Filosofia etica e disgregazione sociale tra le pieghe del caso Stano

18/02/17

Il caso generale Stano fa riflettere, apre i meandri delle coscienze, rende la società un po' più debole, se ciò è ancora possibile. La si farà breve con la storia per poi passare al punto: nel 2003 presso An-Nassirya il contingente italiano era dislocato in differenti punti della città irakena con lo scopo di svolgere attività di controllo del territorio, supporto alla ricostruzione ed alle forze di sicurezza locali, nel tempo, a seguito di svariati allarmi molte basi furono spostate in periferie, tra quelle rimaste in città c'era la base Maestrale dei Carabinieri, tale base fu oggetto, il 12 novembre 2003 alle 10:40, di un clamoroso attentato dove persero la vita militari e civili italiani ed  locali.

L'allora comandante del Contingente italiano (generale Stano, nda) sottoposto a processo è stato nei vari gradi di giudizio alternativamente assolto e condannato, secondo un sistema tutto italiano, tuttavia nei giorni scorsi la corte di Cassazione lo ha condanna definitivamente a pagare un risarcimento a favore dei famigliari dei caduti. Ecco dunque il punto del ragionamento: il primo obiettivo di un comandante è, volente o nolente, l'assolvimento del compito assegnato, il raggiungimento degli obiettivi fissati nella missione; la sicurezza del personale non è da inserire nelle priorità, semplicemente per il fatto che il combattente è lo "strumento" con cui raggiungere l'obiettivo, pertanto va salvaguardato nell'ambito di ragioni eminentemente pratiche ed intrinseche alle necessità operative, se così non fosse sarebbe come andare a correre in bici senza la bici medesima. Nei principi dell'arte della guerra infatti si parla di economia delle forze e di sicurezza, per le ragioni poc'anzi esposte, non di protezione della forza, peraltro nell'analisi della missione si esamina la combinazione di tempo, spazio e forza quali elementi chiave, mai di protezione. Ripetiamo, semplifichiamo e cerchiamo di chiarire: si indossa il giubbotto antiproiettile non perché la priorità sia salvare la pellaccia, ma semplicemente perché la morte o l'inabilità causerebbero il mancato raggiungimento degli obiettivi militari prefissati. Tutto ciò chiaramente non va confuso con il cinismo perchè in queste righe si sta trattando di un tema connesso all'applicazione del diritto civile su un evento bellico (ossimoro nda), altra cosa sarebbe se si parlasse di etica militare ed etica del conflitto, poi se per cinismo si intende il bastare a se stessi di Diogene allora bene sarebbe essere cinici.

Entrando ulteriormente nella speculazione filosofica che forse può ritenersi l'ambito appropriato in cui cercare risposte in merito alla questione diremo che Socrate era un maestro di virtù, democratico e difensore della vita, tuttavia per un bene superiore, l'adesione alle leggi della poleis, decise di bere la cicuta. Il militare ha anch'esso un dovere superiore ed è quello della difesa dello Stato unito alla salvezza dei cittadini, in fondo è la sua cicuta, c'è un contratto sociale di dimensioni etiche a cui deve rispondere e nei confronti del quale ha giurato. Nell'ambito della comunità militare poi i più esposti ai predetto doveri, i più accaniti bevitori di cicuta, restano i comandanti i quali detengono il compito di presiedere ai doveri militari e se necessario imporli alla società in armi. Qui non si tratta di salvaguardare il sistema produttivo di una azienda, L'Esercito, contrariamente a quanto si vorrebbe far credere, non è una azienda, infatti se in precedenza si è usato il termine strumento, per indicare i militari, lo si è fatto tra virgolette, consapevoli per contro che anche allo Spirito Santo le Scritture danno l'attributo di strumento.

È comprensibilmente difficile da digerire questo argomento, però si ritiene che questi temi si dovrebbero trattare con compiutezza e enfasi, financo nelle scuole, proprio allo scopo di formare cittadini consapevoli ed evitare di creare così disgregazione sociale, ma l'Italia, si sa, è il paese dei guelfi e dei ghibellini ed a questo punto si sta divagando.

Restano in tutto questo i caduti che mai torneranno, il tormento di un comandante ed un risarcimento danni che non farà la gioia di nessuno. Amen!

Lettera a firma L'Homme qui va

(foto: web)