole Falklands, in Atlantico meridionale?
Le isole erano occupate in quel momento dalle truppe argentine del gen. Galtieri, mentre un segnale a bandiere internazionali del codice dei segnali, spontaneamente posto da semplici cittadini sui moli del porto, salutava la flotta in partenza, trasmettendole lo storico: “England expects that every man will do his duty”, e con il quale esprimevano tutta loro voglia di revanche contro gli occupanti delle isole lontane.
Quel segnale: “L’Inghilterra si aspetta che ciascuno faccia il suo dovere” era lo stesso segnale innalzato da Nelson sulla alberata della H.M.S. “Victory” a Trafalgar per istigare i suoi alla pugna… (ultime tre lettere, ndd)
Che dire della bandiera del Codice Internazionale dei Segnali, lettera "Z", che venne utilizzata quale istruzione speciale per la flotta per significare alla Flotta che “L’ascesa o la rovina della Patria dipende da questa battaglia. Ciascuno impegni ogni sua forza”; essa fu innalzata in data 27 maggio - 28 maggio 1905 nello Stretto di Tsushima dall’ammiraglio Togo Heihachiro della Marina Imperiale del Mikado. Come sappiamo, la giornata che seguì all’epico scontro, evidenziò semmai ce ne fosse bisogno, il carattere stoico ed eroico dei Russi e la passione da vento divino posta dei Samurai sul mare, contro un drago che soffiava volute di fumo nero da centinaia di fumaioli e prometteva morte dai suoi cannoni in avvicinamento dalla lontana Europa..
A ricordo delle passioni di uomini, quella bandiera “Z”, fu appesa poi nel Santuario di Togo Jinja a Tokyo, ed è innalzata sulla corazzata IJN “Mikasa” tutti gli anniversari dell’evento.
Ancora, il medesimo segnale della bandiera “Z” di Togo, sembra sia stato fatto innalzare dall’ammiraglio Chuichi Nagumo della Marina Imperiale, sulla portaerei Akagi al momento del decollo della prima ondata di velivoli che avrebbe attaccato la base statunitense di Pearl Harbor nelle Hawaii la mattina del 7 dicembre 1941*.
Ai nostri giorni, nel 2022, una lettera “Z” che non esiste nell’alfabeto cirillico, l’abbiamo vista disegnata, sui camion e carri armati russi sulla steppa, ed è il simbolo più diffuso ai nostri occhi, dai media per illustrare la passione di alcuni posta nello scontro di popoli vs altri popoli.
Spiegano alcune mosche cocchiere ben informate, che simboli come la Z, e anche la V, servivano ai soldati per capire dov’era diretto un loro veicolo. La lettera veniva disegnata poco prima di un attacco per non rivelare la direzione dei mezzi ai nemici e in particolare “Z” stava per Zapad (ovest) e “V” per Vostok (est) anche se con il predominio degli spostamenti verso Ovest, le “Z” presero maggiormente piede.
Ancor più recentemente, la “Z” nata in ambito di confini nazionali, sembra diventata un vero e proprio simbolo di ancor più grandi passioni globali che agitano la società civile mondiale. Non più una parola gridata a favore o contro la guerra in una piazza di una nazione del mondo, ma una voce, per definire nella maniera più ampia e generalizzata, parti della nostra società umana, costituite da genti interessate con ripetitiva passione a distinguersi da altre genti. Niente di nuovo sotto il sole..
A riprova, una radio FM che si definisce “Radio Z”, oggi gracidava nell’auto, chiamando a gran voce possibile a raccolta la cosiddetta “generazione Zeta”, composta, a detta dei bene informati ed influencer, da giovani definiti determinati, appassionati, che sfidano stereotipi e cambiamenti climatici, e che si battono per un mondo più green e pacifico.
Il Don pare scorra sempre placido...
Dimitri del Don
* vedi A. SANTONI, Storia generale della guerra in Asia e nel Pacifico (1937-1945), I, Modena, STEM Mucchi, 1977, p. 131.
Caro Dimitri del Don, ringrazio per aver condiviso dettagli storici così interessanti e particolari.
Riguardo alle vicende più recenti, l'unico abbinamento che farei è quello con le Z di "caZZata", se solo l'invasione di uno stato sovrano non fosse un errore "di poco conto".
La Russia ha innescato una guerra globale le cui conseguenze ha mal valutato. Questo a differenza di chi ha teso - assieme al suo prossimo nemico - la trappola, dispone di Intelligenza Artificiale (con capacità di analisi "predittiva"), e oggi ha di fatto il paese ai suoi ancor più ricchi piedi...
Nel frattempo il carnaio continua e conflitti si estendono inevitabilmente a macchia d'olio.
Nel dizionario "Z" è definito: simbolo di ‘fine’, contrapposta alla A simbolo di ‘principio’. Il mondo che conoscevamo è terminato.
In Italia, a distanza di 14 mesi, lo abbiamo compreso?
Andrea Cucco