Rispettata l’ordinanza dell’arbitrato del mare: l’Unione d’India dà l’ok, Girone può rientrare in Italia

(di Giuseppe Paccione)
26/05/16

In precedenza avevo già evidenziato la prima richiesta delle autorità italiane ai giudici del Tribunale del mare, con sede ad Amburgo, prima che si componesse l’arbitrato internazionale del mare, a sensi dell’annesso VII della CNUDM, che concerneva l’adozione di una misura temporanea che aveva come fine quello di far rientrare il militare del Reggimento San Marco Salvatore Girone e la permanenza di Massimiliano Latorre in Italia.

 Com’era ben noto, la prima richiesta della seconda misura cautelare dell’agente italiano, presentata a fine luglio, poi congelata o rigettata verso la fine del mese di agosto del 2015 da parte del Tribunale del mare di Amburgo, riguardava la cancellazione immediata delle restrizioni alla libertà personale, alla sicurezza e ad essere liberi di circolare, come pure la permanenza nel nostro Paese di Massimiliano Latorre per ragioni di salute.

Rispetto al Tribunale del mare, il Tribunale arbitrale, con sede in Olanda, composto da 5 giudici arbitrali, Vladimir Golitsyn, Hin-Hyun Paik, Patrick Robinson, Francesco Francioni e Patibandla Chandrasekhara Rao, costituito al fine di reperire una soluzione alla controversia ancora in piedi fra la Repubblica italiana e l’Unione d’India sulla vicenda del mercantile Enrica Lexie e dei due fanti della marina militare Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, con l’ordinanza PCA Case n.° 2015-28 del 29 aprile 2016, ha accolto la domanda dell’agente italiano, con alcune condizioni, che hanno, finalmente, concretizzato del tutto il rientro nella sua Puglia del fante Salvatore Girone.

 La risposta delle autorità indiane non si è fatta attendere, nel senso che l’Unione d’India, al fine di dare semaforo verde alla richiesta del nostro Paese di far ritornare Salvatore Girone, oltre ad aver posto in rilievo che le autorità di Roma non avevano interpretato in modo corretto e chiaro l’ordine o il dispositivo dei giudici arbitrali dell’Aja e che il fante Salvatore Girone non era del tutto libero, sebbene le condizioni della sua libertà provvisoria dovevano essere stabilite dalla Corte Suprema dell’Unione d’India, ha pure preteso e, ovviamente, ottenuto delle soddisfacenti assicurazioni, come, in primo luogo, il ritorno del Fante Girone in India, nel caso in cui i giudici arbitrali del mare dovessero ritenere che la giurisdizione di processare i due Marò spetti all’Unione d’India. Per questa garanzia, le autorità italiane hanno formalizzato il proprio impegno attraverso una dichiarazione ad hoc, accolta dal Tribunale arbitrale dell’Aja come documento de jure vincolante.

 Qui, va demarcato il modus operandi dell’Unione d’India, la quale aveva posto in risalto, nel procedimento davanti ai giudici del Tribunale del mare di Amburgo, la questione che l’Italia, pur essendo soggetto di diritto internazionale, non aveva rispettato le norme dello jus gentium, in quanto non aveva posto in essere la sentenza emessa dalla Corte Internazionale di Giustizia il 3 febbraio 2012, Germania c. Italia, sui crimini nazisti: illegittime le sentenze italiane di condanna dello Stato tedesco. In base a questa sentenza, la Corte Internazionale di Giustizia ha considerato il nostro Paese violatore dell’obbligo di rispettare le immunità nei riguardi della Germania, sul fronte della regola dell’immunità dalla giurisdizione e di quella dall’esecuzione per violazione del diritto d’umanità poste in atto, in illo tempore, dal regime del terzo Reich tra il 1943 e il 1945. Ecco la preoccupazione delle autorità indiane di non fidarsi delle autorità italiane. Passaggio fondamentale del dispositivo consiste nel fatto che i due Paesi, Italia e Unione d’India, devono cooperare, pure davanti alla Corte Suprema indiana, cui spetterà presentare quali devono essere le nette condizioni per il rientro del fante Salvatore Girone, come pure il vincolo per lo Stato italiano di far in modo che lo stesso fante Girone si presenti ad un’autorità in Italia, designata dal collegio dei giudici della Corte Suprema indiana, a intervalli stabiliti dalla stessa Corte Suprema dell’Unione d’India; inoltre, il fante del Reggimento San Marco della Marina militare italiana dovrà consegnare il passaporto alle autorità italiane senza la possibilità per il pugliese Girone di abbandonare il suolo italiano e senza che ci sia il permesso dei giudici della Corte Suprema indiana. Si aggiunga anche che l’Unione d’India ha posto un’altra condizione che concerne l’obbligo del nostro Paese di tenere informata la Corte Suprema dell’Unione d’India ogni tre mesi circa la situazione del marò Salvatore Girone in Italia.

