Anche quest'anno il rito delle festività natalizie sta per compiersi, tra strenne ed auguri il mondo cristiano e non solo si riunisce sotto l'albero o vicino alla Celeste capanna per dare compimento ad una ritualità collettiva che a sua volta affonda il proprio essere nei riti ancestrali connessi alla morte ed alla rinascita del sole. Rituale é la commemorazione del Natale, come rituale è la commemorazione degli eventi storici che coinvolgono le nazioni incidendo profondamente sullo spirito di comunità.
A proposito di memoria collettiva il 2017 riporterà alla luce i ricordi tutti italiani connessi con il centenario di Caporetto, sebbene tale avvenimento impresse un segno incancellabile nella storia nazionale si ritiene inadeguato parlare di celebrazione, se non altro perché la storia ha consegnato ai posteri un segno di infamia per i fatti che accaddero tra il 24 ed il 30 ottobre del 1917.
Si è scritto che in Italia la Patria mori l'8 settembre del 1943, non è peregrino ritenere che i veri funerali furono celebrati 26 anni prima nella ritirata strategica tra l'Isonzo e il Piave. Tanta lapidaria certezza perché Caporetto non fu solo una sconfitta militare, non rappresentò unicamente il passo indietro di un esercito impegnato in una guerra di conquista, ma segnó la messa a nudo dell'impronta genetica degli italiani, figli dell'incompiuto risorgimento, palesando per sempre nelle carni di ciascuno le caratteristiche distintive ed etnogenetiche ottenute dalla combinazione di rassegnazione ed indolenza, vigliaccheria e coraggio, rapidità nel dissimulare e rozza simulazione. Sì, perché la Patria non venne unita nelle trincee che procedevano ininterrotte dall'Adamello al Carso, i nuovi italiani non impararono a comprendersi quando si decise di ammucchiarli a decine di migliaia tra Veneto e Friuli, la gente italica si "fece" a Caporetto, quando ciascuno mise in mostra ciò che scorreva dentro le proprie bene, un sangue mischiato, fatto di individualismo e rinunce, slanci ardimentosi è vigliacche prese di posizione, sempre pronti a cercare nell'altro le cause della propria pochezza.
Il 2017 farà tornare alla memoria cotanta storia dopo cento anni ed é importante che questo solstizio d'inverno della nazione venga esaminato dall'interno, a Caporetto, la stella italiana tocco il punto più basso della propria parabola ed è in quel tonfo che va ricercata la risposta ai mali endemici di un popolo volubile ed incostante, difficile da governare, impossibile da rendere comunità organica.
Ovviamente l'analisi non può limitarsi ad una mera presa d'atto, ma necessita di una rielaborazione, affinché si possa trovare una soluzione al male, in fondo dopo Caporetto ci fu il Piave, sebbene esso fu corollario e non principio generale.
La disfatta, il rivolgimento, le commissioni di inchiesta postume, le epurazioni e le vendette trasversali, perpetrate ben oltre il 1917, furono la manifestazione violenta di una eterogeneità che la Grande Guerra avrebbe dovuto debellare, ma che in realtà non fece altro che svelare.
Nel Piave fu la reazione degli anticorpi ad una malattia cronica che il corpo d'Italia manifestò prepotente tra le valli dell'attuale Kobarid, pertanto in questo centenario andrebbe fatto un esame di coscienza collettiva che ci porti a consolidare delle ritualità capaci di metabolizzare definitivamente i conflitti interni del passato, consapevoli del fatto che l'Italia è Patria capace di grossi slanci, ma profondamente ed endemicamente immatura.
Nel frattempo buon Natale e che questo 2017 ci possa offrire, a distanza di 100 anni, la possibilità di guardare in faccia alla realtà della nostra storia certamente scritta con la penna di Caporetto.
firmato: L'homme qui va
(foto: Difesa Online)