Tirata per la giacchetta, il Ministro della Difesa Trenta è finalmente intervenuta sulla faccenda del 25 aprile a Viterbo. L’ha fatto con un esercizio di cerchiobottismo ammirevole, esprimendo stima per il generale Riccò ma associandolo comunque al Presidente dell’ANPI locale nell’accusa di avere adottato “comportamenti non adeguati al contesto delle celebrazioni”, con il conseguente rischio di strumentalizzazioni.
In merito alle notizie riportate dal Giornale circa una presunta inchiesta a carico del Comandante dell’AVES, ha voluto poi precisare che “non è stata aperta nessuna inchiesta, ma come previsto dalla legge, le autorità militari competenti dovranno avviare una procedura di accertamento dei fatti”. Cioè un’inchiesta, appunto.
Infine, da sperimentata soldata, ha inzeppato un bel fervorino nei confronti dei nostri militari che rischiano il sacrificio della propria vita ecc.. ecc..
Peccato. Ha perso una bella occasione per dimostrare un rispetto per le Forze Armate che, al di fuori della cerchia ristretta dei suoi collaboratori - certamente più informati di noi - fino ad ora non si è avuto gran modo di apprezzare, a quel che mi si dice.
Perché vede, Signora Ministro, non è successo nessun incidente che richieda l’avvio di accertamenti da parte della autorità militari, e tra uomini d’onore dovrebbe bastare una semplice telefonata al Gen.Riccò per sentire il suo racconto e per congratularsi con lui per la signorilità con la quale ha sottratto le unità sotto la sua responsabilità ad una odiosa strumentalizzazione. Tra uomini d’onore, dicevo, anche se forse a quell’onore Lei non crede tanto, visto che ha salutato come un grande risultato la mordacchia sindacale che starebbe per calare sulle Forze Armate proprio per limitare l’autorità della linea di comando. Ah, dimenticavo, ci sono i diritti!
Comunque, diritti o rovesci, la strumentalizzazione era già in atto quando il Comandante di Presidio ha preso la sua decisione, visto che l’inerzia accondiscendente di un reparto in armi costretto a sorbirsi una filippica contro se stesso, sarebbe stata interpretata come una ammissione di colpa, inaccettabile. C’è da chiedersi quale mutazione genetica è intervenuta nella nostra società se un politico qualsiasi può approfittare del microfono per sparare a palle incatenate accuse assurde contro i militari, magari con la pretesa che lo si ascolti, senza che un Ministro della Difesa non si metta a strillare come un’aquila coprendolo di contumelie.
Bene ha fatto Riccò, quindi, ed ha avuto un coraggio e una dirittura morale ammirevole, da premio, altro che accertamenti. Perché vede, per un uomo “condizionato” fin dall’Accademia ad obbedire ci vuole veramente molto coraggio per scegliere la scomoda strada che ha adottato. E ce ne vuole, ora, di coraggio per un militare per sopportare una esposizione mediatica sgradevole, che un suo cazziatone all’oratore “anpino” avrebbe stroncata sul nascere. E questo conferma che l’etica alla quale il nostro personale dirigente viene educato è ancora quella di sempre. Una consolazione non da poco per i (semi)vecchietti come me che assistono dall’esterno ad un’incredibile, fino a poco tempo fa, opera di smantellamento dell’Istituzione più affidabile d’Italia.
Detto questo, mi piacerebbe sapere quali “accertamenti” verranno attivati nei confronti dell’ANPI, associazione che inquadra soprattutto signori che per età non mi sembrano – salvo rare eccezioni dovute all’anagrafe – reduci dalle giornate del ’45. E non credo neppure che si trovino nell’associazione per aver prestato il loro servizio para-militare in qualche banda alla macchia in questi ultimi decenni. Almeno spero. Quanto all’oratore stesso non mi è parso un ultranovantenne acciaccato dall’età e dalle gloriose ferite, e si reggeva arditamente in piedi, mentre sciorinava il suo comizio. Un accertamento lo faccia su di lui, per favore. Chissà che non scopra che si possono realizzare ulteriori economie riducendo, conseguentemente, i generosi contributi finanziari all’ANPI nel suo complesso, di gran lunga superiori a quelli riservati alle associazioni d’arma vere.
Per concludere con un commento fuori tema (?), ci sarebbe molto di che indignarsi, se la categoria degli “indignados” non fosse già occupata e presidiata in forze, del fatto che una festa come il IV novembre, quella della Vittoria di tutti gli Italiani per intenderci, è stata cancellata da moltissimi anni, mentre quella del 25 aprile, che ricorda il prevalere di una parte di essi contro un’altra parte non trascurabile degli stessi, continui a godere di una salute sorprendente per una quasi ottantenne. Anzi, ci sarebbe anche da riflettere sul fatto che più passa il tempo più la celebrazione superstite in argomento si ideologizza e produce una divaricazione tra Italiani che nell’immediato dopoguerra non era immaginabile, anche se si erano tirati schioppettate fino a pochi anni prima. Forse, e dico forse, perché conoscevano la verità meglio di noi.
Le do un’idea, se mi permette. Aderisca all’iniziativa delle Associazioni d’Arma, quella del Comitato Trabucco, e proponga il ritorno del IV novembre quale Festa Nazionale, spostando il 25 aprile alla domenica più vicina. Farà arrabbiare moltissimi, non c’è dubbio, ma si guadagnerà la riconoscenza dei suoi sottoposti.
Foto: ministero della difesa