Forze armate o forze amate?

(di Nicolò Manca)
07/01/21

Il soldato italiano (intendendo per soldato ogni militare inquadrato nell'esercito, nella marina o nell'aeronautica) respira da qualche tempo una inusuale atmosfera grondante consenso da parte della classe politica e da quel mondo dell’informazione solitamente critico o quanto meno avaro di riconoscimenti.

Ogni occasione è buona per fare il panegirico del meritorio e determinante coinvolgimento del soldato: dalle emergenze per pubbliche calamità fino alla manovalanza per scaricare da alcuni tir uno stock dei discussi banchetti ruotati.

Tra questi due estremi sono da registrare i concorsi targati emergenza rifiuti, vigilanza di clandestini e di rom, bitumazione delle strade della Capitale, “Strade sicure” (missione ormai arruolata in servizio permanente effettivo), precipitoso (perché?) sgombero dei feretri delle vittime della pandemia, concorso sanitario covid 19 e, buon ultimo, il trasporto e la distribuzione mediante un indefinito numero di aerei, elicotteri e mezzi ruotati di alcune scatole di vaccini giunti in Italia a bordo di un celeberrimo furgone della Bofrost.

Sembra quasi che l'immagine del soldato in mimetica coinvolto in qualsivoglia attività sancisca la validità, la necessità, l'urgenza e la sacralità della stessa. Un quadro completo dei riconoscimenti verso il soldato è stato fatto giorni orsono da Andrea Cionci, giornalista di “Libero”, che nell’articolo “L’Esercito: un’eccellenza che diamo troppo spesso per scontata” ha elencato gli impegni del soldato in Italia e all’estero: Afghanistan, Iraq, Libia, Libano, Somalia e altre missioni di minor respiro. Non è da escludere che nell'immediato futuro venga dato risalto anche al concorso nella protezione e cura dei cani randagi prestato dal nostro contingente del Comando Regionale Ovest operante in Kosovo.

In pratica stiamo esportando all'estero la nostra attitudine a collaborare con la protezione civile e con organismi non militari nei campi più disparati. Permane tuttavia una certa ritrosia a fissare l’attenzione sulle attività più consone alla natura del soldato.

Significativa la discrezione riservata al concorso (forse perché incentrato sull’impiego di esplosivi?) fornito dagli incursori del “Col Moschin” per risolvere tempestivamente il problema della demolizione del centralissimo Ponte Morandi, premessa indispensabile per ricostruire la struttura in tempi rapidi.

È ragionevole pensare che la classe politica sia condizionata dalla paura di prendere semplicemente in considerazione ogni ipotesi di impiego della forza, tant’è che solo i prevaricatori e i malfattori possono fare ricorso alla violenza.

Significativo che anche nell’ambito delle forze dell’ordine sia stato abbandonato il progetto di dotare gli agenti di pistola taser, così che è diventata norma che chi massacra un tutore dell’ordine, come accade da Genova a Taranto, rischia di finire semplicemente ai domiciliari mentre l’aggredito finisce all’ospedale.

Il mondo dell’informazione ha altresì glissato su alcuni non-interventi che avrebbero dovuto vedere protagonista, secondo l’aspettativa di molti, il soldato. Due di queste circostanze hanno visto la nave dell’Agip Saipem 12000 bloccata nel Mediterraneo dai marinai di Erdogan e il sequestro dei diciotto pescatori di Mazara del Vallo da parte delle milizie di Haftar.

Nella prima una nave della marina turca ha fatto sloggiare la Saipem 12000 che si accingeva a effettuare prospezioni petrolifere in acque internazionali (la motivazione dell’atto di forza è stata quella del marchese Del Grillo di Alberto Sordi: “Perché io so io e voi non siete un ca…”), mentre nella seconda si è dovuto prendere atto dell’inerzia della nostra marina militare di fronte al sequestro del motopeschereccio italiano.

L’epilogo di questa seconda vicenda ha visto il capo del governo e il ministro degli Esteri della Repubblica Italiana recarsi in Libia per rendere un omaggio diplomatico ad Haftar; un epilogo reso possibile solo grazie all’in-put di Put-in!

Non è dato sapere quale sia il giudizio su queste vicende del soldato italiano, tanto di quello di oggi che di quello di ieri. L’ipotesi che il giudizio del soldato di oggi non sia lusinghiero è però avvalorata dall’espressione dei visi dei militari in mimetica impegnati nei concorsi di cui sopra, espressioni che tradotte in parole dicono “Si, lo faccio, ma avevo chiesto di fare il soldato”.

Per i soldati di ieri si possono invece fare solo delle ipotesi, come è accaduto a chi scrive, guardando la foto di un cimitero di guerra della brigata Sassari scattata nei giorni scorsi sull’Altopiano di Asiago. Per chi sa di sardità è inevitabile immaginare lo sguardo severo di quei 218 soldati caduti in trincea e sepolti lassù. Uno sguardo più eloquente di mille parole, che immagino viri al torvo nel posarsi sulla foto che immortala il sorriso di scherno di due ufficiali libici di fronte all’inchino, quasi un baciamano, del Ministro degli Esteri italiano a un impettito Haftar.

Probabilmente lo stesso Haftar avrebbe dimostrato maggior disponibilità a “restituire” all’Italia i 18 pescatori se, come presumibilmente avrebbero fatto al nostro posto Francia, Regno Unito e altri paesi europei, si fosse fatto pesare un più energico messaggio diplomatico, facendo incrociare al largo delle coste libiche qualche unità della nostra Marina o sfiorando quello spazio aereo con una pattuglia di EF-2000 Typhoon. Il tutto naturalmente senza alcuna velleità guerrafondaia tesa a scatenare conflitti, ma solo per lanciare il messaggio “dispongo di forze armate credibili e non intendo lasciarmi pestare i piedi”.

Ma per percorrere questa strada è indispensabile disporre, ancor prima di forze armate credibili, di una classe politica altrettanto credibile, capace cioè di usare con diplomazia anche la dissuasione basata sula leva militare della forza. Finché questo non sarà, l’Italia dovrà soffrire per atteggiamenti arroganti o prevaricatori da parte di paesi amici e non.

La grinta di Craxi nei confronti degli stessi amici americani nell’episodio di Sigonella dell’ottobre del 1985 è emblematica di qualcosa appartenente ad un’altra era geologica e a un altro pianeta.

Significativa oggi, nella sua banalità, la pretesa della Francia di “annettersi” unilateralmente il Monte Bianco, di dettare legge in fatto di acque territoriali e di scaricare in territorio italiano i migranti rastrellati in territorio francese.

Anche l’atteggiamento di superiorità che alcuni paesi del centro Europa pretendono di avere nei confronto dell’Italia è maldigerito dal soldato italiano.

La morale che si può trarre da queste note è questa: il soldato deve essere temuto prima che amato. Se poi è anche benvoluto… tanto meglio!

Foto: Esercito Italiano / web / Twitter