Entrambi gli Stati, in aggiunta, avranno l’obbligo di comunicare ai giudici del Tribunale arbitrale dell’Aja circa le misure che adotteranno per dare effetto alla decisione dell’arbitrato stesso e, nel caso in cui non venga consegnato alcun rapporto, il presidente del Tribunale arbitrale potrà essere investito in modo autonomo dell’acquisizione di ogni notizia necessaria.

 Nella lettura del dispositivo del Tribunale arbitrale del mare, possiamo aggiungere, infine, che il nostro Paese ha di sovente percorso la via delle norme di diritto internazionale intorno a questa assurda vicenda, sebbene le autorità italiane hanno presentato molto spesso delle argomentazioni prettamente giuridiche al fine di tutelare il principio della propria competenza esclusiva sui due militari italiani. È d’uopo dare atto che il ricorso da parte dell’Italia, presentato qualche anno fa, all’arbitrato del mare ha segnato una nuova rotta, accantonando il disegno, a mio parere del tutto sbagliato, di dover continuare a difendersi nel processo, anziché dal processo davanti ai tribunali dell’Unione d’India, dato che – come ha asserito Giuliomaria Terzi di Sant’Agata, già Ministro degli Affari Esteri (S. Zurlo, “Buttati via più di due anni , non tornino più in India!”, intervista all’Ambasciatore Giuliomaria Terzi di Sant’Agata, in Il Giornale, 3 maggio 2016, p.2-3) – “è stato un disastro diplomatico e politico, in cui la dignità dell’Italia è stata calpestata nell’indifferenza di chi doveva difenderla”.

La lunga e complessa disputa ha danneggiato le relazioni tra i due Paesi e per i prossimi due o tre anni, quanto durerà l'arbitrato, è arduo prevedere un completo disgelo, per la ragione che si entra in una fase molto complessa e, direi, delicatissima. Credo che sia d’uopo che entrambi gli Stati manifestino prova di collaborazione e docilità per evitare di rendere ancora più aspra tale controversia. A mio parere, sarebbe interessante se sia l’Italia, sia l’Unione d’India avessero percorso la strada del negoziato sul piano diplomatico, che avrebbe potuto portare ad una soluzione anticipata della disputa senza dover aspettare l’esito del Tribunale arbitrale del mare.

Una nota del Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale del 26 maggio 2016 comunicava il rientro in Italia del fante Salvatore Girone, deciso dalla Corte Suprema dell’Unione d’India, rammentando che quest’ultimo ha rispettato quanto determinato dal dispositivo PCA Case n.° 2015-28, emesso  il 29 aprile dello stesso anno. Grazie all’impegno entrambi gli Stati, si sono posti sulla stessa linea statuita dai giudici del Tribunale del mare dell’Aja, in cui vi è stata ampia collaborazione per delineare le condizioni e le modalità del rientro e della permanenza in Italia di Girone, in pendenza della procedura arbitrale sulla vicenda Enrica Lexie. Il tutto è avvenuto in merito alle assicurazioni date dalle autorità italiane nel conformarsi alle condizioni e ai passaggi determinati dai giudici della Corte Suprema dell’Unione d’India.

 La decisione intrapresa può essere ritenuta molto fondamentale per la ragione che riconosce l’impegno avviato dalle autorità italiane attraverso la presentazione di ricorrere all’arbitrato stabilito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (Convenzione di Montego Bay del 1982), qualche anno fa, presso il Tribunale del mare di Amburgo, che aveva come obiettivo quello di far prevalere le ragioni dei due fanti del Reggimento San Marco della Marina militare italiana. Si attenderà la sentenza dei giudici arbitrali fra un paio di anni, auspicandoci che si ponga fine a questa assurda e vergognosa storia del mare.

(foto: web)